Il colera in Calabria: il caso Verbicaro(CS).
di Maria Lombardo
I Calabresi come
tutti i popoli italiani ebbero spesso a che fare con vaiolo e colera epidemie
soggette a scarse norme igienico sanitarie. Le cronache storiche ci raccontano
che da Nizza nel 1837 il colera invase tutti gli
stati italiani dal Regno Lombardo-Veneto al Regno delle
due Sicilie.
Sei furono le epidemie che scoppiarono in Italia: 1835-37, 1849, 1854-55, 1865-67, 1884-86, 1893. L'epidemia
che scoppiò tra gli anni 1884-86 flagellò soprattutto la città di Napoli. Tuttavia nel
1903, a ben due secoli della scoperta del vaccino, il vaiolo si diffuse tra
Cassano, Fuscaldo, Corigliano e Castrovillari. Via via la situazione peggiorò
ogni prefetto dispose la denuncia di ogni caso al sindaco dei centri. Le case
infette furono chiuse e disinfettate, e si dispose la vaccinazione
obbligatoria! Nel 1910 toccò al colera Giolitti non diede molto peso alle
disposizioni sanitarie e tutto degenerò. I morti sono 6000, 60000 le persone in
fuga senza alcuno controllo. Giolitti minimizza. Non vuol sentire. Le merci restano
ferme nelle stazioni su disposizione dei Sindaci per poter essere sanificate. Pochi
mesi dopo emblematica e di carattere nazionale la tremenda diffusione del
colera nel borgo di Verbicaro. Molto ne sappiamo grazie alla preziosa ricerca
svolta da Felice Spingola, che ha anche la specificità di essere stato l’unico
sindaco di Lotta Continua in Italia, ricoprirà il ruolo anche in altre
aggregazioni, curando delle giornate di Memoria in occasione del centenario del
2011 e dando alle stampe anche con altri autori pubblicazioni specialistiche
dedicate alle violente jacquerie che si verificarono in paese. Verbicaro però
non rimase immune a nessuna ondata nel 1855 morirono 408 persone dal 16 ottobre
al 31 dicembre su una popolazione di circa 4.000 abitanti. I morti registrati a
Verbicaro nel 1855, nel Liber mortuorum della Chiesa, furono in totale 644. In
media quasi 2 morti al giorno nell’arco dell’intero anno; mentre nei 76
terribili giorni del periodo acuto dell’imperversare del morbo i morti furono
oltre 5 al giorno. Non si riuscirono a seppellire i morti e si cominciò a
pensare che gli untori fossero “gli gnuri” del paese avvelenando l’acqua.Scatta
la rivolta che uccide e rapina i ricchi, il sindaco viene linciato. La
gendarmeria arresta e la magistratura condanna. Tutto sembra dimenticato. Ma
durante il colera del periodo Giolittiano uguali furono le cose, l’acquedotto
al paese sarà inesistente come nel periodo Borbonico e non ci sarà strada di
collegamento con il Tirreno cosentino, il 93 per cento della popolazione è
analfabeta. A morire i contadini ben 45 in 6 giorni! I ricchi scappano in
rifugi sicuri e si pensa agli untori.L’acqua sporca della fontana è stata
avvelenata dalla “purvareddra”. C’è chi ha visto qualcuno, chi dice che è stata
messa nei fuochi d’artificio. Le famiglie ricche, il prete, il sindaco hanno
avvelenato il paese che è troppo abitato. Il 27 agosto 1911 nel mentre suona la
campana per la Messa il popolo si ribella come nel 1855.Viene incendiato il
municipio, assaltata la casa del sindaco nipote di quello ucciso nel 1855, ad
un impiegato comunale responsabile dei censimenti un contadino taglia la testa
con una roncola. La caserma dei carabinieri viene occupata e i detenuti
liberati, distrutto l’ufficio postale, si tagliano i fili del telegrafo. Il
pretore di Scalea muore d’infarto nel vedersi la massa inferocita sotto cosa. ”.
Militari e carabinieri invadono il paese compiendo arresti in massa. Arrivano
gli inviati dei grandi giornali nazionali. C’è anche Luigi Barzini del Corriere
della Sera che si spaccia per commerciante per meglio avere notizie. Il
giornale apre con il titolo “Verbicaro in pieno Medio-Evo. L’ossessione atroce
di una popolazione”; Giolitti si pronuncia con parole di fuoco:” si tratta episodio
di follia collettiva piuttosto un caso di malattia cerebrale anziché di
malattia intestinale”. I fatti destarono clamore nazionale al punto che nacque
il termine “verbicarismo” che nei vocabolari di primo Novecento indicava “primitività
di istinti e di cultura”¸ stato di arretratezza”.
Nessuna misura
sanitaria fu predisposta. Solo l’occupazione militare del paese. Gli arrestati
furono processati l’anno successivo e difesi dal socialista Pietro Mancini e
dai radicali Stanislao Amato e Nicola Serra perché all’epoca la Sinistra sapeva
essere solo garantista. Le condanne furono esemplari e andarono oltre le richieste
del Pubblico Ministero.Su quegli antichi fatti la comunità di Verbicaro
costruirà un’identità ribelle nata ai tempi del colera.
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