Quando i templi greci erano a colori…anche in Calabria.



di Maria Lombardo



Siamo a Monasterace Marina dove era collocata l'antica Kaulon, una delle più belle e potenti polis Magno Greche oggi incuria e scarsa protezione stanno distruggendo questo gioiello. La città sorse nell' VIII secolo inutile ribadire che le origini si perdono tra mito e verità, c’è chi la vuole fondata da Klete, la nutrice di Pentesilea, regina delle Amazzoni uccisa da Achille, chi da suo figlio Kaulon, chi invece la considera solo una sub colonia di Crotone. Nel volume Notizie degli scavi di antichi (1922) appartenente agli Atti della Regia Accademia dei Lincei, insieme a tre disegni di Rosario Carta tratti invece dal “Caulonia. IIa Memoria”, propongo uno stralcio del testo pubblicato da Paolo Orsi, in cui dice che un tempo in cui i templi greci non avevano il pallore del marmo e la scabra superficie della terracotta a cui ci ha abituati l’azione abrasiva dei millenni, ma gli sgargianti colori ottenuti col cinabro, l’ocra o il solfuro di mercurio, solo per citare alcuni dei pigmenti utilizzati. Di questi colori abbiamo poche e preziose testimonianze. Fu proprio nel 1916 che l'Orsi rinvenne una buca ricolma di terrecotte provenienti da templi. Sono stati riconosciuti i rivestimenti fittili di almeno cinque diversi tetti, che si collocano fra il 550-525 a.C. e il 475-450 a.C. Così canta l'Orsi nell'opera citata in calce:”Dopo la mia grande pubblicazione su Caulonia, la quale ha definita la controversia sull’ubicazione della città, nella primavera del 1916 l’ispettore onor. marchese A. Lucifero richiamava la mia attenzione sopra una casuale scoperta avvenuta a mezzodì della città sul colle denominato Tersenale o Passoliera, piantando un vigneto. È merito del sullodato ispettore di aver messo in salvo, col tempestivo intervento suo e della Soprintendenza, un Complesso di terrecotte architettoniche, che io non esito a proclamare il più bello e sontuoso di quanti ci ha dato la Calabria e che rivaleggia colle superbe sime fittili di Metaponto, illustrate dal De Petra ed ora al Museo di Potenza”. L'archeologo aveva appena fatto appurare agli archeologi come i Magno Greci amavano abbellire e colorare i luoghi sacri. Tuttavia annota ancora:” Sulla collina di Tersenale, dove avvennero le prime scoperte, si condusse nel maggio 1916 una breve campagna, diretta a stabilire se vi fossero colà le tracce del tempietto o santuario, a cui le terrecotte dovettero appartenere ; ma quel colle da circa due secoli era stato messo sottosopra da lavori agricoli, ed ogni avanzo lapideo venne smantellato ed asportato, dato che nel sottostante villaggio di Monasterace Marina manca assolutamente la pietra, avidamente cercata ovunque. Per due settimane la cresta della collina venne sondata in tutti i sensi ma invano. Si segnalarono soltanto debolissime tracce di rozze fondazioni e qualche rara pietra modanata “. Quello che Paolo scoprì era un deposito di merce non più usata e quindi celata alla vista. La serie più cospicua, così per bellezza come per numero, delle placche ripetute, è data dalla sima grondaja dei lati lunghi con grandi maschere leonine a mezzotondo, e dalla corrispondente sima rampante dei frontoni senza maschere, ma come la prima adorna di palmette e fior di loto a colore; sotto una cornice a meandro, foglie ed astragali. Dimensione dei pezzi a gronde cm. 53 x 30. Di una seconda cimasa molto più bassa con palmette e fior di loto a rilievi colorati e con fori per lo scorrimento delle acque del tetto si ebbero pure campioni numerosi e bellissimi. Uno spettacolo per gli occhi oggi visibili al Museo Archeologico di Reggio Calabria. Ma la superba bellezza delle terrecotte ricuperate ci compensa in qualche guisa della completa distruzione di esso. Tale materiale è ben meritevole di una speciale pubblicazione nei Monumenti Antichi dei Lincei, ampiamente corredata di tavole.” Conclude così l'archeologo trentino.


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