Himmler con le S.S a Cosenza nel 1937 cercava il tesoro di Alarico.
di Maria Lombardo
S.S significa
Schutzstaffel letteralmente
«squadre di protezione» ed erano paramilitari del Partito Nazionalsocialista
Tedesco. Ma il significato esoterico di S.S era per gli adepti “Schwarze Sonne”
cioè Sole Nero. Perché erano adoratori di un antico rito egizio risalente a
Akhenaton e Nefertiti, l’altro sole, il sole nero, da cui nasce il monoteismo
contro il politeismo. Il sole nero è la dualità, rappresenta il male contro il
sole originario giallo che simboleggiava il bene. In questi antichi culti, che
avevano dato origine con l’esodo di Mosè dall’Egitto alla religione ebraica
monoteistica, era contemplato l’uso di
un dispositivo tecnologico avanzato detto “arca dell’ alleanza”.Ecco perché Himmler ed alcune squadre di SS a Cosenza
cercavano nel 1937 il tesoro di Alarico, non l’oro del sacco di Roma. Heinrich Luitpold
Himmler gerarca nazista, comandante della polizia e delle forze di
sicurezza del Terzo Reich, inizia la sua caccia al tesoro, con lui ci sono gli
uomini della Ahnenerbe, cacciatori nazisti delle radici ariane. Stando a quanto
riferito da Calabria fascista del 22 novembre 1937, malgrado
l’esito del tutto negativo degli accertamenti – l’impressione è che
il capo delle SS fosse rimasto piuttosto deluso dalla realtà degli scavi – fece
fermare la sua decappottabile al centro di un ponte sul Busento e si irrigidì
nel saluto nazista a braccio teso, in direzione delle acque del fiume, come a
stabilire un collegamento oscuro con il re visigoto
introvabile.Utilizzare Alarico e il suo tesoro come simbolo di propaganda per
il rinato impero tedesco.Il mito di Alarico nell’ideologia nazista era di
grande rilievo, Goebbels elencava il tesoro del re simbolo irrinunciabile del
Reich. Una cosa è certa: l’invasione dell’Italia venne chiamata Operazione
Alarico. Tedeschi e ancora tedeschi, e – comunque – un’Europa del nord che
cala in Italia un po’ per subirne il fascino, ma anche per rivendicare come
“suo” il fantasma di un nordico come Alarico, il cui corpo, celato sotto le
acque del Busento, non sembra in grado di trovare pace. Himmler arrivò in
Calabria con un’archeologa francese (Amélie Crevolin) provarono a dragare il
fiume fino a otto metri di profondità.Ovviamente un fiasco totale! Crevolin era
a conoscenza della leggenda di Alarico, e si era convinta di poterne trovare
tomba e tesoro attraverso i suoi strumenti. Si occupava di radioestesia,
quindi usava pendoli e via dicendo. A partire dal maggio del 1937 le ricerche
condotte dalla donna lungo il Busento con il pendolino suscitarono
una vasta controversia che dalla stampa locale approdò a quella nazionale, con
ampia eco in Francia e altrove, La donna, comunque, era stata autorizzata ai
suoi scavi, a patto che se avesse trovato resti umani in misura significativa
avrebbe consegnato tutto alle autorità (Il Giornale d’Italia, Roma, 16
maggio 1937; Cronaca di Calabria, 16, 17 e 30 maggio, 8 e 10
giugno, 18 luglio 1937; Paris-Midi, 13
giugno 1937; Echo de Sélestat Francia, 17
giugno 1937; Giovanni Sole, Il barbaro buono e il falso beato,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, pp. 12-17). Se avesse trovato dei preziosi,
il 25 per cento del valore sarebbe andato a lei, altrettanto al proprietario
del terreno, e il 50 per cento al governo italiano. I risultati, spiegava un
certo signor Merola, che sul posto collaborava con la Crevolin,
erano incoraggianti: era stato trovato vasellame greco e romano,
tracce di una strada pavimentata, resti umani sepolti forse secondo il modo
visigoto (L’Ordre, 18
agosto 1937)… il tutto, scavando in un punto nel quale in antico doveva
passare il letto del Busento. Però, adesso, dopo ventimila franchi spesi,
bisognava che qualche società di mecenati permettesse di proseguire. C’è
bisogno di dirlo? Non arrivarono né tesori, né resti di Alarico, né
finanziamenti ulteriori.

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