La Vallja un ballo albanese in Calabria.





di Maria Lombardo

Nella Calabria cosentina esiste una serie di paesi che tramandano da generazioni un tipo di ballo curioso e fatto due giorni dopo la Pasqua. Sto parlando dei popoli calabro-albanesi che popolano il cosentino: la famosa cultura arbresche che balla la Vallja. Una cultura che ha permeato l'area cosentina quando i popoli albanesi dovettero lasciare le proprie contrade per cercare la terra promessa. La Vallja non è assolutamente una tarantella e non è un ballo praticato dai nostri progenitori, ma è un ballo di vittoria e di liberazione. Tuttavia la curiosità particolare e che coincide proprio con i riti della Pasqua che per noi calabresi ha significato forte e radicato. Abiti variopinti dai colori sgargianti predomina il fucsia l'oro ed il verde acceso tanto è vero che praticano la Paschae Baccanales. Le donne ancora hanno l'obbligo dei gioielli vistosi mentre mentre gli uomini vestiti da turchi. Il ricordo vivido di una vittoria degli albanesi sui Turchi quando nel giorno di Pasqua che Scandenberg scacciò i turchi. Frascineto,Civita e Porcile portano a buon fine tale pratica ricca di gioia e ilarità. Balli divertimenti risa inondano le vie delle borgate dove è rimasta attecchito sia il verbo arbresche che gli usi. E' un ballo cadenzato, ossia cantato con cori antichi di origini balcaniche. “Valle” (o vagha, altrimenti shoka) in lingua italo-albanese significa danza. Purtroppo alcuni paesi hanno dovuto abbandonare tale pratica e passare al rito latino subendo numerose vessazioni. A Lungro, a Castroregio ed a Plataci si notano maggiormente i legami con la Tarantella. Gli strumenti musicali usati sono zampogne (surdulina a Lungro e a chiave a Plataci) ed organetti. Inutile dire che la Chiesa piegò a suon di scomuniche questo popolo facendogli dimenticare le loro origini. Sui genereis è la storia di Cerzeto, fino agli anni '50 ebbe un tocco di esoterismo e si praticava nel cimitero la notte di Pasqua pur di conservare le tradizioni. E' per tutti il papas Bellusci che racconta le difficoltà incontraree per mantenere vive queste meravigliose usanze “ ghettizzate “ dalla Chiesa. Lungro si diversifica per lo “ smalto” melanconico verso la Patria lasciata. Qui il ballo si diversifica per l'uso dei fazzoletti e per la forma circolare che si attua. La danza termina quando il capofila chiude il cerchio per catturare nel mezzo una persona non appartenente alla comunità arbëreshë (lëtinijtë) alla quale viene lasciato sul volto un segno con la fuliggine, così viene costretta a pagare da bere a tutto il gruppo. In passato questo rituale simboleggiava lo storico conflitto tra le popolazioni albanesi e quelle locali. Frascineto sfodera i cavalieri immersi nella folla, rievocando le imprese dell'eroe albanese Skanderbeg. Nella vallja le donne cantano varie rapsodie albanesi, come quella di “Costantino e Jeruntina”; mentre durante la vallja maschile si canta “Skanderbeg una mattina”. La vallja per le popolazioni albanofone, consapevoli della loro dimensione umana, rappresenta qualcosa di più del semplice folklore o della rievocazione storica; assume il significato di rivendicazione culturale, identità etnica, in cui le donne, soprattutto, sono le protagoniste. Ora però voglio spiegarvi perchè in questi luoghi i riti della Pasqua si concludono con il martedì, in passato questo era il martedì di Galilea e oltre al popolo albanofono viene praticato ancora a Dasà e Soverato. Questa prima di divenire una pratica per festeggiare una seconda festa di primavera era l'usanza pastorale di riunirsi. Anticamente la Pasquetta cadeva il martedi’ successivo e veniva chiamata: il ‘Martedi’ di Galilea’. Si partiva da casa con ceste di vimini cariche di vivande di ogni tipo: dalla soppressata alla ”pitta china” accompagnata da fiumi di vino. Era un modo per celebrare la vittoria di Gesu’ sulla morte, un modo per esorcizzare lo scampato pericolo della fragilita’ umana, una commistione di significati sacri e profani che si perdono nella notte dei tempi.

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