“Assumigghji a nu' BABBALUTU”. Vi spiego il significato 


 di Maria Lombardo

Se si pensa panno della "pacchiana", di colore rosso, pare che esplicasse una funzione apotropaica, così pure le maschere ed i "babbaluti" in ceramica. La maschera, che etimologicamente deriva dall'arabo e significa "spirito nocivo", si appende tuttora, in molti paesi, davanti alla porta d'ingresso della casa, per impedire all'invidia dei vicini di entrarvi. Qualcuno si limita a scrivere, sotto un bel corno rosso infiocchettato di nastrini, "crepa l'invidia"!
A Catanzaro si possono ammirare mascheroni apotropaici sulla facciata di un palazzo di piazza. Le Pera e su altri due edifici in Via Jannoni, "a la 'nchjanàta de' guccerìi", cioè alla salita delle macellerie. La scrittrice Caterina Pigorini-Beri, nel volume "In Calabria" del 1892, sottolinea il nostro carattere superstizioso, raccontando, tra l'altro, quanto poté osservare in Gagliano: "... Le solite corna sulle porte e sulle finestre, il solito ferro di cavallo, ma senza l'otto e il nove, che è un'altra forma della stessa fede. A Gagliano - scrive - si possono vedere le corna accoppiate persino a un'immagine della Vergine".
Le maschere più caratteristiche si producono attualmente a Tiriolo, mentre, per un buon "babbalùtu", bisogna andare a Seminara. 
Quando sentiamo dire: "Assimìgghi nu babbalùtu", vi assicuro che non è certo un complimento, in quanto si tratta del mostruoso aspetto di vero "babbu", riprodotto su anfore che un tempo venivano murate su tetti e comignoli. Oggi si usa tenerli in casa come soprammobili, quindi con una funzione ornamentale, oltre che apotropaica.






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