LA LEGGENDA DELLA ROCCIA DI "GIULIA SCHIAVA"
di Maria Lombardo
Il mio interesse per la Calabria per tutto
quello che ruota intorno a questa terra non si esaurisce mai ! L'interesse
anche per la cultura orale che vive un periodo di alterazione o cancellaione mi
induce a raccontare per tutti le numerose leggende. Oggi vorrei raccontarvi la
storia di Giulia schiava di un brigante di cui il nome non è dato saperlo.
Ovvero una leggenda che ruota intorno ad una roccia e all’enigma di una scritta
incisa su di essa. Siamo a Caraffa del Bianco in contrada “ Ferrubara” in un
fazzoletto di terra di proprietà di Francesco Minnici che erditò questa
leggenda dal nonno. La leggenda di “Giulia schiava”, quindi, si trasmette
oralmente da diverse generazioni. Anche perché noi calabresi, oltre all’amore
per i racconti, nutriamo pure una singolare attrazione per i briganti. Tutti
ricordavano i ricercatori del tesoro che scavavano notte tempo per riscattarsi
della misera. Giulia uccisa venne seppellita vicino la roccia. Ecco perché da
tempo immemorabile quella è “la roccia di Giulia schiava”. Solo un'anziana del
luogo però conosce a fondo tale storia ecco cosa ricorda: <<Noi andavamo
sempre a raccogliere le olive in quella zona, anche perché lì c’è la nostra
terra. Io dormivo con mia nonna la quale, una notte, ha sognato una donna
bellissima che diceva di essere la schiava dei briganti e di essere stata assassinata
perché il suo spirito sorvegliasse un tesoro. Sempre nel sogno, la donna, che
diceva di chiamarsi Giulia, fece vedere a mia nonna un tinello pieno di
marenghi d’oro sulle quali era posizionata una croce d’argento. “Se tu verrai a
mezzanotte, con la luna piena, su questa roccia - continuò la donna del sogno -
e porterai il tuo bambino, allora spunterà un animale che senza fargli del male
lo lambirà. Dopodiché ti indicherà il punto esatto dove si trova il tesoro”. La
mattina seguente mia nonna raccontò il sogno al marito, che aveva studiato in
un collegio ecclesiastico ed era un uomo colto. Mio nonno si arrabbiò dicendo:
“Non capisci che quella donna ti ha chiesto in sacrificio la vita del bambino?
Non capisci che vuole un altro spirito che custodisca il tesoro al suo posto
per potersi liberare dalla sua condanna eterna?”. La mia povera nonna inorridì;
per nessuna ricchezza al mondo avrebbe barattato la vita del suo bambino. Per
qualche tempo ella sognò ancora quella schiava che, però, non le disse più
nulla. Fintanto, quando si trovava in campagna, non smise di percepire altri
strani segni. Un giorno, ad esempio, vide delle monete per terra, ma non le
raccolse”. Inoltre aggiunge che la nonna dell'anziana donna vide persino
passare una gallina coi pulcini d'oro! Altre persone che aggiungono: “C’è
qualcosa di incomprensibile in quel posto, perché proprio lì gente ingenua e
senza pregiudizi ravvisa da sempre cose assurde? “. L'usura del tempo aveva
ricoperto l'incisione ma la tenacia dei proprietari riuscirono a far rifiorire
la parola Scipio. I caratteri sono alti una decina di centimetri, la lunghezza
è poco più di un metro e, da subito, si distingueva una lettera che somigliava
a una “c”. Potrebbe trattarsi del nominativo latino di Scipione l’Africano, ma
non è facile chiarire il nesso che c’è tra il riferimento ad un condottiero
romano e l’individuazione di un tesoro. Di certo è stato emozionante ritrovare
dei segni che rimandano a un tempo lontano. Bisogna però chiedersi e scoprire
cosa si cela dietro quel nome e sopratutto ricordare che non fummo solo Magna
Grecia.
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