Meraviglie di Calabria: l'acqua ferrosa di Pizzo alla funtana Garibaldi.... quando anche l'acqua cittadina era fonte di guadagno!







di Maria Lombardo



 Ci fu un tempo nella nostra Regione in cui quasi ogni cosa veniva commerciata per sbarcare il lunario. Sicuramente erano tempi difficili e ragion per cui si cercava di adoperarsi in ogni modo possibile. La storia che andrò a narrare oggi riguarda il borgo Napitino nota meta turistica della Costa degli Dei ma che probabilmente sarà una storia, uguale a molte altre nella storia dei borghi calabresi. Indubbiamente il mio compito qui è quello di raccogliere il più possibile la memoria storica della Calabria al fine di valorizzarla. Per questo motivo ogni cosa è degna di racconto e ricerca. Nel cuore di Pizzo Calabro è ubicata una fontana di acqua molto particolare conoscono queste informazioni i napitini e probabilmente tutti gli extraurbani del comprensorio di Pizzo. Sto parlando di "Fontana vecchia" - È un simbolo per la città di Pizzo. Sicuramente uno dei tanti simboli di storia e cultura di cui si fregia la città Murattiana. La storia mi insegna che la Calabria fu ed è terra ricca di acque anche terapeutiche e «Fundanavècchja» era una di quelle. Essa purtroppo è l'una fonte di acqua potabile nel Centro Storico che è rimasta ancora attiva, nonostante che un tempo Pizzo fosse ricchissima di sorgenti. Infatti Ilario Tranquillo cita la presenza di circa ottanta sorgenti esistenti ai suoi giorni (1725), di cui cinquanta ad oriente ed altre trenta ad occidente. La caratteristica di questa acqua ferrosa è meta turistica per la sua posizione centrale, ma soprattutto per la freschezza e l'originalità delle sue acque ferruginose, che risultano essere anche adatte a curare varie infermità. Dagli studi compiuti sulla cronaca di questo pezzo di storia, rinvengo che già era esistente nel 1571 per come testimonia Gabriele Barrio di Francica: «...c'è a Pizzo un'acqua ferruginosa che tuttavia può essere bevuta». Effettivamente è una peculiarità questo genere di acqua . Le fonti storiche però mi portano alla storia Risorgimentale quando nel '60 Garibaldi si fermò coi suoi a dissetarsi e subito dopo nel 1866 l'antico nome di Funtana vecchjia passa in fontana Garibaldi con annessa stele commemorativa. Preme però dare spiegazioni al lettore su questa acqua particolare che sulle note storiche- l'itinerario calabrese ai fini turistici e conoscitivi è sempre ben accetto!.Inoltre anche oggi questa fonte è bene attiva e copiosa, nonostante qualche danno causato dalle speculazione edilizie operate nei meravigliosi orti che sorgevano nella zona alta a monte di San Sebastiano e di Via Nazionale. Acqua talmente ferrosa che sgorga del colore del ferro che meraviglia vederla! Anche il suo singolare sapore è ferroso, quindi probabilmente poco gradevole per il palato di chi non è abituato a gustarla, ma non per questo essa perde le sue qualità di potabilità e curative.Vale la pena riportare integralmente quanto scrive il Sàvaro, nella traduzione dal latino fatta da Raffaello Molè: «Presso le falde medesime del monte, dentro la cavità di una vallicciuola, scaturisce una sorgente di acque ferrata, ma vantaggiosamente usata sia dai cittadini che dai suburbani. Appena attinta ha sapore ferroso, ma lasciata in riposo perde ogni sapore e si rende graditissima al gusto. È di grande efficacia se si dà agli ipocondriaci e agli ammalati di milza. Divulgata la virtù di questa acqua dalla diuturna esperienza di chiari medici, molti si studiano di importarla altrove, con l'intento di darla in uso di pozione in si fatte malattie. Mescolata col vino, non perde le sue qualità e, così, bevuta, abbiamo imparato a curare l'ascite agli idropici». Tuttavia sono queste le notizie di una bella Calabria che sono degne di essere divulgate, non bisogna mai lasciare nulla di scontato quando si ama un territorio. Continuo ad indagare oggi nelle vesti di cronista cerco di capire i fini terapeutici di questo tipo di acqua, la popolazione è alquanto stranita di questo mio interessamento, ed ecco che mi dicono che quest'acqua, un tempo, veniva anche esportata, arrecando non pochi vantaggi economici alle popolazioni pizzitane, essendo medicamentosa per l'ascite, le malattie della milza, del fegato, nei casi di mancanza di ferro nel sangue e nelle crisi depressive.

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