La pastorizia sul Monte Poro (VV): la civiltà contadina calabrese tra Zungri, Zaccanopoli e Zambrone.
di Maria Lombardo
Zaccanopoli un paesino di
1000 abitanti festeggia la sagra della pecora che trae origine dall’antica
tradizione casearia praticata nel borgo. In passato,
infatti, il piccolo borgo di Zaccanopoli era conosciuto sia in Italia che
all'estero per la bontà del suo formaggio e per la squisitezza della carne di
pecora, con Zaccanopoli erano rinomate per tale motivo anche Zungri e Zambrone.
Esportavano formaggi e prodotti caseari fino in Francia e Spagna, noti ed apprezzati in tutto il Regno di
Napoli. "Zaccanopoli" vuol dire proprio "Paese delle
Pecore". “Zaccanos” è il recinto, l'ovile, e la popolazione era
specializzata nella produzione del formaggio come detto in calce. In questi
paesi citati nel titolo i primi insediamenti risalgono, come si evince dal nome,
al tempo dei Greci così come la tradizione del formaggio. Si dice che
Zaccanopoli, Zungri e Zambrone, nomi che iniziano tutti con la “Z”, siano
derivati da dei fuggiaschi di una cittadina di origine Greca, “Aramoni”, che si
stanziarono alle pendici del Monte Poro. Secondo alcuni sembra che proprio tali
abitanti fondarono i tre centri, secondo altri i fuggiaschi si insediarono nei
tre villaggi preesistenti. Non abbiamo però dati certi e non si sa quanto di
storico e di leggendario ci sia nel racconto. Abbiamo notizie certe invece
sulla produzione del buonissimo pecorino del Poro, reso particolarmente
delizioso dalla grande biodiversità di
erbe. La prima attestazione scritta della produzione di un formaggio in
queste zone infatti risale al Cinquecento, quando il sacerdote Gabriele Barrio
in un suo trattato parla di un buon "cascio" apprezzato in tutta
Italia. Ancora oggi, con il latte di pecore di
razza comisana, sarda e in alcuni casi di “malvizza” (una popolazione ovina
autoctona poco produttiva e di difficile gestione ma che dà un latte di
eccellente qualità), allevate allo stato brado per buona parte dell’anno, si
producono da novembre a maggio eccellenti pecorini. Per produrlo si usano
ancora metodi ancestrali e tradizionali ed i produttori sono meno di dieci unità, si
fa coagulare il latte ovino (con eventuali aggiunte di latte caprino) con
caglio di capretto o agnello. Si rompe finemente la pasta e si pone nelle
fiscelle senza cottura, pressando le forme energicamente con le mani. Dopo aver
spurgato le forme dal siero si salano e si stufano. La salatura è sempre a
secco e impiega sale marino. A questo punto il formaggio va in stagionatura e
si tratta la crosta con olio di oliva e peperoncino, il che
conferisce alla superficie una caratteristica coloritura aranciata. Il peso
delle forme varia da 1,2 a 2,5 chilogrammi. Si consuma già a partire da tre
mesi di stagionatura, ma sviluppa al meglio le sue caratteristiche nelle medie
stagionature (cinque o sei mesi) e fino a un anno. Al taglio è leggermente
occhiato, granuloso e di un colore che va dal bianco latte al bianco eburneo.
La pasta molto grassa grazie al trattamento che il pecorino subisce
in crosta assume caratteristiche aromatiche particolari: in certi casi si
sentono la menta, il fiore selvatico e il sottobosco; in altre, il fieno secco
a cui si aggiunge spesso anche un sentore animale. In bocca è pastoso,
piacevolmente nocciolato, con un finale più o meno piccante.
Grazie molto informativo
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