San Gennaro è Calabrese


 di Maria Lombardo 


Secondo la tradizione nel 305 Gennaro in viaggio verso Miseno, presso Napoli, si recò con due religiosi a far visita ad un giovane diacono incarcerato in seguito alle persecuzioni contro i cristiani volute da Diocleziano. Per la sua testimonianza di fede venne imprigionato venne imprigionato anch’egli e condannato a essere straziato dalle belve, che, però, davanti a lui si fermarono. Allora il giudice Dragonzio lo fece decapitare. Due fedeli raccolsero un po’ del suo sangue e lo conservarono in memoria. S Il nome di San Gennaro è di origine latina e significa "nato il mese di gennaio". Patrono di Napoli, Benevento e Sassari è nato nella seconda metà del terzo secolo. E' venerato come protettore di orafi e donatori di sangue. Viene invocato contro le coliche e i mali intestinali. Nella iconografia popolare il suo attributo principale sono le ampolle del sangue. Da sempre viene considerato l'anima motore del popolo napoletano, a cui non dice mai di no. Ma il tema non meno affascinante è quello che riguarda le sue origini.Se ne discute fin dal secolo XVII e le appartenenze si sprecano San Gennaro non nacque dunque nel napoletano da una nobile famiglia (discendente dellagens Jianuaria) come indica l’iscrizione a lato del busto d’argento nel Duomo, ma molto lontano da Napoli, e nemmeno in una povera borgata vicino a Reggio Calabria.Secondo gli Acta Sanctorum (Atti dei Santi) quello di Napoli,è definito “san Gennaro vescovo di Benevento e martire”. Per la Chiesa, tuttavia, ufficialmente non esistono dettagli attendibili sulla sua vita. E la prova del suo martirio, che sarebbe avvenuto a Pozzuoli, vicino alla solfatara, risulta piuttosto modesta e discutibile: una pietra marmorea, là conservata dai Cappuccini, sopra la quale, si dice, il santo venne decapitato e che cambierebbe leggermente colore in contemporanea con la liquefazione del sangue nel Duomo di Napoli. Ma le ricerche storiche dimostrano che, per quello scopo e a quei tempi, non si usavano oggetti di quel genere; inoltre la lavorazione di quel tipo di pietra o marmo iniziò solo alcuni secolo dopo la presunta esecuzione di San Gennaro. San Gennaro, dopo la morte, restò per lungo tempo dimenticato e diventò improvvisamente noto solo intorno al 1337, quando l’arcivescovo di Napoli, Giovanni III Orsini, istituì una cerimonia in suo onore, senza però riferirsi ai miracoli. È dal 1389 la prima notizia documentata di liquefazione del sangue, che diede vita alla tradizione del miracolo. Alcune fonti parlano invece di spostamenti e traslazioni delle sue spoglie: nell’831, quando il duca longobardo Sicone ne avrebbe riportato i resti a Benevento, e nel 1156, quando furono ancora trasferite e murate nell’altare maggiore del santuario di Montevergine. Poi se ne perse il ricordo per tre secoli finché, nel 1480, i resti del santo riapparvero durante i lavori di restauro. Infine, nel 1492, furono portati nel Duomo di Napoli. A parte quello dell’831, gli altri trasferimenti sono ben documentati da iscrizioni e cronache dell’epoca. Ma resta il vuoto dei primi 500 anni dopo la sua morte: non pochi, per sostenere che vi sia un collegamento fra un personaggio storicamente esistito e il suo culto come santo. Inoltre, la circostanza che san Gennaro divenne noto solo nel XIV secolo è quantomeno sospetta; si tratta proprio del periodo in cui si usava fabbricare false reliquie di tutti i generi: fedi nuziali della Madonna, fasce di Gesù bambino, piume dell’arcangelo Gabriele, schegge della Santa Croce e così via. Comunque, resta il fatto che San Gennaro non è nato nel napoletano, bensì nel Nicoterese. Infatti alcune indicazioni dicono che fosse Gennaro nato in un piccolo villaggio che sorgeva alle pendici del monte Poro, nei pressi della spiaggia. Ancora oggi nella zona di Joppolo, vicino comune dei vibonese la festa di San Gennaro si celebra lo stesso giorno, il 19 settembre, e moltissimi abitanti portano il suo nome. Ma, soprattutto, nella frazione di Caroniti (800 abitanti) c’è un’antica chiesa dedicata al santo, all’interno della quale si trova una statua con un’epigrafe che lo ricorda. La chiesa fu costruita nel 1570 vicino al preesistente sito di Calafatoni, borgo di pastori all’epoca già disabitato ma in cui san Gennaro sarebbe nato, e dove in suo onore era stata eretta una prima chiesa. I resti visibili? Un muretto di pietre calcinate lungo 3 metri e alto 1, dove fu poi costruita un’edicola dedicata al santo.

Sui documenti. La tradizione viene confermata sia dalle note di Tommaso Aceti all’opera De antiquitate et situ Calabriae, in cui si riferiva che in quel luogo nacque san Gennaro e vi era una sua chiesa, sia nelle Memorie di Luigi Sorace, canonico di Nicotera (nella cui diocesi Calafatoni rientrava), che aveva consultato gli archivi vescovili. Fino a quando Caroniti-Calafatoni rimase in tale diocesi (dal ‘500 al ‘700) i magistrati scrivevano nei documenti ufficiali e nei passaporti: “Per grazia di Dio e per intercessione di san Gennaro vescovo e martire, nostro concittadino”. E i Vescovi di Nicotera erano soliti firmarsi “Vescovo di Nicotera e concittadino di Gennaro, vescovo e martire”.«Nel 1650, il vescovo di Pozzuoli» spiega Polimeni «mostrò al suo omologo di Nicotera, Centoflorenio, un documento molto antico secondo il quale la nascita di san Gennaro era avvenuta a Calafatoni. E anche un antico martirologio (volume che riporta i nomi dei martiri e dei santi), in possesso a un vescovo greco, diceva la stessa cosa».«Questo sarebbe stato sufficiente a dimostrare che san Gennaro, quello giusto, è veramente esistito» commenta Bruno Sodaro, direttore del Santuario di Torre Ruggiero (Cs) e studioso di san Gennaro, Sodaro infatti giudica inverosimile che san Gennaro martire sia un altro Gennaro, come sostenne, nel 1926, il Bellucci. La più celebre reliquia è la doppia ampolla contenente una sostanza scura, sconosciuta, considerata il sangue di San Gennaro. Le prime notizie di essa risalgono al 1389, cioè oltre mille anni dopo la presunta morte del santo. La sua peculiarità sta nel fatto che il liquido in essa contenuto si liquefa una o due volte l’anno, quando la reliquia è estratta dalla cassaforte ove è normalmente custodita e portata sull’altare.Ultimamente

la presunta casa del Santo a Napoli è stata venduta con regolare bando municipale. Un rudere di qualche centinaio di metri quadri accatastato proprio con il nome di “Casa di San Gennaro” per la somma di 105.000 Euro. Nel 1991, un’équipe guidata dal chimico Luigi Garlaschelli ha ipotizzato che il fenomeno potesse essere dovuto alla tissotropia, un meccanismo naturale per cui certe sostanze liquefano quando vengono agitate e scosse e tornano solide quando sono lasciate a riposo. Il caso che talvolta la liquefazione non avvenga si spiegherebbe col fatto che, se la reliquia è maneggiata con delicatezza, non subisce sufficienti sollecitazioni meccaniche ne tanto meno se ne conosce l’esatta provenienza. La vicenda è tutt’ora aperta, perché la Curia di Napoli non ha ancora concesso il permesso di verificare che cosa ci sia due ampolle, ne da dove esse provengano. Forse perché secca ammettere che San Gennaro non è campano ma calabrese.


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