Giovanni Francesco Gemelli Careri:un calabrese del Reggino dimenticato.
di Maria Lombardo
Si
conosce davvero poco di questo Calabrese, a lui è dedicata solo qualche via o
scuola nei pressi di Taurianova nel Reggino. Giovanni Francesco nacque a
Radicena (dal 1928 Taurianova) presso Reggio di Calabria tra il 15 e il 17
ottobre 1648. Anche lui allievo dei Gesuiti e poi riuscì a laurearsi a Napoli
in “iure”. Prestò le sue competenze all'Amministrazione del Vicereame dal 1671
al 1685. Di animo incline ma molto sulfureo il Careri, abbandonò l'impiego
dando inizio al suo primo viaggio al di fuori dei confini del Regno e visitando
in soli sei mesi l'Italia, la Francia, l'Inghilterra, i Paesi Bassi e la
Germania. Divenendo così un uomo di mondo viaggio per viaggio, questo per lui
era solo l'inizio! Nel 1686 partecipava alla guerra contro i Turchi in Ungheria
dove, nel corso della battaglia per la presa di Buda (2 settembre 1686), rimase
ferito. Rientrato a Napoli, dopo una breve parentesi ripartiva per l'Ungheria
distinguendosi, sotto il comando del duca Carlo V di Lorena, durante la
battaglia di Mohács (12 agosto1687). Uomo d'arme ricevette onoreficienze ed
attestati anche dall'imperatore d'Austria Leopoldo I. Tra i tanti encomi
proprio dagli Asburgo ottenne, la reintegrazione nella magistratura del Regno
di Napoli solo per un tempo limitato, due bienni come auditore. A conclusione
dei quattro anni (tra il 1689 e il 1693) che lo avevano visto operare a Lecce e
all'Aquila, lasciando di sé, soprattutto nella città abruzzese, un ottimo
ricordo, il Gemelli si ritrovava di nuovo senza un lavoro soddisfacente.
Spirito d'avventura che pochi calabresi ebbero lo spinse a compiere il primo
nella storia, giro del mondo via terra. Scrisse tre opere che raccontavano i
viaggi . La prima, Relazione delle campagne d'Ungheria, edita a Napoli nel
1689, e la seconda, Viaggi per l'Europa, edita anch'essa a Napoli (nel 1693),
ebbero scarso successo e mantennero sostanzialmente nell'anonimato l'autore. Fu
la terza, Giro del mondo, in 6 volumi (ibid. 1699-1700), che consegnò alla
storia il nome del Gemelli, rendendolo famoso in tutta Europa. Prima di
iniziare l'impresa espresse desiderio di recarsi a Gerusalemme e poi in Cina.
Preso congedo dai suoi più stretti amici e collaboratori, giunse, dopo aver
toccato Malta e Alessandria, al Cairo, dove venne accolto dal console francese
in Egitto. Quindi, visitate le piramidi e altri luoghi antichi, si recò a
Gerusalemme. Rientrato ad Alessandria, ripartì per Costantinopoli. Nella
capitale dell'Impero turco fu arrestato dalle autorità locali che accusarono,
lui italiano, di spionaggio, mentre visitava i navigli che venivano
equipaggiati in vista della guerra contro Venezia. Fu solo grazie all'immediato
intervento del console francese che poté riacquistare la libertà. Il 17 luglio
1694 si imbarca per Trebisonda, giunse in Persia a Isfahan, dove poté assistere
all'avvento del nuovo scià Husain ibn Sulaiman, aggregandosi, per espresso
invito dell'ambasciatore polacco, al seguito diplomatico di quella nazione. Il
G. visitò anche quelle che sembravano essere le rovine dell'antica città di Persepoli.
Passa dal Congo al Golfo Persico, salpò alla volta dell'India, approdando a
Daman il 10 gennaio 1695. E, nonostante i grandi conflitti che imperversavano
nella regione, tra i principi del Sud dell'India e il Gran Mogol, ottenne da
quest'ultimo udienza privata. Il Gemelli conobbe la fiducia del Gran Mogol che
lo voleva al suo servizio, ripartì per Goa, dove incontrò il viceré portoghese
per circa due ore. Da Goa, via mare, il 4 agosto 1695 raggiunse Macao, dove fu
accolto nel convento dei padri agostiniani spagnoli. Quindi, si recò a Canton,
il 19 agosto, tra la meraviglia sia dei francescani spagnoli, sia dei gesuiti
portoghesi. Entrambi lo credettero, malgrado le ripetute smentite, inviato
segreto del papa mandato in Cina a prendere informazioni tanto sugli ordini
religiosi quanto sui problemi attinenti la giurisdizione episcopale. A Pechino
il suo arrivo fu soggetto a stupore lo accolsero tra onori e feste, alloggiò in
albergo e tenne particolari contatti con il superiore dei missionari portoghesi,
Filippo Claudio Grimaldi, il quale ricopriva l'ufficio di presidente del
Tribunale delle matematiche (e quindi responsabile della formazione del
calendario con i giorni fasti e nefasti). Quindi, dopo aver visitato la città,
si recò presso la Grande Muraglia, sebbene gli fosse stato sconsigliato dagli
stessi gesuiti francesi, per evitare problemi con le autorità militari. Dopo
sedici giorni di permanenza a Pechino, il 24 gennaio 1696 rientrò a Canton e
qualche mese più tardi, l'8 aprile, lasciò la Cina per recarsi nelle Filippine.
Anche qui lo credettero mandato da Roma, raggiunse il Messico e poi l'Avana per
rimpatriare a Napoli il 4 dicembre 1698. Il suo testo divenne un vero successo
numerose le ristampe: sette edizioni italiane tra il 1699 e il 1728, una
traduzione in francese (Voyage du tour de monde, Paris 1719; 2ª ed. 1727), una
in inglese (A voyage round the World, London 1732, 2ª ed. 1744, 3ª ed. 1752);
alcuni estratti, infine, furono pubblicati in diverse grandi collane europee,
tra cui una inglese, quattro francesi, una tedesca e una russa. Venne accusato
di ogni scaltreria tra cui altri che misero in dubbio la stessa veridicità del
viaggio, sostenendo che il Gemelli, in realtà, colpito da una grave malattia,
che lo aveva costretto a letto, non si era mai mosso da Napoli. Oggi non si
dubita più che il calabrese abbia realmente effettuato il giro del mondo. Le
autorevoli testimonianze di F.J. Clavijero, A. von Humboldt, S. Sen, basate su
dati di fatto incontrovertibili, non lasciano spazio alcuno a ripensamenti di
questo tipo. Ma fu soprattutto la lettera del missionario gesuita, pubblicata
dal Du Halde, che, se da una parte tendeva a escludere l'udienza con
l'imperatore, dall'altra, confermava la presenza del Gemelli a Pechino. Morì a
Napoli il 25 luglio 1724. Di lui i suoi paesani ebbero a dire «nu vagabundu,
chi tantu vagabundu chi girau u mundu...» (descrizione di Gemelli Careri fatta
dai concittadini)
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