L'antico rito calabrese della "strina"
di Maria Lombardo
Quando dalla viglia dell'Immacolata Concezione fino a Capodanno si sentiva passare per le vie e poi bussare alle porte dei ragazzini che suonavano le nenie e poi esclamavano «Bonu Capudannu / Facitimi la strina ca si no mi dannu» («Buon inizio di anno / Fatemi la strenna altrimenti mi danno»). Mi sono stupita molto poiché è un rito che non e Nicoterese e nemmeno del territorio circostante, fatto che successe comunque qualche tempo fa. Ragazzi di fuori zona che complice la crisi hanno deciso di raccimolare qualche euro per le partitelle natalizie, usando un rito antico. Benvenga vuol dire che il mio modo di presentare la Calabria funziona! Ma cos'è una strina? Fino agli anni '50 era molto in voga, si suonava cantava e poi si bussava ad una porta, magari dove si sapeva che la famiglia era benestante.Erano parole augurali comprensibili all'interno di complessi rituali di un tempo di passaggio e di rinnovamento. La speranza era all'ordine come i sorrisi gli abbracci e perchè no qualche brindisi si faceva pure. Tipica dei paesi dell'entroterra calabrese, viene accompagnata dall'ammaccasali antico attrezzo in bronzo, ma io li ho visti suonare il clarinetto sulla note dell'Ave Maria. Sono perdonabili quando il rito coinvolge la modernità! Non mancava la chitarra e ne il tamburello facili da reperire. La "strina" viene solitamente effettuata nel periodo che va dalla serata della celebrazione della festa della Immacolata Concezione (8 dicembre) alla serata dell'Epifania (6 febbraio). Affascinata da questo rito mai visto chiedo ai giovani cantori cosa stessero facendo, ed con una festosa ilarità mi dicono ti facciamo la strina. Inoltre alcuni di loro affermano che nei loro paesi viene portata (portata a qualcuno) ed è il periodo di Carnevale. Poichè detto periodo cade sempre nell'alto inverno questa particolare "strina" è detta "strina di i supprissate". Capisco però che la strina è un canto per chiedere l'elemosina usando la nascita di Gesù come buon auspicio. Ragion per cui quando i soldi scarseggiavano si donava cibo, dolci, bevande oggi era diventato un rito di nicchia. Si portava solo agli amici o parenti per augurare prosperità, pace e salute. Attualmente però la strina si porta all'intera via, i cantori si sono messi in mezzo alla mia via e l'uditorio era molto vasto. Di solito però nelle case dei benestanti si iniziava a cantare e poi si passava agli auguri singoli augurando ad ogni persona auguri speciali in rima. Pur non conoscendo il rito io ho chiesto la strina e poi l'ho ricambiata con un po' di pecunia, ma quel mio gesto era per le informazioni antropologiche che mi hanno fornito. La "strina" ha il senso della solidarietà e dell'ospitalità tipico della gente di Calabria. E' chiaro che essendo un rito della solidarietà la porta si deve sempre aprire ascoltare e poi fare la strinna. Qualora la porta non si apre i ragazzi si vendicano con una “ strina della disgrazia” chiedo di cosa si trattasse e loro dicono con un sorriso che non è il caso per la mia casa avendo io aperto. La frase però è terribil del tipo "Mienzu sta casa ci passa nu lazzu, quanno ti lavi ti vu spezzà nu vrazzu".
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!