La produzione del chinotto in Calabria.





di Maria Lombardo



 In questi anni di lavoro di ricerca sulla storia calabrese, mi sono imbattuta in una serie di realtà molto fiorenti altre che hanno retto per alcuni periodi ed altre ancora che con tutte le condizioni favorevoli non sono riuscite a produrre. E' il caso del chinotto di Calabria che vide il suo massimo splendore tra gli anni '30 e '50 dello scorso secolo. Agrume di origine cinese, foglie coriacee ed un profumo molto intenso. Considerata in passato una sorta di arancio amaro e per questo era denominata Citrus aurantium sub var myrtifolia; oggi la varietà ha assunto il rango di specie a se stante per cui il chinotto ha denominazione botanica Citrus myrtifolia. Fiori di zagara bianchi profumatissimi come detti in calce; i frutti sono piccoli, di forma tondeggiante riuniti in grappoli sulla parte terminale dei rami dove rimangono persistenti a lungo, anche per oltre un anno; prima sono di colore verde brillante poi a maturità hanno un colore arancione intenso ed un sapore amaro che non consente di mangiarli tal quali. Proprio per questo motivo si predilige lavorare l'agrume e trasformarlo in confetture, canditi, sciroppi e bevande dal particolare gusto amaricante. Le prime notizie mi inducono a partire dal 500 che introduce l'agrume in Liguria e da lì fino a noi. La coltivazione della specie si è poi diffusa anche al sud con epicentro di interesse in Calabria dove il chinotto è particolarmente coltivato per l’estrazione degli oli essenziali utilizzati in profumeria. Così come avviene per altri agrumi, dalla distillazione della scorzadei frutti di chinotto, che poi verranno sottoposti a canditura, si ottiene un olio essenziale il cui profumo ricorda l'arancio ma con un fondo più amaro; l'essenza viene utilizzata come base per la creazione di profumi aromatici come ad esempio Chinotto in fiore un omaggio del profumiere, un profumo, dice la pubblicità, dalle “note di testa fresche, verdi ed agrumate che lasciano spazio ad un cuore rotondo e balsamico”. E’ nella buccia del frutto del chinotto che sta il segreto del suo aroma essendo ricca di elementi aromatici e digestivi. Il processo di canditura rende il piccolo frutto molto morbido internamente mantenendo però una consistenza soda della buccia che oppone resistenza al morso;A partire dagli anni 50, il consumo di una bevanda gassata di colore scuro ottenuta utilizzando il succo del chinotto ha avuto in Italia una grande diffusione. La prima ditta che iniziò la produzione commerciale del chinotto in bottiglia fu la Pietro Neri seguita poi da altre aziende come la San Pellegrino.


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