Bisignano (CS): il rito religioso “ù trivulu”.
di Maria Lombardo
Questa stagione ho deciso di parlare molto dei riti e
della devozione calabrese verso San Francesco di Paola. Complice la celebrazione dei 500 anni dalla sua canonizzazione! Stavolta vi porto a Bisignano borgo del
cosentino calabrese, qui si svolgeva all’occasione
fino a qualche decennio fa un rito molto antico denominato “ù trivulu”. Questo
trivulu è una processione di intercessione
per implorare la pioggia durante la siccità che un tempo funestava
queste terre proponendo lo spettro della fame. A Bisignano è invocato dai
membri delle confraternite del Rosario e dell’Immacolata Concezione in caso di
prolungata siccità. Al centro del rito vi è la lamentazione infatti trivulu in
bisignanese è piangere ed è così che ci si affida all’Altissimo. Una pratica
penitenziale carica di “pathos” della durata di tre giorni. I bisignanesi si affidano a San Francesco di
Paola, durante l’antichissima usanza del trivulu infatti, la statua di San
Francesco di Paola viene prelevata dalla Chiesa di appartenenza e portata
presso la Cattedrale, dove viene tenuta “in ostaggio” finché non si ottiene la
pioggia. Tale pratica viene attuata anche in caso di poggia torrenziale,
per invocare il buon tempo per la semina o la mietitura. I confratelli citati
in calce si abbigliano con una casacca bianca ed un cappuccio in testa, con una
catena di ferro si batte sulle spalle. Si pensa che il rito
tragga origine da religioni pre-cristiane orientali, con le offerte
di sacrifici umani per placare l’ira degli assetati di sangue, tali usanze sono
arrivate in seguito nell’Antica Grecia e a Roma.
I più anziani ricordano che spesso, forse per una
mescolanza bizzarra di statistica, magia e religione, concluso il rito la
pioggia cadeva davvero, accolta dai fedeli senza stupore, come una
contropartita celestiale. U trivulu è quindi un rito religioso di tale
potenza e forza, dedicato al pentimento, nonchè una grande manifestazione
di fede e di religiosità civica.
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