U’ Lamientu du Venneri Santu: espressione di fede di Calabria.



di Maria Lombardo



Il Giovedi Santo un gruppo di cantori intonava "U LAMIENTU" ovvero il Lamento, cioè la storia della Crocifissione e morte di Cristo Gesù che faceva parte delle tradizioni riguardanti la Pasqua e che ancora oggi sono veramente uniche in tutta la Calabria. La triste cantilena era recitata in dialetto, con una interpretazione molto sentita e altamente commovente e suggestiva. Tradizione vuole che l'origine di questa espressione di fede affondi le sue radici in un passato così remoto che nemmeno i più anziani ne ricordano ormai la genesi anche se qualcuno ne rammenta qualche strofa del tipo"Lu ivinu circandu vulintieri- la truppa avanti e la cavalleria-.Maria passava ncià la strata nova- na porta d'inperraru aperta era- o buonu mastru chi fati a st'ura- fazzu la crucci e zziccu cierti chiova- o buonu mastru non la fati ora -ch'io lu stessu vi la pagu la mastria-". Fatto sta che U Lamientu si tramanda da generazione in generazione, soprattutto oralmente, o con pochissimi reperti scritti riguardanti la struttura ed alcune frasi guida ripetute. Il Venerdì Santo poi, il Lamento veniva riproposto a spezzoni durante le tappe della Via Crucis in una processione che si snodava lungo le vie del paese,e che ogni anno coinvolgeva un alto numero di fedeli al seguito (praticamente quasi tutto il paese). Al ritorno in Chiesa, i cantori,in genere donne anziane, intonavano per l'ultima volta il Lamento nella sua versione integrale. Cessato il canto da quel momento in poi era imposto il silenzio meditato e la preghiera contrita, nell'attesa della Santa Pasqua. Nell'ambito delle sacre funzioni pasquali il Lamento occupava il post espressivo più toccante della pietà popolare. Una delle versioni del lamientu che da secoli costituisce la colonna sonora di una delle cinematografiche tradizioni del venerdì santo.


Commenti

  1. Belli questi ricordi che sono ancora vivi in me dopo tanti anni di lontananza dalla mia terra!

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