Le antiche miniere di Pazzano in Calabria.


di Maria Lombardo


 Quando arrivai a capire (in età non proprio scolara ma pronta alla laurea) che la Calabria era ed è una Regione con un potenziale estrattivo tra i maggiori d'Italia sgranai gli occhi. Qualcuno a scuola si era dimenticato di insegnarmi una cosa importante su questa terra, ragion per cui come in molti casi mi toccava indagare da sola, e così mi si apre un mondo diverso dalla Regione che non ha e non aveva potenziale. Nel comune di Pazzano, sulle pendici dei Monti Stella, Consolino e Mammicomito, si potevano contare circa 30 “bocche” di miniera, di cui poche, purtroppo, ancora visibili. Oggi sono visibili ma non agibili le miniere Regina, Regina ribasso, Italia, Piave, Melichicchi, Umberto I, come anche il deposito degli esplosivi e la cappella dei minatori. La testimonianza tangibile così come per Lungro ed altre zone che testimonia la cruciale importanza di questo centro minerario per tutto il Sud Italia. Sfruttate quasi certamente sin dall’antichità, le miniere raggiunsero la loro massima utilizzazione nel periodo borbonico. Si è a conoscenza che l'antica città greca di Kaulon ed tutta la Vallata dello Stilaro avesse una zecca in virtù del possedimento di miniere nell'entroterra per produrre gli incussi in argento. A testimonianza di ciò anche la località nominata "Argentera". Poi fu il periodo Romano a sfruttare l'area vi è come testimonianza una colonia penale per i damnata, li spedivano a Pazzano per estrarre la limonite. Tutto poi coincideva con la vicina fonderia Statale di Mongiana e di tutte le altre fonderie del comprensorio di Stilo. Tra il Settecento e l’Ottocento nacque e si sviluppò anche il grande polo di Mongiana, un importante complesso siderurgico che comprendeva tutte le fasi di lavorazione del minerale. Si trattava di un solido polo industriale, in cui si producevano sia manufatti per utilizzo civile, come i binari per le ferrovie, che di utilizzo militare, come i fucili (il cosiddetto fucile Mongiana) e i cannoni (a Pazzano era presente una fabbrica specializzata). Il ferro a quel tempo era come la plastica di oggi tanto per intenderci. Tuttavia il vero boom lo si ebbe a cavallo tra '700 ed '800 con il complesso siderurgico dell'Assi e poi la nascita del polo di Mongiana sfruttavano queste miniere di proprietà dello Stato. Alla fine dell'Ottocento, dopo l'abbandono da parte di Achille Fazzari delle attività siderurgiche legate a Mongiana, anche le miniere di Pazzano perdono di importanza. In genere è usanza fermarsi all'800 per attestare come la Regione fosse ricca di miniere che sostenevano Mongiana, l'onestà intellettuale mi spinge ad andare oltre nel 1916 dopo molti anni di blocco l'ILVA riprende l'attività estrattiva crea così due gallerie con i permessi della famiglia Fazzari. I lavori vennero bloccati dal tribunale di Gerace che decreta che l'estrazione appartiene al demanio, così il sogno di ripresa crolla e la società sposta i lavori tra Stilo e Placanica. Fu solo nel 1917 che Pazzano si accorse del danno fatto ed affida ad Alessandro Casini con delibera dell'8 marzo 1917 il diritto per 30 anni di estrarre. Fino al 1920 si aprirono altre miniere per estrarre pirite e galena, la galleria Italia e la Piave (ex Umbertello) su monte Stella, la miniera Regina, Noceto e Scolo sul monte Consolino, la miniera Trieste, sul monte Mammicomito in località Campanaro nella frazione di Pietra la miniera Colle di Banno. Dopo numerosi problemi legati al subappalto chiude definitivamente nel 1923 per mancanza di finanziatori. L'estrazione di pirite riprende l'anno successivo nuovamente con la Montecatini, la quale invia il materiale per la lavorazione tra Crotone e Puglia. 

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