L’ alluvione del Reggino del secolo scorso: 12-18 ottobre 1951



di Maria Lombardo


Nell'ottobre del 1951 il basso Jonio fu interessato da un grandissimo evento alluvionale di catastrofiche alluvioni che mai colpirono la Calabria con tanta forza provocando morte e distruzione. Sono bastate 100 ore di piogge con 1770 mm di pioggia, una quantità superiore alle medie annuali. La quantità di acqua caduta risulta essere elevata con conseguenze disastrose per i territori compresi fra l’Aspromonte e la Serra di San Bruno. Bombe d’acqua che hanno colpito 67 comuni, in particolare Nardodipace, Africo, Canolo, Careri e Platì, provocando il crollo di 1700 abitazioni e facendo restare 4500 persone senza un tetto sulla testa. Fu l’apocalisse i torrenti scesero a valle ingrossati trascinando tutto, notevoli le frane e gli smottamenti da Reggio Calabria fino a Catanzaro . Le comunicazioni stradali e telegrafiche saranno interrotte in oltre quindici località. La linea ferroviaria tra Soverato e Reggio Calabria fu interrotta in 22 punti, la strada litoranea jonica (l’attuale S.S. 106) interrotta in più punti per la distruzione di diversi ponti; i comuni isolati furono diverse decine. Nei centri costieri i collegamenti furono possibili solo via mare. Collassa l’economia locale, agrumeti e coltivazioni sono distrutti, centinaia di famiglie di braccianti e mezzadri rimangono senza lavoro. Dal bilancio ufficiale del governo le vittime in tutta la Calabria assommarono ad una settantina, solo a Platì, morirono 17 persone. Per la sola provincia di Reggio Calabria i danni ammontarono a 30 miliardi di lire. Quattromilacinquecento senzatetto, millesettecento abitazioni crollate o rese inabitabili, sessantasette comuni colpiti. Tra le infrastrutture danneggiate, ventisei ponti crollati e settantasette acquedotti lesionati. Giornate drammatiche ma quella del 16 ottobre rimarrà alla storia le precipitazioni aumentarono, a Santa Cristina d'Aspromonte, si registrano più di 535 millimetri d'acqua in sole ventiquattro ore. Anche nei giorni a seguire la quantità di acqua caduta risultò essere elevata con conseguenze disastrose per i territori compresi fra l'Aspromonte e la Serra di San Bruno. Qui, infatti, molti torrenti tracimano nello scendere a valle, inondando vari centri del litorale ionico e dell'entroterra, da Reggio Calabria a Catanzaro. Protetto dall'evento il versante tirrenico, sottovento a questa particolare configurazione barica. Le comunicazioni stradali e telegrafiche saranno interrotte in oltre quindici località, mentre per i vari centri situati sulla fascia costiera, il collegamento potrà avvenire solo via mare. Agrumeti e coltivazioni di cotone sono distrutti: collassa l'economia locale, mentre centinaia di famiglie di braccianti e mezzadri perdono i propri posti di lavoro. Il bilancio fu terribile oltre 70 vittime, 4500 senzatetto, quasi 1700 abitazioni crollate o rese inabitabili, sessantasette comuni colpiti. Tra le infrastrutture danneggiate, senza voler contare le innumerevoli interruzioni stradali, si segnaleranno ventisei ponti crollati e settantasette acquedotti lesionati. Solo nel Reggino i danni furono di 30 miliardi! Il 19 ottobre 1951 le popolazioni di Calabria, Sicilia e Sardegna riuscirono finalmente a tirare un sospiro di sollievo, dopo cinque giorni di pioggia costante, ma lo scenario apocalittico che gli si presentava davanti agli occhi era dei peggiori: ben 70 morti in totale e danni incalcolabili a strade, infrastrutture e interi centri abitati. Molti centri dichiarati non agibili, a causa del devastante dissesto idrogeologico, seguito alle consistenti precipitazioni. Tra questi, degna di nota, è la situazione verificatasi ad Africo, in provincia di Reggio Calabria: il paese, insieme al vicino Casalnuovo, subirono ingenti danni materiali a causa dei quali vennero dichiarati inagibili ed entrambi furono evacuati. La popolazione trovò inizialmente alloggio nelle scuole elementari di Bova, poi fu trasferita a Gambarie e da lì distribuita in altri comuni della provincia. A Reggio Calabria, in contrada Lazzaretto di Condera, vennero create delle baracche di legno dove si stabilirono circa 1000 alluvionati, che rimasero lì fino ai primi anni ’60. Dal 1962 in poi, infatti, la popolazione dei due paesi venne fatta confluire in un nuovo centro abitato, Africo Nuovo, creato ad hoc nei pressi del comune di Bianco.

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