I fatti di Bronte ...uccisi per la difesa della ducea Nelson.
di Maria Lombardo
Sul trono di Napoli siede
infatti un truce tiranno quando i Mille decisero di occupare il Regno :
il mite, onesto e cattolicissimo Francesco II, che si trovò per sua mala sorte
Re delle Due Sicilie nel momento più drammatico e fatale per la dinastia. Da Salemi,
il 14 maggio, Garibaldi, creatosi dittatore in nome di Vittorio Emanuele, un re
piemontese, lanciò il suo retorico ed assurdo proclama: Siciliani! Io
vi ho guidati una schiera di prodi accorsi all’eroico grido della
Sicilia, resto delle battaglielombarde. Noi siamo con voi! noi non chiediamo altro
che la liberazione della nostra terra. Tutti uniti, l’opera sarà
facile e breve. All’armi! Chi non impugna un’arma è un
codardo e un traditore della patria. Non vale il pretesto della mancanza
d’armi. Noi avremo fucili, ma per ora un’arma qualunque basta,
impugnata dalla destra di un valoroso. I municipii provvederanno ai
bimbi, alle donne, ai vecchi derelitti. All’armi tutti! La Sicilia
insegnerà ancora una volta, come si libera un paese dagli
oppressori colla potente volontà d’un popolo unito.
Le truppe del Nizzardo come
cani da segugio scorazzano per la Sicilia in nome del Dittatore Garibaldi
e con lo scopo di ripristinare quel sistema dittatoriale voluto dal condottiero
rosso. Bronte cittadina della provincia di Catania ubicata sulle pendici dell’Etna
visse uno dei periodi più brutti in quel ’60, il borgo che dalla data della sua
fondazione visse problematiche relative alle terre si trovò in arme a seguito
del voltafaccia Garibaldino. Non a caso mentre l’intera Sicilia non si perse ad
ascoltare il discorso in calce, a Bronte le cose furono diverse, i latifondisti
ed i notabili crearono un comitato liberalista credendo di poter continuare a
governare sulle terre(1).La plebe, però, non vedeva in Garibaldi il presunto
liberatore dalla tirannide borbonica: vedeva nell’ avventuriero il liberatore
dalla più dura oppressione: la miseria, la fame. La fame è cattiva consigliera
e già a Bronte si era verificato l’episodio di un bracciante, un tale Carmelo
Giordano, che uscendo da una taverna aveva pronunciato alcune minacciose
parole: Se gira la palla, le bocce e i cappellucci devono
andare per aria. Facendo capire ai nobili latifondisti che qualcosa stava
avvenendo.Gran parte della popolazione brontese scrive in Risorgimento
perduto lo storico Radice «angosciata dai vecchi ricordi ed esasperata
ancor di più, al momento, dalla mancata applicazione dei decreti dittatoriali
garibaldini rimasti lettera morta assieme ad altre provvidenze promesse. (…)
La correzione dei mali sociali che da sempre affliggevano le classi più povere
non s’era verificata. Speranze deluse e malcontenti antichi e nuovi si erano
accumulati senza sosta e si trasformavano ora in ingredienti esplosivi, pronti
a produrre deflagrazioni e guasti. Si profilava il verificarsi di una tristissima
verità secondo la quale gli sconvolgimenti sociali quando avvengono muovono
sempre da cagioni remote, crescono poi inosservati e si palesano infine
d’improvviso allorquando la cecità e la insufficienza di coloro che avrebbero
potuto evitare i mali peggiori, nulla han prodotto per impedire il peggio.»
In siffatta situazione dove la
fame era imperante ed accompagnata da una miseria atavica e mentre le
truppe del Nizzardo bivaccavano a Giardini Naxos per potere
attraversare lo Stretto fuori dal tiro delle fregate borboniche,Bronte diventa
teatro di una sommossa. La ducea Nelson a Bronte sulla quale
sventolava bandiera inglese era in arme il popolo andava sedato prima che
potesse esser troppo tardi, e recar danno alla principessa Nelson che stava in
Inghilterra. Vennero attaccate le cantine saccheggiate le abitazioni, il
popolo chiedeva le terre. Sedici i morti furono barbaramente uccisi, fra gli
altri, il notaio Ignazio Giuseppe Maria Cannata (notaio della Ducea Nelson) ed
il figlio Antonino, il cassiere comunale Francesco Aidala, la guardia
municipale Carmelo Luca, l’impiegato del catasto Vincenzo Lo Turco, Rosario
Leotta contabile della Ducea, l’usciere Giuseppe Martinez.Dietro questi eccidi
vi erano una fame secolare di terre, odi mai sopiti, soprusi mai scordati,
un’estrema miseria, ma anche desiderio di libertà e ansie generose risorte di
fronte a quella che appariva la splendida e rapida azione di Garibaldi con le
sue promesse di dare soddisfazione immediata alle rivendicazioni
contadine.L’appello degli Inglesi a difesa della ducea fu immediatamente
recepito da Garibaldi.
L’eroico dittatore telegrafò
quindi a Bixio, che si trovava a Giardini con la prima brigata della 15°
divisione Turr, ordinandogli la repressione della rivolta di Bronte con particolare
rigore: che Bixio, fedele agli ordini, applicò con spietata ferocia. Fu quindi
l’interesse britannico a scatenare la repressione. Dopo due giorni di
faticosa marcia, la mattina del 6 agosto, “l’eroe” Nino Bixio giunge a Bronte
con due battaglioni di camicie rosse accolto dal colonnello Poulet e dal
Rettore del Collegio Capizzi, monsignor Palermo, che gli mise a disposizione il
proprio appartamento. Tuttavia è dalle parole di Cesare Abba al seguito del
Nizzardo che apprendo la situazione descritta da un garibaldino ma che stride
con i documenti reperiti:”Bixio in pochi giorni ha lasciato mezzo il suo cuore
a brani, su per i villaggi dell’Etna scoppiati a tumulti scellerati. Fu qua e
là, apparizione terribile. A Bronte, divisione di beni, incendi, vendette,
orgie da oscurare il sole, e per giunta viva a Garibaldi. Bixio piglia con sé
un battaglione, due; a cavallo, in carrozza, su carri, arrivi chi arriverà
lassù, ma via. Camminando era un incontro continuo di gente scampata alle
stragi. Supplicavano, tendevano le mani a lui, agli ufficiali, qualcuno
gridando: Ohi non andate, ammazzeranno anche voi! Ma Bixio avanti per due
giorni, coprendo la via de’ suoi che non se ne potevano più, arriva con pochi:
bastano alla vista di cose da cavarsi gli occhi per l’orrore! Case incendiate
coi padroni dentro; gente sgozzata per le vie; nei seminari i giovanetti
trucidati a pie’ del vecchio Rettore; uno dell’orda è là che lacera coi denti
il seno di una fanciulla uccisa.”Caricateli alla baionetta!”. Quei feroci sono
presi, legati tanti che bisogna faticare per ridursi a scegliere i più tristi,
un centinaio. Poi un proclama di Bixio è lanciato come lingua di fuoco: “Bronte
colpevole di lesa umanità è dichiarato in istato d’assedio: consegna delle armi
o morte: disciolti Municipio, Guardia Nazionale, tutto: imposta una tassa di
guerra per ogni ora sin che l’ordine sia ristabilito”.
E i rei sono giudicati da un
Consiglio di Guerra. Sei vanno a morte, fucilati nel dorso con l’avvocato
Lombardi, un vecchio di sessant’anni, capo della tregenda infame. Fra gli
esecutori della sentenza v’erano dei giovani dolci e gentili, medici, artisti
in camicia rossa.(…)”Dopo Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi,
ed altri villaggi lo videro, sentirono la stretta della sua mano possente, gli
gridarono dietro: Belva! ma niuno osò muoversi”. Vennero accusati per questa
rivolta un gruppo di Brontesi senza colpa capeggiati dall’avvocato
Lombardo. I nemici politici dell’avvocato Nicolò Lombardo colsero dunque
l’occasione di macchinare la rovina del loro onesto e leale avversario,
indicandolo a Bixio quale caporione della rivolta: la reazione di Bixio fu
inconsulta e immediata, il Garibaldino non si preoccupò minimamente di
accertare o meno la colpevolezza dell’accusato, ma sotto l’effetto dell’ira più
violenta ordinò al Poulet di arrestare il Lombardo ed i principali colpevoli
della tragica sommossa. Bixio lo accolse con occhi di fuoco, bollente d’ira e
lo apostrofò con violenza: Ah! Siete voi il presidente della canaglia!.
Non gli diede il tempo di scolparsi, di manifestare le sue buone ragioni; gli
impedì ogni, seppur vana, difesa!.
La stessa mattina, Nino Bixio
emise due decreti: All’ufficiale di guardia – 6 agosto in Bronte
– L’ufficiale di guardia metterà due sentinelle alla porta del
quartiere ed una seco una tromba. La consegna speciale è di avvisarmi
ad ogni rumore che sorta dal naturale. Alle 10 mandare una
pattuglia di otto uomini con un sergente a percorrere il paese, impedire
la circolazione, non lasciarsi avvicinare da alcuno del paese. Se
viene trovato qualcheduno, arrestarlo, e se resiste fucilarlo sul
luogo; arrestare chi non volesse ritirarsi. Fucilare chi armato
opponesse resistenza(3).E’ cosa accertata dagli scritti di Sciascia che il
Bixio già l’8 agosto parlava di fucilazioni ecco cosa cronicizza lo
Sciascia:”«Io sarò a Bronte per la fucilazione e poi ci vedremo a Randazzo»,
scriveva Bixio al comandante Dezza: era l’8 di agosto del 1860.Il 6 era
entrato in Bronte; l’8 parlava già di fucilazione, ancor prima che avesse
inizio il processo; il 9, all’alba, raccomandava ai giudici celerità e
severità e partiva per Regalbuto, a reprimervi la rivolta; nel primo pomeriggio
dello stesso giorno tornava a Bronte «per la fucilazione», che venne
stabilita, con un proclama affisso alle cantonate, per l’indomani alle 8 al
piano di San Vito(5). Dietro questi eccidi vi erano una fame secolare di terre,
odi mai sopiti, soprusi mai scordati, un’estrema miseria, ma anche desiderio di
libertà e ansie generose risorte di fronte a quella che appariva la splendida e
rapida azione di Garibaldi con le sue promesse di dare soddisfazione immediata
alle rivendicazioni contadine. Intanto il Bixio si prepara alla punizione ed
all’alba del 10 agosto, i condannati vennero portati nella piazzetta antistante
il convento di Santo Vito e collocati dinanzi al plotone d’esecuzione.
Alla scarica di fucileria
morirono tutti ma nessun soldato ebbe la forza di sparare a Fraiunco che
risultò incolume. Il poveretto, nell’illusione che la Madonna Addolorata lo
avesse miracolato, si inginocchiò piangendo ai piedi di Bixio invocando la
vita. Ricevette una palla di piombo in testa e così morì, colpevole solo di
aver soffiato in una trombetta di latta (4).Sulle storia di Fraiunco ci dice il
Radice:”fin dai primi giorni di agosto ed era stato quasi annunciato: un
popolano, Nunzio Ciraldo Fraiunco, ritenuto demente, amplificava, infatti,
gridando per le vie del Paese, sotto abitazioni artatamente indicatigli, la
ripetitiva benaugurante cantilena: “Cappelli guaddàtivi, l’ura du
giudizziu s’avvicina, pòpulu non mancari all’appellu”.«Saliva anche
sul Casino dei civili e lì, malaugurata Cassandra, ripeteva il suo rozzo,
minaccioso e fatidico sermone, condito di sali e infarcito di scempiaggini.I
galantuomini, veri dementi, ridevano del matto, mentre i popolani affilavano
scuri e coltelli e preparavano polveri, aprendo l’anima alla brama di selvagge
vendette.»(6)A spiegare questa enorme ingiustizia abbiamo un prezioso
documento: un prezioso documento una delibera del Consiglio Civico di Bronte
del 23 novembre 1860.
Da essa risulta chiaro che il
Lombardo ed i suoi compagni erano stati denunciati a Bixio come capi della
reazione borbonica, e denunciati proprio da coloro che ora sedevano tranquilli
nel Consiglio Civico. E poiché il governatore di Catania, alla richiesta di
processare altri sediziosi che ancora si trovavano in carcere, aveva fatto
notare che «i fatti di Bronte non furono per effetto di una reazione, ma
l’effetto di essersi negata al popolo la divisione delle terre di demanio
comunale e rientrando nell’interesse privato meritano i detenuti
grazia e amnistia», il Consiglio Civico protestava in questi termini:
«Considerando che il Generale Bixio, quell’uomo vero italiano, ha nel suo
manifesto del 12 agosto ultimo, parlando con diversi comuni testificato che i
misfatti ed eccidi in Bronte sono l’effetto di una reazione, come pure viene
giustificato da innumerevoli atti processuali raccolti da diversi incaricati
dal governo e quindi chiaro si vede che il Governatore è caduto in scandaloso
errore indegno dell’onesto sentire italiano».
(1)
BENEDETTO RADICE, Memorie storiche di Bronte, edizione Banca popolare di Bronte
1984 …a Bronte, dove si trovano interessanti documenti, tra cui un libro, che
non c’era neanche nelle biblioteche nazionali. Fu pubblicato agli inizi del
Novecento da un avvocato di Bronte a sue spese. (…) dedicato ai fatti del
1860.(…) molto dettagliato, quasi un diario quotidiano di quei giorni con i
personaggi che cominciano ad emergere e una narrazione molto rigorosa (…)”
(2)Cesare
Abba Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, 1891
(3)Guezoni
G, La vita di Nino Bixio, Barbera, Firenze 1875,
4)Benedetto
Radice, Nino Bixio a Bronte: episodio della rivoluzione italiana del 1860 con
diario e documenti inediti, Catania, Centro Studi il Confronto, 2000
(5)
Leonardo Sciascia I fatti di Bronte un’ingiustizia che poteva essere
veduta da quelli stessi che la commettevano.
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