In Calabria esiste l’arte della “caddara” per preparare la carne del maiale.



di Maria Lombardo


Iniziamo con lo spiegare cos’è la “caddara” è un pentolone panciuto di rame zincato rotondo e in genere con due manici laterali di ferro, un recipiente simbolico in cui cuocere il maiale e non solo! Preparare la “caddara” per cuocere la carne del maiale era un momento conviviale e di preparazione.Quei momenti che allestiscono le condizioni favorevoli capaci di generare relazioni con profonde valenze simboliche e in qualche modo connettive. L’arte di preparare la “caddara” è ormai scomparsa ma un tempo ogni famiglia aveva la sua esperienza serviva metodo e molta maestria. La carne andava disposta per successione poiché era un bene per la famiglia  quindi occorre rispettare i differenti tempi di cottura e di calore, così come l’esatta quantità di sale e soprattutto come rimestare con “a’ cucchiaruna, quel grande cucchiaio di legno che serviva a queste cose. Inoltre in alcune zone calabresi c’è una figura specializzata proprio per fare la “caddara” e va dove la chiamano. Possiamo dire che spesso a fare il recipiente era ed è una donna che prepara prima il fuoco poi pone il fornello o il vecchio “tripodi” ossia il trepiedi ed adagia la caddara con l’acqua, poi i pezzi di carne di maiale come la coda, la cotenna, le gambe, la lingua, il muso, le orecchie, la pancia, le zampe e di seguito di tanto in tanto sale quanto basta. Sono le frittole. Così, tra una rimestata e l’altra, il maiale cuoce a fuoco lento per 5 o 6 ore e anche più. Quando si fa la caddara le donne sono impegnatissime in cucina, l’uomo invita amici e parenti, e i parenti e gli amici al tavolo bevono un bicchiere di vino e magari stuzzicano un buon formaggio, assieme a peperoni sott’olio, verdure di stagione, olive o fagioli “nta pignatta, e poi le frittole e le ossa servite calde e fumanti. Si scelgono i primi giorni di gennaio per fare questo lavoro così ci sono ancora gli emigrati che mai possono perdersi questo rito arcaico. 

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