Nicola Gratteri ed i giovani in politica.



di Maria Lombardo

Non è passata nemmeno una settimana dal mio incontro- scontro col procuratore capo Nicola Gratteri a Roccella Ionica  in un palazzo Carafa gremito di personalità, dal prefetto di Reggio ad altre cariche importanti. Ne approfitto per salutare affettuosamente il procuratore ed il prof Nicaso che ho trovato alquanto simpatico. Probabilmente non si è fatto intimidire  dal mio caratterino brusco e che per certi versi è servito a far riflettere il procuratore non a minare la sua autorità. Riflettere sulla sua frase :” non ci sono giovani calabresi capaci di entrare in politica e ribellarsi”. Mi sono alzata interrompendo le parole del procuratore raccontando la mia storia e concludendo che per aver agito per la legalità mi sono buscata un vilipendio ed una perquisizione con 41 tulp  capeggiata da Vittorio Iacobino attuale marito di Lia Staropoli. Ammetto ho sputtanato il baldanzoso “maresciallo” e la sua consorte!  Come ho ampiamente raccontato il vuoto dell’arma in quelle 5 ore di matrimonio con elicottero, ammetto ancora che il procuratore ha storto il naso sentendo Nicotera e come dargli torto lo storco anch’io e preferisco dire di essere Limbadese. Ho preferito non indagare quando mi sono avvicinata per la firma del testo la frase che mi ha dedicata forse standard forse no è fondamentale:” a Maria ci sono loro e poi ci siamo Noi” una cosa è certa a Vibo il procuratore antimafia ha cambiato idea «Presto si respirerà aria nuova, più pulita. Fidatevi». «Qualche tempo fa affermavo che contro la ‘ndrangheta possiamo al massimo pareggiare - ha detto Gratteri -. Oggi, invece, credo che si stia aprendo una stagione storica, perché stiamo costruendo una squadra straordinaria che può fare davvero la differenza. Alla procura di Catanzaro (dove Gratteri riveste la carica di procuratore della Repubblica, ndr) ci sono magistrati che hanno scelto di essere proprio lì perché ci credono davvero. I vertici di polizia, carabinieri e guardia di finanza sono occupati dai migliori investigatori d’Italia, gente incorruttibile di cui ci si può fidare. Qui a Vibo, poi, avete anche la fortuna di avere un prefetto, Guido Longo, che conosce bene la lotta alla mafia. Ecco perché dico che presto si respirerà aria nuova, ve lo garantisco». «Non chiedo a nessuno di fare l’eroe, di immolarsi - ha aggiunto -, anche se noi siamo disposti a morire con gli occhi aperti se necessario. Ma dovete fare la vostra parte. Noi da soli possiamo vincere qualche battaglia ma non la guerra. È il momento di assumere una posizione netta di rifiuto della ‘ndrangheta. Bisogna isolarli, non cercarli, non ossequiarli, non rivolgersi a loro. Mai, anche se fosse semplicemente per acquistare le mattonelle del bagno. Perché è così, fornendo beni di consumo, che oggi la ‘ndrangheta esprime il controllo del territorio. È il nuovo pizzo: spesso non vengono più chiesti soldi, ma, ad esempio, si obbligano i commercianti e le imprese ad acquistare soltanto da alcuni grossisti».I primi a dare legittimità alla mafia accrescendone il potere sono, neanche a dirlo, i politici. «Quando vanno in giro a chiedere voti sanno bene con chi stanno parlando, anche se non si rivolgono direttamente al boss - ha proseguito Gratteri -. Alla ‘ndrangheta non interessano le differenze politiche, loro puntano solo su chi può vincere, perché all’opposizione non ci vogliono stare, non è funzionale ai loro interessi». Insieme ai due autori, dietro il piccolo bancone ingombro di copie del nuovo libro edito da Mondatori, c’erano anche due studenti del liceo Berto, Giuseppe Viterbo e Domenico Russo. Sono loro che hanno stimolato la discussione con domande preparate ma efficaci. Come quando hanno chiesto a Gratteri cosa ne pensasse della morte di Totò Riina a Parma, in regime di 41 bis. La risposta del magistrato è stata secca, spiazzante: «Hanno fatto bene a farlo morire in carcere». Il brusio di approvazione del pubblico, però, è stato subito interrotto della precisazione che è seguita. «Il carcere duro non è una vendetta. Lo Stato non si vendica, applica le sentenze - ha detto - e il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha fatto la cosa più giusta, perché il 41 bis ha uno scopo preciso: evitare che i detenuti più pericolosi possano mandare messaggi di morte all’esterno del carcere. E se Riina fosse tornato a casa avrebbe potuto ordinare tutta una serie di omicidi. Anche con un filo di voce, anche con il suo ultimo respiro avrebbe potuto farlo».Tra excursus storici del fenomeno mafioso e analisi dei fatti più recenti, l’incontro con Gratteri e Nicaso è scivolato via. Ciò che alla fine aleggiava nell’aria, mentre in tanti facevano la fila per farsi autografare la propria copia di Fiumi d’oro, era l’appello che il magistrato ha rivolto direttamente a chi è venuto ad ascoltarlo: «Quello che stiamo vivendo è un momento storico della lotta alla ‘ndrangheta e occorre prendere posizione. Noi vi stiamo mettendo nelle condizioni di non avere più alibi. Ora tocca a voi». 


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