L’antica tradizione ceramica di Seminara Calabra (RC).
di Maria Lombardo
Seminara ameno borgo situato tra il monte Sant’Elia e la piana di Gioia Tauro
e immerso nel verde degli uliveti. Ulivi secolari sono uno scrigno per questo
lembo di terra che con l’arte della ceramica sono il vanto di Seminara.
Tradizione della ceramica che fece riecheggiare il nome di Seminara già nel
‘700 al pari di Caltagirone. Arte popolare non c’è ombra di dubbio molto
apprezzata per la curiosità e le forme creative dei manufatti. Pezzi unici nel
genere; nelle loro particolari forme, riproducono oggetti arcaici di carattere
religioso o votivo, e nelle decorazioni si rinnovano simbologie cristiane. In
questo centro oltre a grottesche
maschere apotropaiche in ceramica che in singolo articolo ho trattato il
genere, legate al mondo magnogreco e al teatro, considerate amuleti e scaccia
mali, si producono utensili d’uso quotidiano e contenitori per
il vino, la cui particolarità è dovuta alle loro forme “lancelle,vozze e vozzarelle
,cannate, cuccumi, porroni a riccio”, un vero tripudio di oggetti
strani. Escono fuori dalla
sapienza dei mastri di Seminara brocche con ornati a rilievo a forma di
carciofo, borracce a forma di ciambella o di pesce o uccello ed ancora, brocche con becco i “bumbuleji”, e altre
singolari chiamate “gabbacumpari”, ovvero le “bevi se puoi”, dotate di una
serie di fori da dove può bere soltanto chi risolve l’inganno in esse celato.
Ecco che non mancano le “teste di greco” poiché quest’arte deriva dalla
tradizione bizantina famosi i“babbaluti” bottiglie antropozoomorfe, talvolta munite di un
manico nella parte posteriore, di varia grandezza. Queste meravigliose
creazioni sono la raffigurazione del malcontento calabrese verso la dominazione
borbonica. Esemplari di queste ceramiche sono custoditi anche in Calabria
nel Museo
Etnografico Folklore “Raffaele Corso” di Palmi (RC). Altro oggetto tipico della produzione
di Seminara è poi quella bottiglia a forma di
ciambella, una fiasca anulare, che è un soggetto ricorrente
nella ceramica centro-meridionale italiana. Si
vuole che il successo sia dovuto, o richiesto, dalla possibilità di infilarla
al braccio rendendo libera la mano dell’oste come del contadino sul campo,
oppure facilmente trasportabile in sella, sulla soma o a tracolla. La loro
particolare conformazione poteva simboleggiare il sesso femminile; inoltre,
questo tipo di recipienti consentiva di mantenere freschi i liquidi, se immersi
nelle acque dei ruscelli o dei fiumiciattoli. La produzione della ceramica di
Seminara ebbe la sua età fiorente nel 1746 sono state registrate ben 23
botteghe artigiane e nel 1880 si contavano addirittura 28 fornaci, con relativi
mulini a mano per la macinazione degli smalti; vi era un quartiere alla
periferia del paese chiamato “Borgo dei pignatari”,
detto così per via della concentrazione di queste fornaci, poste lì per
limitare i rischi di incendi. Le ceramiche di Seminara venivano
vendute lungo le vie dei pellegrinaggi e tramite i “pignatari” che si spostavano
di paese in paese per venderle. Nel ‘900 poi rimasero poche famiglie a lavorare
la creta
Ferraro e Condurso,
divennero quelle maggiormente apprezzate, considerate ancora oggi veri e propri
maestri dell’arte ceramica calabrese. Si racconta che la bravura
dell’artigiano Paolo Condurso conquistò persino Pablo Picasso,
che avendolo incontrato durante un’esposizione in Liguria, a Ventimiglia,
disse: “Calabrese
hai le mani d’oro”. Volle comprare alcune sue opere che oggi si
trovano esposte anche in Francia, presso il Museo Antibes. Condurso è
morto nel 2014 e la sua attività a Seminara è ancora viva
attraverso il figlio Gennaro, come accade anche per il
laboratorio di un altro importante ceramista seminarese, Domenico Ditto.
Studiate infine le argille locali i processi di lavorazione, che si caratterizzano soprattutto per il loro
speciale effetto cromatico, che si riscontra difficilmente in altre produzioni
artigianali, col predominio di varie tonalità di verde e di azzurro e di un
particolarissimo giallo-arancio. Il carattere distintivo più antico e costante
della ceramica calabrese è, d’altra parte, costituito dall’adesione alla
tecnica dell’ingobbiatura e del graffito, tipiche proprio della tradizione
bizantina, in particolare di Squillace (Cz) e Seminara, con una
verniciatura ad ossido di piombo, nella quale i tradizionali colori vengono
preparati con le apposite macine.
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!