25 APRILE 1836 trema la terra in Calabria Citra: un terremoto dei Borbone
di Maria Lombardo
Il 25 aprile del 1836 “clima et natura”
colpiscono nuovamente la Calabria questa volta a patire la furia della terra è
la Calabria Citra. Un sisma questo che interessò il medio Jonio e rase al suolo
tutto il comprensorio di Rossano e Corigliano a partire dalle 6 del mattino del
25 aprile. A Corigliano le scosse furono devastanti, ecco cosa dice il
Decurionato riunitosi a pochi giorni dall'evento:”Il flagello di Dio il più
tremendo, il tremuoto al principar del 25 aprile, alle ore sei e minuti”
documento firmato dalla nobiltà del tempo! A seguito del moto sussultorio si
verificò anche uno tsunami che colpì la costa di Capo Trionto. Le acque del
mare si alzarono al punto di allagare tutta la spiaggia di Rossano, tra
Corigliano Calabro e Calopezzati le acque avanzarono per 50 metri. Nella
frazione di Cento Fontane furono trascinate via alcune imbarcazioni
appartenenti ai pescatori locali; successivamente sulla spiaggia rimase un gran
quantitativo di pesce. La sola città di Rossano ebbe 200 morti e si salvarono
solo 7 case! La Corona Borbonica inviò prontamente Rossi e De Rosis affinchè
osservassero i danni in quel lembo di terra. Ed ecco che scrisse la Relazione
per gli "Annali Civili del Regno delle Due Sicilie"; egli risiedeva a
Napoli e utilizzò probabilmente la documentazione ufficiale pervenuta al
Ministero dell’Interno dall’Intendenza di Calabria Citeriore. Il Rossi poi
accenna dei danni anche a Cosenza in Basilicata ed a Ginosa di Puglia. Tuttavia
per lo studio completo entrano in parola le fonti d'Archivio copiose ed attendibili.
Nella serie "Opere di conto provinciale" sono state reperite perizie
sui danni agli edifici pubblici di Rossano (gravi lesioni e crolli parziali),
che costrinsero l’intendente a disporre la costruzione di baracche provvisorie.
La scossa molto forte fu avvertita anche nel catanzarese e crotonese:in
particolare, a Catanzaro, Nicastro, Strongoli, San Mauro Marchesato, Santa
Severina e Scandale non provocò danni solo una casa già lesionata a Cirò. Nel
fondo Ministero dell’Interno dell’Archivio di Stato di Napoli sono state
reperite tre lettere dell’intendente di Basilicata che segnalano il
risentimento del terremoto a Lagonegro e negli altri comuni di quel distretto,
e a Matera; e una lettera dell’intendente di Terra d’Otranto, che comunicava
che la scossa fu sentita a Lecce e negli altri comuni della provincia. Da
Rossano invece arrivarono le notizie più sconcertanti esistono tre relazioni
conservate nel fondo Sacra Congregatio Concilii dell’Archivio Segreto Vaticano
. Un documento reperito nell’Archivio Storico Diocesano di San Marco Argentano
ricorda, invece, i danni subiti dalla Cattedrale, già danneggiata dal terremoto
dell’8 marzo 1832.Utilizzando gli originali delle lettere in arrivo e il
registro copialettere delle missive in partenza, è stato operato uno spoglio
sistematico della corrispondenza intrattenuta in occasione del terremoto del 25
aprile dalla famiglia Compagna con diversi parenti e amici, residenti in
massima parte in altre località calabresi. Da questa documentazione è emerso
che a Corigliano Calabro diverse case crollarono e rilevanti furono i danni
subiti dalle proprietà della famiglia Compagna sia in città che in alcuni
centri adiacenti come Marina Schiavonea. Sempre a Corigliano la popolazione si
rifugiò sotto l'ala protettiva del Patrono della Città:” il Decurionato si vede
nel dovere di far conoscere a' superiori, che l'intiera popolazione ha trovato
il suo sollievo, ed il pronto soccorso presso il suo Protettore S. Francesco da
Paola... che per la sua santa intercessione siam salvi” da allora ogni 25
aprile il Santo viene portato in processione. Si è potuto, inoltre, stabilire
che la scossa fu sentita senza danni a Castrovillari e si è avuta conferma che
a Cosenza causò qualche leggera lesione. Era l'apocalisse! Le cronache del "Giornale
del Regno delle Due Sicilie" , riprese da altri quotidiani confermano il
quadro generale degli effetti. A conti fatti a dover occuparsi di tutto non fu
lo Stato ma il Decurionato nello sbalordimento in cui si trova, e nel
costringimento de' suoi doveri costituì una deputazione, composta dai parroci
Chiappetta, Alice e Cimino e dai "galantuomini" Gennaro Maria Morgia
e Antonio Maria Abenante, col compito di verificare i danni, riparare o
demolire i fabbricati della città o di campagna che necessitassero di tali
interventi, aiutare quanti han bisogno di soccorso, e di medicamenti. Altresì vorrei ricordare ai meridionalisti che per poter
affrontare un discorso così complesso sulla Calabria Borbonica devono avere
chiare le idee sui vari documenti, solo allora saranno degni di affrontare un
discorso serio.
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