Una storia calabrese fantastica: Sant’Angelo della Pietra Gagliato (CZ)


 di Maria Lombardo

Circa 1300 anni or sono l’imperatore Leone III° Isaurico prima ancora di varare l’editto contro le sacre immagini perseguitava a morte i monaci greci come i basiliani perché temeva la loro influenza sulla gente del popolo perché essi vivevano come i poveri popolani basti pensare che il loro Egumeno, cioè il capo, a parte i pochi momenti dedicati all’uffici sacri, zappava la terra e curava l’orto come un normale contadino. Anche i suoi confratelli, fatta eccezione per i momenti di preghiera, svolgevano umili mestieri come calzolaio, falegname, sarto, ecc.. Inoltre aiutavano e istruivano come potevano quanti a loro si rivolgevano formando piccole comunità praticamente autosufficienti ed isolate che in qualche modo sfuggivano al controllo delle istituzioni governative adorando le immagini dei santi e della madonna, tutte cose che all’imperatore bizantino non piacevano per niente. Perciò essi furono costretti a fuggire rifugiandosi nel Salento dove, come a Viggiano, curavano il culto della madonna col bambino in braccio detta della pietra. Da lì giunsero in Sicilia ed in Calabria fondando laure e piccoli monasteri come quello di Sant’Angelo della Pietra in territorio della vicina Gagliato. Era così chiamato certo in riferimento alla tradizione secondo cui l’arcangelo Michele nelle sue apparizioni, a protezione del luogo, usava posarsi su una pietra cava su cui lasciava l’impronta del suo piede nei pressi di una grotta. Come l’altro cenobio bizantino nella stessa zona sul quale poi fu impiantata la grancia certosina doveva essere provvisto nel sottosuolo di cunicoli che portavano alle rive dell’ancinale. Una immagine della madonna, infatti, stava sempre all’ingresso della grotta, detta madonna portinaia, sicuramente presso la pietra che ricordava la dedicazione a Sant’angelo. Doveva essere un cenobio importante perché riportato nel regesto vaticano e riconosciuto dalla diocesi. Si dice che i monaci abbandonarono il luogo verso il 1500 ma è probabile invece che fuggirono molto prima, al tempo delle incursioni saracene, cercando posti più sicuri. E una volta sbucati fuori dai cunicoli sulle rive del fiume è molto probabile che giunsero a Chiaravalle rifugiandosi nelle grotte sulle alture del castello diffondendo il culto della madonna che poi, secondo l’antica leggenda, apparve al pastorello.. La loro presenza può essere testimoniata dai toponimi del tipo, vigna dei monaci, le grotte, il saraceno, san salvatore, san Bagio, san Nicola, Madonna, san Giovanni, Spirito Santo, la foresta. Luoghi in cui piccoli nuclei abitativi ,sparsi nel piano, i cosiddetti villaggi, facevano capo ad una rispettiva chiesetta che era anche punto di aggregazione e che dopo l’apparizione mariana furono abbandonati o si riunirono per dar vita al borgo arroccato al colle e detto Chiaravalle.


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