Maria Carolina di Borbone scrive al calabrese “ Brigante PanediGrano”





di Maria Lombardo



 

Una storia che ha interessato in prima persona una discendente  di Nicola Gualtieri la quale si è chiesta il perché questo suo avo è osannato dai neoborbonici e vilipeso dai giacobini, Palmira Panedigrano decide di vederci chiaro e ricostruisce la storia delle lettere inviate da Maria Carolina d’Asburgo regina di Napoli al Brigante Calabrese. La discendente del Panedigrano lamenta la mancanza di note storiche negli articoli neomeridionalisti e decide di partire la sua lunghissima ricerca tra fondi manoscritti della Biblioteca Nazionale di Firenze, qui sono conservate ben 5 lettere inviate a Don Nicola Gualtieri. Io invece ho letto tutti i lavori del prof Villella sul brigante coccolato alla corte Borbonica. Lettere datate 19 maggio e 22 luglio 1806, 1 aprile, 19 luglio e 14 dicembre 1807, sono indirizzate quattro al brigante ed una al figlio Gennaro. Andiamo ora a spiegare qualcosa sulla vita di Gualtieri alias Panedigrano. Per i Borbone immolò la vita di due suoi figli  questa però va vista nel contesto della grande povertà in cui si trovava la Calabria: una terra dove i baroni ed il clero detenevano un potere pervicacemente incontrastato e dove più esteso e più feudale era il latifondo. Panedigrano nasce a Conflenti nel Catanzarese nel 1753 da una coppia di braccianti di un signorotto  locale Don Ciccio Calabria. Imparò il mestiere di sarto per non seguire le orme dei suoi genitori ma accadde qualcosa che segnò per sempre la sua vita, la sorella fu violentata e decise di riscattare l’onore della sorella uccidendo lo stupratore e vivendo da brigante.
Si  rese poi reo di molti omicidi e reati e catturato fu incarcerato e poi evase vivendo nei boschi del Reventino. Ferdinando IV nel 1798 concede l’indulto a tutti quelli che si fossero arruolati per liberare Roma dai Francesi. Don Nicola ne approfitta e si arruola divenendo sergente. L’esercito Napoletano viene battuto dai francesi guidati da Championnet e l’esercito dovette scappare in Sicilia. L’anno seguente  ci riprova arruolandosi con i volontari filo borbonici e passando da Conflenti organizza una banda anche con noti capibanda. Ottenne così successi sia ad Altamura che a Napoli e venne nominato Maggiore dei Reali Eserciti e l’assegnazione di una rendita annua di quarantamila ducati, oltre a molti terreni e case.
A Conflenti divenne molto importante ed il figlio Gennaro sindaco. Intanto nel 1806 tornano alla carica i Napoleonidi ed occuparono il Regno di Napoli. Vanificando così i tentativi disperati della regina Carolina che, pur di salvare il trono, aveva proposto a Napoleone perfino l’abdicazione del pavido consorte Ferdinando in favore del figlio primogenito. Sul trono di Napoli invece sedette Giuseppe Bonaparte ed il Borbone scappò in Sicilia. Sconvolgente fu la sconfitta di Campotenese  e subito dopo anche la Calabria divenne francese. A scortare i principi reali in Sicilia fu lui e mentre era in viaggio venne catturato uno dei suoi figli e giustiziato. Il Brigante pensò al modo di vendicarsi appoggiato dalla Regina ci sono le lettere studiate è del 19 maggio 1806 la missiva che di suo pugno la sovrana invia a Panedigrano, evidentemente perché si accordi con l’ammiraglio Sidney Smith in vista dello sbarco in Calabria: “Vi mando una lettera del buon Principe ereditario che tanto vi protegge, per portarla all’Ammiraglio inglese e nella quale vi raccomanda a lui. Continuate con zelo, fedeltà e contate sulla mia gratitudine. Carolina.”
Il 30 giugno Don Nicola sbarca a Pizzo e si porta a Conflenti dove fondò la Banda della Regina, in onore della sovrana Maria Carolina.
A Maida il brigante ottenne una vittoria che fece esultare la Regina accecata dall’odio per la morte   della sorella Maria Antonietta di Francia.“Don Nicola Gualtieri, così scrive Maria Carolina, siamo molto contenti delli servizi che rendete e dello zelo ed attaccamento con il quale agite, procurate sempre più farvi onore, di qual cosa non dubito, anzi ne siamo certo. Seguitate tuttavia a non farmi mancare delle notizie sempre che potete, giacché le ricevo sempre con sommo piacere. E credetemi sempre la vostra grata e Buona Padrona Carolina. Continuate coll vostro zelo ed attaccamento e non vi lasciate sgomentare dalle difficoltà. Cercherò tutte a dileguarle. Continuatemi le vostre nuove animate li bravi calabresi a restare nostri fedeli sudditi che le riguarderemo come ben amati figli ed contate sempre sulla mia costante Protezione.” Accolto con giubilo a Catanzaro liberò la Calabria ma perse contro Massena puntando su Napoli che lo fece fuggire in Sicilia. Da qui si reimbarcò ai primi di gennaio 1807, tentando più volte di portare soccorso all’altro figlio, assediato dalle truppe francesi entro le mura di Amantea. Ma i suoi tentativi risultarono vani, anche per il mancato sostegno degli inglesi che nel frattempo si erano ritirati. Il 22 gennaio 1807, Panedigrano perse anche l’altro figlio, Paolo, perito anche lui per mano dei francesi. Il 7 febbraio, Amantea si arrese ai francesi. Panedigrano, sempre convinto di poter sconfiggere gli odiati francesi continuava ad invocare massicci aiuti alla sovrana, la quale con la lettera del 1 aprile 1807 lo rassicura promettendogli di mandare tutti gli aiuti di cui abbisogna.

     Bibliografia                                                              


 In particolare dagli studi di Vincenzo Villella: “I Briganti del Reventino, Panedigrano e le insorgenze antifrancesi in Calabria 1799-1814, Soveria Mannelli 2006 – “Il Brigante coccolato alla corte del Borbone” in Calabria a.XXIX n174 (luglio 2001) pp.48/53 – “L’incredibile storia di Panedigrano, da guardiano di porci a Brigante e poi confidente della regina Carolina” in Città, a.IV n.5 (1989) pp. 50/52 – “Panedigrano, il Brigante amico della regina Carolina” in Calabria Sconosciuta a.XI n.41 (1988) pp.81/85 – “L’Albero della Libertà: sanfedismo ed occupazione francese attraverso la storia del Brigante Panedigrano” Lamezia Terme, La Modernissima 1987. “La Calabria della rassegnazione”, Lamezia Terme, La Modernissima, 1986. Inoltre dal più recente contributo di Francesco Manfredi “Nicola Gualtieri, detto Panedigrano: storia della rivolta antinapoleonica nella Calabria dei Borboni”, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria, 2007.

Commenti

  1. Quante vicissitudini per fare l'Italia Unita...

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  2. veramente questa era per portare a tutti i costi i Borbone sul trono ...i real trescavano già coi malavitosi

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  3. Ciao, I found your blog page and I was wanted to know more about your connect Nicola Gualtieri. My family are Gualtieri's from Bella di Nicastro. I traced them back to Conflenti and I am missing a generation in the records to link them to Nicola Gualtieri's family. We do have the name Gennaro in our family, as do the Gualtieri's from Coschino di Nicastro, who are also my cousins. Please contact me vggreco@hotmail.com

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