Foibe, anche calabresi trasferiti forzatamente in Slovenia nel 1945 che non fecero più ritorno


 di  Maria Lombardo

Anche questa è storia d'intolleranza, l’intolleranza nei confronti degli italiani in terra d’Istria, Dalmazia, Trieste e Fiume, sfociò in un massacro. Il massacro delle foibe cunicoli verticali, inghiottitoi naturali che l’uomo ha trasformato in corridoi della morte. Qui vennero gettati ventimila italiani (forse di più), molti dei quali ancora vivi; vennero torturati e massacrati dai partigiani di Tito negli anni tra il 1943 e il 1945. Mentre l’Italia si accingeva a vivere un nuovo capitolo, liberata per mano degli Alleati e partigiani, dall’occupazione nazista, mentre finiva la Seconda Guerra Mondiale a Trieste, si consumava una tragedia che ebbe i contorni netti e drammatici di una pulizia etnica per mano dell’Armata Popolare di Liberazione della Yugoslavia.Tra i deportati verso le foibe ci furono anche uomini calabresi, come si legge nell’elenco delle 1048 anime trasferite forzatamente in Slovenia nel maggio del 1945; vite strappate nella Gorizia occupata da Tito. Le anime che non fecero mai ritorno a casa furono quelle dei carabinieri Pasquale Pellegrino ed Umberto Abate, rispettivamente di Falerna (Catanzaro) di San Lucido (Cosenza), del civile Gregorio Malena di Rossano (Cosenza), dei fratelli Mario e Oscar D’Atri di Castrovillari (Cosenza), rispettivamente esercente e sergente maggiore dell’Esercito. In quella lista nera come la tenebra ci sono anche i nomi dell’agente di pubblica sicurezza Giuseppe Crea di Motta San Giovanni (Reggio Calabria), Michele Lubrano di Radicena (Reggio Calabria), portato via dal carcere di Monfalcone prima di scomparire, Severino Quartuccio, nato a Chorio (Reggio Calabria). Ed ancora il caporale bersagliere Antonio Muraca (o Muracca), ucciso a Tolmino (Slovenia), Giacomo Spezzano, guardia di pubblica sicurezza scomparso da Gorizia il 10 settembre 1944, entrambi di Reggio Calabria, l’appuntato dei carabinieri Gaetano Mirenzi di Vazzano (Vibo Valentia), arrestato il 5 maggio 1945. Anche per loro dal 2004 c'è “Il giorno del Ricordo”, mentre si concludeva un processo, senza colpevoli, nei confronti di Oscar Piskulic e Ivan Motika, non processati perchè non estradati e non perchè innocenti. Fu indicato il 10 febbraio, il giorno in cui venne firmato il Trattato di pace nel 1947 Parigi e fu sancita la cessione di quelle terre alla Jugoslavia. In quell’anno, dalla città di Pola (Istria- Croazia) il 90% della popolazione divenne esule e perse ogni cosa. La memoria è necessaria ma non si creda che essa possa neanche lontanamente sopperire ad una giustizia che avrebbe dovuto essere in grado di ricostruire la verità e consegnare a quella Stessa Storia i responsabili. Crimini contro l’Umanità rimasti impuniti. Invece le radici di quell’odio etnico non promanavano solo da un passato di assimilazione forzata delle minoranze etniche in epoca fascista. La questione era molto più complessa e poggiava anche sull’annessione di parte della Slovenia per mano delle truppe italiane dopo il colpo di stato di Belgrado nel 1941, sulla feroce e violenta guerriglia che scoppiò tra slavi e italiani mentre cresceva la tensione tra comunisti e tedeschi in est Europa nello stesso anno. Le atrocità furono reciproche e la repressione delle truppe italiane cruenta, specie a seguito della nascita di movimenti di resistenza. Sarà l’armistizio del 1943 a segnare l’inizio dell’ingresso delle truppe tedesche a Trieste intanto in tutta la Venezia Giulia – Trieste, Gorizia e Fiume – i partigiani di Tito sopprimevano centinaia di italiani tra cui Norma Cossetto, medaglia d’oro al Valore Civile Fu un genocidio. Nel 1945 infatti i massacri si estesero a tutta la Venezia Giulia. Migliaia le persone scomparse. Centinaia di migliaia gli esuli. Uomini uccisi, donne abusate e poi gettati in queste fosse in un feroce progetto di eliminazione degli oppositori politici e di affermazione ad ogni costo del dominio slavo.Cittadini perseguitati perché italiani, in minoranza anche di nazionalità slovena e croata, tedesca e ungherese, tanti abitanti dell’Istria, della Dalmazia, di Fiume, di Trieste, di Gorizia; furono migliaia i cadaveri occultati di cui il governo De Gasperi chiese lumi a Tito che mai smentì anche se non vi fu mai collaborazione per le successive inchieste. Centinaia di migliaia le persone costrette a lasciare la loro casa e la loro patria, centinaia di migliaia gli esuli, 20 mila quelle che pagarono con la vita.


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