L’Antico carnevale calabrese di Amantea ( CS).
di Maria Lombardo
I nostri carnevali meritano davvero molta attenzione e studio. Per quanto
riguarda quello di Amantea bisogna partiere
dalle notizie datate nel tempo che risalgono al 1635 quando, come si legge in
un documento d’epoca, il mastrogiurato fu costretto ad intervenire con gli
armati per sedare una gigantesca rissa. Un secolo dopo tra i secoli XVIII e XIX sulla festa in piazza si
imposero i balli in maschera che la nobiltà e la borghesia organizzavano nei
loro palazzi per distinguersi dalla “forsennata plebaglia”.Agli inizi del
Novecento, il Carnevale, durante il ventennio fascista, si celebrava in tono
minore per ragioni di sicurezza e per la mancanza di libertà di espressione che
non consentiva la satira di costume, specie nei confronti dei gerarchi e del
clero.Nel dopoguerra la manifestazione crebbe qualitativamente con la storica
sfilata del 1953. Proprio da quel momento si potenziò la rappresentazione delle
farse, dei canti e delle danze popolari, si introdussero nel corteo dei
“mascherati” i carri e, negli anni ’70 si migliorò l’apparato scenografico ed
artistico. Nasce il Comitato Carnevale Città di Amantea, intitolato alla
memoria di Giuseppe Brusco, un falegname, ingegnoso ideatore e costruttore di
carri.Nata da una cultura marinara e contadina di sussistenza, la settimana
grassa amanteana si compendiava, negli ultimi tre giorni (duminica, luni e
marti) nel corso dei quali si sospendeva ogni lavoro per dedicarsi ai
divertimenti e alle grandi abbuffate. Tutti gli scherzi erano leciti e chi non
li accettava veniva imbrattato di fuliggine e ridicolizzato dalle maschere. A
capo della festa era “Carnulevari”, impersonificato da un omone grosso e
vorace, accompagnato da “Corajisima”, una donna magra, isterica e
contraddittoria, che desiderava la morte del marito come una liberazione, ma
che poi ne piangeva con disperazione la morte.Le più significative maschere,
che prendevano in giro i ceti benestanti, le cariche pubbliche e le
professioni, raffiguravano “ ’u baruni”, “ ’u miedicu”, “l’avucatu”, “ ’u
nutaru”, “ ’u sinnacu”, “ ’u prieviti”. Fra le maschere popolari, che
impersonavano la malizia, l’allegria, la lussuria, l’ipocrisia, l’astuzia,
l’ingenuità, la vanagloria, “ ’u coscinuotu”, “ ’a pacchiana”, “ ’u Jaccheru”,
“ ’u tavernaru”, “ ’u politicu” e il classico Jugale.Una particolarità erano i
gruppi carnascialeschi! Ad aprire e a chiudere il corteo erano “i fratelli”,
incappucciati in camici bianchi, ora anonimi Pulcinella, ora paurosi fantasmi.Ma
accadeva, ed accade spesso l’inversione dei ruoli, per provare le emozioni del
sesso diverso e per rendere più buffa e movimentata la scena. Si girava a piedi
in paese ed era una festa.Il martedì grasso fra i rioni si svolgeva lo
spettacolo seguivano scenette, strofette, basate sull’abilità mimica e la
facile battuta, che mettevano alla berlina i maggiorenti, manifestavano momenti
di felicità di fronte alle amarezze della vita, esortavano alla crapula,
esprimevano il desiderio di libertà e di benessere, reagivano ai soprusi dei
potenti. La festa terminava con il funerale di Carnulevari, scoppiato per aver
ingurgitato troppo vino e cibo, nonostante l’assistenza di grotteschi medici.A
mezzanotte, un enorme fantoccio delle stesse fattezze veniva dato alle fiamme
fra gli schiamazzi della popolazione.Così si chiudeva il ciclo della
gozzoviglia e si apriva il periodo penitenziale della Quaresima. Per questa
stagione causa covid 19 salta la festa e la tradizione, l’appuntamento slitta
all’anno venturo e non mancate di vedere questo Carnevale Amanteano.
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