L’arte della pesca del tonno a Pizzo Calabro (VV)





di Maria Lombardo



Da maggio a giugno a Pizzo Calabro si praticava l’antica arte della mattanza dei tonni, esistevano delle tonnare fisse fino al 1963. Un rito questo che coinvolgeva tutto il paese e ci si affidava pure ai santi per il buon esito.  Le due tonnare a reti fisse “calcavano le orme” di quelle arabe ed erano posizionate de  visu la costa napitina. Come tutte le arti antiche il rito perì, il progresso portò le nuove tonnare “volanti”  introdotte dai giapponesi che, con imbarcazioni veloci e dotate di apparecchiature modernissime come i sonar, individuano i branchi di pesci prima che arrivino sotto le nostre coste. Le vecchie tonnare  segnalavano i tonni entrati nelle reti con una bandiera  issata sull’albero più alto di una barca. Il convento di San Francesco, per la sua posizione sovrastante, era il primo a scorgere il segnale e suonava le campane a festa, avvisando tutta la popolazione trepidante all’attesa notizia. Alla mattanza partecipava lavorativamente parlando 100 pescatori e  attraverso l’indotto, trovava lavoro gran parte della popolazione pizzitana, perciò è facile capire quanto vitale fosse il buon esito, non sempre garantito, di tale attività. Questo uno dei motivi per cui si cercava l’intercessione “i San Brangiscu” ed a sua volta portare al Convento dei Minimi il primo tonno pescato. Questo tonno i padri del convento di san Francesco lo mandavano al mercato dove veniva venduto a prezzo popolare e il banditore, in giro per il paese, gridava: «’U tunnu ‘i Sam’Brangiscu, accattàtivi u tunnu ‘i Sam’Brangiscu!». Finita quest’arte antica, carica di riti  i fedeli, devoti, preparano questi dolci a forma di tonnetti che, dietro una piccola offerta che andrà poi in beneficenza, offrono ai credenti, mantenendo così intatta la devozione nel Santo. Ricordando ai lettori che sui “ Tunnacchji i Sam’Brangiscu”potete trovare l’articolo su come si confezionano!

FONTE ROCCO GRECO LACNEWS24.IT

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