Il 23 novembre 1862 Garibaldi viene operato all’Astragalo dopo il ferimento in Aspromonte
In un
precedente articolo su questo blog che porta titolo: Aspromonte: 1862
racconto quello che accadde sul brullo acroco calabrese quando il Nizzardo
venne ferito ad una gamba. Ho concluso quel pezzo con i 4 medici al capezzale
del Generalissimo ed il diniego dei luminari di far curare il malato a
Messina o Reggio. Ebbene il desiderio di Garibaldi era di rimanere in cura
nei luoghi citati in calce! Giungere a La Spezia fu un viaggio scomodo e la
ferita del Generale era peggiorata, tutta l’Europa era in pena per il nostro
valido avventuriero, sia la stampa Europea ed Americana aggiorna le gesta e
la salute dell’Eroe dei due Mondi. Cominciano ad arrivare a Spezia medici e
chirurghi di fama, professionisti di buona pratica, medici già garibaldini ed
anche politici-medici; si radunano “a consulto”, o danno estemporanei pareri
personali e discutono insieme con anatomopatologi, anatomisti, esperti non
medici di ferite in battaglia, amici e uomini politici, con i contributi
peritali di personalità autorevoli in materia di fisica e di chimica. Spezia
vede molti luminari tutti cercano un rimedio per Garibaldi! Ma l’accesso al prigioniero si è rivelato
non facile dato che un dispaccio del Ministro della Guerra Petitti Baglioni
Di Loreto a Santarosa preclude rigorosamente la visita a quanti non siano
medici espressamente richiesti. Albanese e Basile si dichiararono anch’essi
contrari a questi incontri e, comunque, ribadiscono che quanto a eventuale
“materiale esecuzione d’arte” non debba essere eseguita se non da loro. E’
certa una cosa insigni luminari non riuscirono in primis a identificare la
posizione esatta del proiettile e la sera del 3 settembre dopo l’ennesima
riunione fatta da ennesimi professori scrissero la relazione. Purtroppo si
arrivò alla conclusione errata che il proiettile non si trovasse all’interno
della ferita e sembra che lo stesso relatore fosse, di questo, il più tenace
assertore. Garibaldi peggiorava sempre più ed il 7 settembre il professor
Ferdinando Palasciano, di Napoli, inviato da quel consiglio comunale,
diagnosticò “ritenzione con frattura dell’astragalo” confermata alcuni giorni
dopo (21 settembre) dal professor Emilio Cipriani, deputato al Parlamento,
che se ne ascrisse il merito suscitando una giusta e vivace reazione dello
stesso Palasciano che gli rivolse parole roventi. In ogni caso non si
raggiunge ancora un parere unanime e neanche fortemente maggioritario e non
si procede quindi ad alcun tentativo di estrazione. Dall’Inghilterra
arriva Sir Richard Partridg,
professore di anatomia e medico dell’Ospedale del Re, che, arrivato a Spezia
ed esaminato l’illustre paziente il 18 settembre, specillando il tramite
della lesione è del parere che la palla non si sia fermata, ma piuttosto sia
“rimbalzata”. Zannetti è d’accordo ma Albanese e Basile insistono convinti
del contrario. Anche questa volta, quindi, non si arriva a una diagnosi
certa. Dopo 20 giorni viene inviato a Spezia anche il medico personale di
Napoleone III Auguste Nélaton, si
cominciava a parlare di amputazione! Egli parla di “palla fissa
nell’astragalo”, consiglia di dilatare il tragitto della ferita per
facilitarne l’estrazione, dichiara di avvertire il proiettile
all’esplorazione a 2 cm e mezzo dal foro d’entrata, stende un rapporto di
certezza diagnostica e non considera di particolare gravità le condizioni di
Garibaldi. Da La Spezia passa a Pisa dove il clima è più temperato, Nélaton,
invia lo specillo con un bottone rugoso di porcellana alla sua estremità, che
si sarebbe dovuto colorare in nero nell’eventuale contatto e sfregamento con
il piombo della pallottola ritenuta. L’ubicazione del proiettile è stabilita
a livello dell’estremità distale della tibia. In effetti il 22 novembre
fuoriesce un frammento d’osso e Zannetti finalmente estrae il proiettile
deformato dall’impatto con l’osso servendosi di una pinza ad anello dentata.
Nèlaton fece la cosa giusta il prefetto lo avvisa: “Garantito risultato
vostro stiletto”. Garibaldi tuttavia subisce un altro affollato consulto ma
gradualmente migliora e se ne va a Caprera. Ci vorranno molti mesi, fino ad
un anno, per la sua guarigione definitiva ma da allora zoppicherà. Il mondo
esulta! La vicenda, in ogni modo, si conclude abbastanza bene specie se la si
misura con il tristo adagio latino: “turba medicorum mors certa”.
|
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!