Il rito del “Ddirrocu” a San Pietro in Guarano (CS).
di Maria Lombardo
Ci siamo quasi il 16 agosto come ogni anno si consumerà a
San Pietro in Guarano nel cosentino un
rito davvero antico. Un bel borgo a 15 km da Cosenza! San Rocco viene festeggiato il 16 agosto di
ogni anno con una solenne processione e questa venerazione della gente trae
origine dalla grande epidemia di colera che colpì la Calabria nella prima metà
dell’Ottocento. Ma cos’è “u Ddirrocu”? secondo quanto scritto da Francesco
Conforti studioso di questo rito – “si riallaccia per molti versi, al
simbolismo dell’esorcismo, alla manifestazione pubblica di una “purificazione”
riguardante il “male” inteso come “spirito maligno” e, anche, come “malattie devastatrici
e mortali” quali peste, colera e meningiti”. Un rito minuzioso che si svolge
dopo novena e processione, il comitato civico tramite la questua raccoglie a questo scopo
cibo – soprattutto forme di formaggio e derivati di suino che servono sia per
il banchetto collettivo che per un asta per raccogliere altri fondi – e denaro.
Il Santo viene vestito e bardato a festa dalle anziane del paese, il paese
viene adornato con l’esposizione di coperte e altarini ornati con damasco e con
ceri che rimangono sempre accesi. La sera della festa al termine della
processione la gente si accalca per aspettare l’apparizione del Ddirrocu che
altro non è che una gigantesca figura caricaturale di personaggi reali o
inventati la cui unica caratteristica costante nel tempo è la sua proverbiale
bruttezza perché è l’incarnazione del male. Il pupazzo spesso incarna fatti e
avvenimenti accaduti durante l’anno. ” U Ddirrocu danza freneticamente partendo dal sagrato
della chiesa maggiore per arrivare prima in località Fiume- dove attua la prima
danza rituale attorno al pubblico – per poi proseguire su via Settino, Corso
Umberto primo – fino a Piazza Carrieri ove lo stesso viene distrutto
mediante cariche di polvere pirica sistemate nella testa o nel corpo, con una
cerimonia dal sapore sacrificale. Durante il tragitto il Ddirrocu invita al
ballo sfrenato la gente vicina con grande effetto sui bambini presenti che
spesso fuggono spaventati e sono pochi quelli che – alternandosi alla
conduzione del fantoccio – sanno dimenarsi alla giusta cadenza del ritmo, un
allegra musichetta composta da un ignoto del posto. La chiesa in principio
aveva accettato questo rito poi il rito rinnovandosi ed il fantoccio ormai
supera i 2 metri si svolge in altro luogo.
Inizialmente si
procede alla scelta delle canne di acqua che sono leggere ed infiammabili e che
servono per l’intelaiatura del pupazzo e che vengono legate con fili di ferro
assieme a due canne verticali che serono a tenere il pupazzo dritto. Lo
scheletro viene poii rivestito con la carta incollata con colla da parati e poi
colorato.
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