Una donna che la Calabria ha dimenticato: Rosina Bellomusto uccisa dal marito 53 anni fa!




di Maria Lombardo


Nell’imminenza della Giornata internazionale contro la violenza delle donne anch’io voglio dare il mio contributo. Racconterò la triste storia di Rosina Bellomusto da Fagnano Castello nel Cosentino. Una donna dimenticata anche dalla storia ma che io ho deciso di “riesumare” dall’oblio perché la sua vita col marito- padrone fu veramente drammatica. Rosina era considerata una schiava e lavorava per servire il marito. Lo fa anche perché il marito ha una brutta ossessione per la magia nera e questa cosa spaventava a morte la donna. Una donna sofferente nel corpo e nell’animo il marito arriva a farla calpestare dagli zoccoli di una mucca perché malata di epilessia. Al tempo in cui si consumò questo omicidio la contadina di Fagnano Castello era incinta  già madre di quattro figli maschi, ma minacciata di morte se avesse osato partorire una femmina. Rosina sparita, scomparsa da un giorno all’altro, probabilmente uccisa insieme alla creatura che portava in grembo per la quale aveva già scelto un nome, Edwige. Un caso insoluto la sua terra non dette giustizia a questa donna e tutto rimase fermo a 53 anni fa quando Rosina all’età di 38 anni sparì nel nulla.
 Gli indizi contro il marito, Romildo Liserre, ormai morto da 25 anni, erano numerosi, ma non vennero mai utilizzati per incriminarlo ufficialmente, sebbene fossero note a tutti le angherie e le violenze che la donna era costretta a subire. Indagini trascinate e la morte di Rosina non fu mai accertata! Si arrivò ad ipotizzare che la donna sia scappata per salvarsi da quell’inferno per l’epoca però era impossibile che una contadina analfabeta, senza soldi e senza nessuno che la potesse aiutare abbia trovato il modo di scappare. Tra tutti si levò la voce della madre, Genoeffa Terranova, che non ha mai smesso di chiedere giustizia per la figlia. A raccogliere il suo disperato appello fu, nel 1980, Franco Corbelli, che in un breve articolo su un giornale locale diede voce all’anziana donna ormai novantenne: «L’assassino deve pagare - dichiarò la mamma di Rosina - lo sanno tutti chi è stato a ucciderla ma nessuno parla. Anche il figlio più grande ha visto l’assassino afferrare l’accetta e scagliarla contro la sua povera madre. Ma poi per paura non ha detto nulla». Una storia che sfociò poi nelle dicerie di paese di allusioni a riti satanici, di rimandi ai misteri contenuti in quei vecchi libri esoterici che il marito, ossessionato dall’occulto, le declamava terrorizzandola con parole incomprensibili.«I sospetti fin da subito caddero su di lui - afferma il criminologo Sergio Caruso, uno dei pochi ad aver studiato questo caso -. Era un uomo schivo, vissuto in un’epoca in cui i legami familiari venivano considerati privati, non accessibili dall’esterno e in cui dominava ancora la figura del padre-padrone. Ogni scusa era buona per picchiare la moglie, alla quale veniva anche impedito di parlare con i familiari». Era solo una donna vulnerabile! Un inferno, appunto, fatto di lavoro sfiancante, di liti continue e, ovviamente, di botte, che a volte sfociavano nella tortura vera e propria, come quando, dopo un rimprovero più violento del solito, costrinse una mucca a passare più volte su Rosina stesa a terra nel campo. Poi, il 16 maggio del 1964, la donna scomparve. Agli atti c’è solo la testimonianza che uno dei figli rilasciò ai carabinieri: «Vidi mia madre e mio padre litigare, poi uscirono per andare a raccogliere l’erba da dare ai conigli. Dopo circa un’ora tornò solo mio padre con l’ascia sporca di sangue e gli chiesi come mai era sporca di sangue ed egli rispose “ho ucciso un serpente”».«Il marito non crollò - continua Caruso -, anche perché ufficialmente non fu mai indagato, ma solo ascoltato, ed i pochi che avevano visto e sapevano portarono questo terribile segreto nella tomba, per paura che l’uomo gli lanciasse una maledizione».
In un’occasione, incalzato dai parenti della donna che gli chiedevano che fine avesse fatto la povera Rosina, l’uomo avrebbe risposto sbeffeggiandoli: «Cercate, cercate, tanto non la troverete mai».



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