La buonanima del Signor Fabiani ... morte del Re di Napoli.

Di Maria Lombardo


Era Francesco II° di Borbone, Re del Regno delle due Sicilie, ma possiamo chiamarlo la buonanima del Signor Fabiani, come si fece chiamare da esule. Si vocifera di un prossimo avvio della sua causa di beatificazione ed io vi parlerò della sua morte, per quel poco che se ne può dire nel rispetto della sua volontà di rimanere nell’incognito. Se lo propongono agli onori degli altari vuol dire che da uomo normale valse molto, più che da re delle Due Sicilie per quanto, in quella veste cercò solo di far del bene al popolo che, in fondo, lo amava. Ammalatosi di diabete, sin dal 1876 aveva cominciato a frequentare Arco, una stazione termale nei pressi di Trento che, allora, faceva parte dell’impero austriaco. Là si fece conoscere come il “signor Fabiani”, anche se qualcuno lo identificava come il Duca di Castro perchè era ospitato nella villa dell’Arciduca Alberto d’Austria. Lontano dalla sua terra e dai suoi affetti più cari , trascorse gli ultimi anni della sua vita in triste solitudine, memore di essere stato l’ultimo Re di una dinastia che aveva regnato per 126 anni sul trono di Napoli. La sorte gli aveva riservato compiti indubbiamente più grandi delle sue forze ma, tuttavia nei momenti decisivi, li affrontò al meglio che potè, con problemi seri sofferti con umana dignità. Nei lunghi anni d’esilio avevo costantemente seguito le vicende della sua patria, senza mai perdere la speranza di ritornare tra quei fedeli compagni d’arme il cui ricordo lo portava nel cuore dall’ultimo mesto saluto sugli spalti della Fortezza di Gaeta. Lo consolava la fede cristiana, che lo induceva ad un contegno molto riservato, tanto che raramente si facevo notare tranne che per la frequenza alla messa e devozione alla Chiesa. Quasi suo unico compagno era l’Arciduca Alberto, e qualche volta suo cognato l’Arciduca Carlo Salvatore. Le sue ultime giornate le aveva trascorse compiendo qualche passeggiata nei dintorni della cittadina, scambiando qualche battuta con la gente del luogo, che commentava la sua svelta camminatura lungo il viale delle Magnolie, per giungere puntuale alle sacre funzioni mescolandosi ai semplici contadini. Nell’autunno del 1894, sii recò, di nuovo, ad Arco per le consuete cure . Ma, approssimandosi le festività natalizie, le sue condizioni di salute si aggravarono improvvisamente. E dopo una breve malattia, Il 26 dicembre, dopo la celebrazione della Messa, gli furono amministrati il Viatico e l’Estrema Unzione. Confortato anche dalla benedizione del Sommo Pontefice, si spensi serenamente nel pomeriggio del 27 dicembre 1894 alle ore 14,34.Così,la sua vita terrena si concludeva a soli 58 anni di età. Al momento del trapasso, gli erano accanto la moglie ,Maria Sofia, che lo aveva raggiunto nell’imminenza del Natale, il fratello Alfonso, Conte di Caserta, l’Arciduchessa Maria e gli Arciduchi Alberto, Ranieri ed Ernesto. I suoi funerali si svolsero il 5 gennaio 1895 alla presenza dei principi reali e di quasi tutti i rappresentanti dell’aristocrazia internazionale del tempo, e celebrati dall’Arcivescovo di Trento. Verso le 3 pomeridiane la sua salma, vestita con abiti civili su cui spiccavano le decorazioni e fra queste la medaglia al valore militare per la difesa di Gaeta, restò esposta nella camera ardente fino alla sera del 29 dicembre. Poi fu deposta nella Cripta del duomo di Arco, in quei giorni sollecitamente preparata alla presenza di molti Signori e Principi del Regno delle Due Sicilie. Le resero gli onori due battaglioni di Cacciatori austriaci, mentre dal Monte Brione spararono i cannoni di un’intera batteria. Nello stesso giorno, anche a Napoli fu celebrata una solenne funzione religiosa, in sua memoria, alla presenza di tutti i nobili riuniti, dei Cavalieri dell’Ordine di San Gennaro e dell’Ordine di Malta. Napoli apprese la notizia della morte sua dalle colonne de Il Mattino. Matilde Serao scrisse in prima pagina un articolo dal titolo « Il Re di Napoli », in cui fra l’altro diceva: Napoli apprese la notizia della mia morte dalle colonne de Il Mattino. Matilde Serao scrisse in prima pagina un articolo dal titolo « Il Re di Napoli », in cui fra l’altro lo definiva un Galantuomo, ma lui, come forse avrebbe preferito essere definito un Brigante come tanti di quelli che difesero la dinastia dei Borbone. Come stinco di santo ,forse farà più chiasso da morto di quanto non ne fece da vivo e per un re, far chiasso in una repubblica, si può dire che è il colmo! 

Commenti

  1. Troppo "galantuomo" per quegli approfittatori dei savoia

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  2. Fu isolato dal resto del mondo, fu tradito e abbandonato da tutti.
    Seppe farsi onore assieme alla sua eroica consorte opponendo una strenua resistenza nella fortezza di Gaeta. Credo che la storia dovrebbero dare giustizia a questo RE che ebbe la sola colpa di essere troppo giovane e inesperto per affrontare gli avvenimenti che stavano per travolgere il suo Regno

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