PLATI' (RC). IL MARESCIALLO GIUSEPPE DELFINO, DETTO “Massaru Peppi”: IL FAMOSO “SBIRRO” D’ASPROMONTE.
di Maria Lombardo
E’ davvero anacronistico di questi tempi parlare di
uomini in divisa ligi seri specialmente nel Vibonese le cronache dipingono molti uomini dello
Stato al servizio dell’altro padrone. Avete capito bene da Carabinieri,
Finanzieri e persino il Questore lasciano a desiderare in questo lembo di
terra, certo non intendo fare di tutta l’erba un fascio ma a questa gentaglia
corrotta in divisa dedico questo pezzo di storia. Giuseppe Delfino nasce a Bova
nel 1888 ed a soli 20 anni divenne carabiniere. Su di lui la storia ha
raccontato cose strabilianti, specialmente per le tecniche usate contro il
contrasto alla mala vita nella Locride. Famosi i suoi travestimenti! Fu frate
alle dipendenze di don Ciccio
Pangallo, priore del santuario di Polsi che gli fornisce una mula e un saio, da
massaro, da accattone e sensale. In queste terre martoriate potevano entrare
nel mito non solo i briganti ma anche gli uomini di legge, mentre per farsi
ricordare al brigante serve poco per uno in divisa era difficile assai.
Giuseppe però divenne leggenda solo per meriti suoi e soprattutto per meriti
veri, cosa assai scarsa al tempo di oggi. A quel tempo si diceva che era puro
come l'olio di olive saracene e forte come il vino d'una vigna petrosa. Massaro
Peppe si faceva chiamare così portava poco la divisa , perché quando batteva da
solo l'Aspromonte alla ricerca di latitanti, si travestiva nei modi più
impensati, così li agguantava prima ancora che se ne accorgessero; Certo si
sentiva servitore della legge in ogni sua cellula e doveva pensare come un
malavitoso per stanarli, fiutava già nell’aria le piste da seguire. «Un giorno
vestito da frate, con la placca di bronzo raffigurante la Madonna di Polsi
appesa al petto, si presentò all'ufficio postale di Girella, una frazione di Platì.
Due soldi della devota impiegata finirono nel palmo della mano del frate.
"Che la Madonna vi protegga", fu la risposta. Dopo poco un uomo a
cavallo scende con il fucile a tracolla per riscuotere alcuni risparmi. E’
guardingo, dopo deve imbarcarsi per l'America. E’ un uomo di malaffare, ha
compiuto diversi delitti rimasti impuniti. L'uomo entra nell'ufficio postale ma
si trova di fronte il frate con una pistola in pugno. L'uomo finisce in
manette, ma prima di lasciare l'ufficio postale il frate riconsegna
all'impiegata l'offerta ricevuta per la Madonna, "Porti lei questo denaro
a Polsi, oggi non ho più il tempo di farlo"».E' rievocato da Corrado Alvaro nel racconto
"Il canto di Cosima" (L'amata alla finestra) e da Mario la Cava in un
articolo sulla Gazzetta del Popolo del 30 marzo 1977. Una cosa è certa tra gli
anni’20 e ’30 Peppe fu nella Locride il vero protagonista della
lotta alla 'ndrangheta; e lo fu senza eccessi repressivi e senza indulgenze
paternalistiche, con inflessibilità, materia grigia ed anche con saggezza. Fra
l'altro d 'origine contadina, alfabetizzato alla meno peggio! Devoto alla
Madonna di Polsi in occasione d'un
appuntamento irrinunciabile per gli aspromontani quale era la festa della
Madonna di Polsi, concedeva ai malviventi la tregua di un giorno, e magari lui
stesso si metteva a ballare la rituale tarantella gomito a gomito con questo o
quel ricercato, il quale, però, sapeva bene che il giorno dopo non avrebbe
avuto requie col fiato di Massaro Peppe sul collo. Ecco, questo egli fu!
Inutile dire che Peppe pensava con la sapienza contadina e la n’drangheta era
arcaica casereccia legata ad un certo codice. E di rispetto Massaro Peppe ne
raccolse tanto oltre che dai capibastone e dai semplici manutengoli, anche e
soprattutto dalle persone qualunque, quelle senza volto e senza voce, che
vedevano in lui uno di loro con un volto da giusto e tantissima voce. E,
infatti, quando nell'immediato secondo dopoguerra egli si presentò all'elezioni
comunali alla testa d'una lista civica di sinistra, fu eletto sindaco quasi
plebiscitariamente; questo in un paese come Platì in cui non si muoveva foglia
che i capibastoni per un verso, ed i notabili latifondisti dall'altro, non
volessero; e lui, figuriamoci, non era certo sospettabile di connivenza con la
'ndrangheta o con i potenti. E quando passò a miglior vita, ai suoi funerali
partecipò una folla immensa, fra cui la «cosca» della locride al gran completo,
e si osservarono tre giorni di lutto in tutta la zona, perché se n'era andato
Massaro Peppe, un forte che era sempre stato dalla parte dei deboli, un
istintivo ed esperto cacciatore, dotato di gran fiuto, che da solo aveva
inseguito e catturato gli uomini-lupo per i dirupi dell'Aspromonte mille volte
meglio d'una intera muta di segugi con tanto di pedigree.
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