La Ruota degli Esposti... aiutò molte donne calabresi
di Maria Lombardo
Nei primi anni del 1800, una povera e
sconosciuta madre, abbandonava la sua piccola creatura, venuta alla luce poche
ore prima. L’abbandono avveniva di solito verso le ore cinque del mattino, in
un campo di grano poco lontano dal villaggio o in un luogo appartato nascosto
alla vista dei passanti. La donna, posava il
vivo fardello posto in un cesto a
mo’ di culla, dava l’ultimo bacio, prendeva il santino tagliato a metà lo
baciava e poi una parte se la deponeva in petto e con le lacrime a gli occhi e
la morte nel cuore poneva l’altra parte del ”Segnale” tra i pochi indumenti
variopinti di lana o di cotone in cui la
sua creaturina era avvolta per rispettare la tradizione che proibiva di far
uscire di casa i neonati non ancora battezzati. Quindi, facendo attenzione a
non essere vista raggiungeva luogo
ancora deserto per poi far finta di tornare a casa dalla campagna Rientrata,
tirava fuori la metà del “Segnale”e lo guardava a lungo,in silenzio. Quella
figurina , in genere un santino
rappresentante un angelo che, in un paesaggio paradisiaco custodiva un bambino,
testimoniava l’abbandono ma anche la speranza di poter riconoscere un giorno
lontano il frutto del suo grembo. Poi
deponeva il santino ben nascosto tra lre sue cose intimer. Se qualcuno
chiedeva notrizie diceva che la sua creatura era ospite di una lontana parente
che si sarebbe presa miglior cura di
lei. Poco più tardi, magari un contadino passando trovava il fagottino sentendo
il pianto. Subito lo prendeva in braccio e lo portava velocemente alla casa
della "pia ricevitrice". Apriva la finestrella della
“Scafetta”,posizionava il neonato nello
scivolo e lo spingeva dolcemente dentro.
Quindi tirava la “cordella” e faceva suonare l’apposita “campanella”. Appariva
la donna di turno alla quale spiegava in poche parole dove quando e come aveva
scoperto il trovatello. La pia donna presto si preoccupava di dargli le rime
cure. Il giorno seguente, avvertìva il sindaco, che dava disposizioni agli
ufficiali di stato civile del Comune, affinché il proietto venisse visitato dal
medico condotto, per poter accertare il suo stato di salute, per essere poi registrata e come ‘figlio di
ignoti’ e con il nome scritto sulla “Cartula”, il biglietto identificativo che
ispirandosi al santino tagliato, avrebbe riportati il suo nome e cognome
legale. Nello stesso tempo avvisava il parroco che avrebbe provveduto a
battezzarlo e a iscriverlo nell’apposito registro con la nota che faceva capire
che era figlio di nessuno. L’impiegato
dell’anagrafe, venuto a conoscenza delle
circostanze del ritrovamento inventava il nome e cognome. Mettiamo che era
stato ritrovato in un campo di grano si sarebbe chiamato Angelo Spiga .Lo
stesso giorno ,o quello successivo il
parroco gli impartìva il battesimo imponendo il nome scelto e scritto sulla cartula e poi lo iscriveva come
già detto nel registro dei battezzati. Con la certificazione del battesimo
l’impiegato compilava il foglio coi suoi dati nel ‘libro dei proietti’, come da
prassi . Successivamente il neonato ormai esposto, cioè conosciuto
ufficialmente, veniva consegnato alle amorevoli cure di una balia che fornita
di un libretto con ascritto un piccolo sussidio, si rendeva disponibile ad
allattarlo. Dopo lo svezzamento, il piccolo era
affidata per i primi cinque anni ad una buona famiglia che magari ne
aveva fatto richiesta o che aveva esaudito le richieste del parroco o di
qualche altro religioso di compiere un atto di carità cristiana o di solidale
liberalità. Poi per meglio garantire
l’anonimato dei genitori e dei trovatelli stessi fu istituita La “Ruota “degli
esposti, detta anche degli innocenti, o semplicemente Rota in forma dialettale.
Era un meccanismo girevole di forma cilindrica, di solito costruito in legno,
diviso in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una parte verso
l'interno ed un'altra verso l'esterno che, combaciando con una apertura su un
muro, permettevano di collocare, senza essere visti dall'interno, gli esposti,
ossia i neonati abbandonati. Facendo girare la ruota, la parte con l'infante
veniva immessa nell'interno dove, aperto lo sportello, la donna di turno alla
guardia della ruota poteva prendere il neonato per dargli le prime cure. Spesso
vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire che era avvenuto un
deposito, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere,
dove introdurre eventuali offerte in denaro o piccoli oggetti preziosi per contribuire
alla cura degli esposti stessi. Per un'eventuale successivo riconoscimento da
parte di chi l'aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano
inseriti nella ruota assieme al neonato, documenti o altri segni distintivi
come santini tagliati a metà poiché l’altra parte rimaneva a chi l’aveva
abbandonato per un eventuale successivo riconoscimento. Chi gestiva la ruota
provvedeva, in genere, a stipendiare una o più nutrici che allattavano i
neonati e procuravano loro quel minimo di purificazione necessaria per farli
battezzare. Finito l’allattamento, i bambini erano accolti nell’annesso
brefotrofio, dove ricevevano un’educazione adeguata ed i mezzi per sopravvivere
decentemente fino a circa sette anni età in cui di solito venivano affidati a
famiglie disposte ad allevarli come meglio si poteva. Per quelli che non
trovavano una degna collocazione evidentemente, venivano mandati a bottega per
imparare un mestiere ed essere in grado, in breve tempo, a provvedere e a se
stessi. Poteva anche capitare che, su sulla tomba di una persona morta essendo
stata affidata alla ruota o al brefotrofio vi fosse apposta un’epigrafe, spesso
scritta in latino, che ricordava quella triste sorte toccatagli alla nascita o
poco dopo.. Le prime "Ruote" comparirono nelle nostre zone attorno al
1200,probabilmente con l’istituzione dei monasteri i cui monaci si occupavano
dei poveri e dei derelitti. Non tutte le donne che esponevano il figlio,
rinunciavano definitivamente a riaverlo: tra le fasce molte volte era inserita
la scheda, ovvero un segno di riconoscimento, che poteva essere la metà di una
medaglia o un particolare indumento; erano numerosi anche i casi di affidamento
esplicito ad orfanotrofi, ma più frequente era l’abbandono vero e proprio,
senza segni di riconoscimento, quasi ad attestare una precisa volontà di
rifiuto, riflesso di un malinteso senso di colpa o conseguenza di un radicale
stato disperazione. Il fenomeno delle nascite di illegittimi e del conseguente
abbandono dei nati era molto diffuso nei paesi e nelle campagne. I reggitori
delle Universita’,cioè dei Comuni, e i parroci facevano del loro meglio per
fronteggiarlo. Ma l’ambiente, le convenzioni sociali, i pregiudizi, le credenze
popolari rappresentino una resistenza notevole alla soluzione del problema. Le
scomuniche dei vescovi, poi, non rappresentano davvero un deterrente per
limitare gli abbandoni di neonati non desiderati, soprattutto se neonate. Il
capitolo degli esposti in generale rientrava nella storia più vasta della
condizione della donna di quel tempo, considerata meno importante del maschio.
Essa era perciò allevata in modo diverso e, se sopravviveva alle ristrettezze,
era destinata a occupare un ruolo subalterno e veniva esclusa con la sua
discendenza dall’eredità che spettava al primogenito, o comunque, al maschio. A
tale destino non potevano sottrarsi soprattutto le bambine nate da donne delle
classi più povere o dalle meretrici che venivano svezzate prima e nutrite male
a vantaggio dei fratelli maschi e ciò spiega anche il maggiore coefficiente di
mortalità di bimbe di età di uno o due anni. Era difficile che la donna potesse
ribellarsi alla propria condizione che spesso era di schiavitù vera e propria.
Leggi e usanze locali erano contro di essa. Per tanto, quando sorgeva un qualche
impedimento allo svolgersi sereno della maternità molte donne, specie se
lasciate sole, abbandonavano la loro creatura il più delle volte con gran
dispiacere. Ai trovatelli, secondo l’uso del tempo, venivano imposti i classici
cognomi: ad esempio Esposito, Ritrovato, Donato, Ventura, o cognomi di uomini
illustri, nomi di città o fantasiosi e dissacranti, e nome strani o inusuali
come Onorio, Romualdo, Astrea o Scolastica, partoriti dalla mente dei
funzionari dell’anagrafe che, a volte, si divertivano pure sulle disgrazie
della povera gente. Non in tutti i borghi esisteva, però la cosiddetta Ruota ed
in quei casi i ritrovamenti di illegittimi abbandonati si verificavano dinnanzi
le porte dei luoghi sacri , al trappeto del Marchese o al mulino barone ; oppure
dinnanzi alla porta di casa di un’ ostetrica provata o di una levatrice del
popolo. Posti insomma dove il neonato poteva essere facilmente ritrovato e
accudito. Le note relative a gli illegittimi e abbandonati erano trascritte dal
parroco nel Libro dei battezzati. Il sacerdote del tempo, infatti, annotava con
puntigliosa precisione, secondo le norme canoniche, tali nascite particolari
che in media si aggiravano sui 250 all’anno. Nei borghi dove non esisteva la
cosiddetta Ruota i ritrovamenti avvenivano oltre che nei posti sopracitati
anche sulla porta di casa di…-La presenza degli esposti era poi comprovata
anche dalle delibere assunte dal Consiglio Comunale del luogo per il pagamento
delle nutrici comunali che avevano l’obbligo di allattare quei poveri trovatelli.
Anche nel caso dei cosiddetti “innocenti” illegittimi, abbandonati e ritrovati si
imponevano loro nomi e cognomi strani o fuori dalla tradizione locale del tipo:
Omiria Raganelli , per le donne e Fortunato Rondinelli, per gli uomini. In
seguito, con l'annessione al Regno Italico (1806-1815) del Regno di Napoli ad
opera dei francesi di Napoleone la "Ruota dei Proietti" venne
ufficialmente istituita anche nei comuni dell'Italia Meridionale per la tutela
pubblica dell'infanzia abbandonata. I sindaci provvedevano a stipendiare delle
nutrici che allevavano anche più bambini finche era loro possibile. La completa
abolizione delle "ruote" degli esposti, avvenne nel 1923 con il
Regolamento Generale per il servizio d'assistenza agli Esposti" emanato
dal primo governo Mussolini. In seguito con l’istituzione degli asili e dei
presidi sanitari accoglienza ed il riconoscimento dei trovatelli fu più
semplice e rispettosa della dignità umana.
Grazie Maria per le informazioni che hai dato, molto utili per capire tali avvenimenti. Sto indagando sull'abbandono di un bimbo che potrebbe rivelarsi molto interessante.
RispondiEliminaGrazie Maria per le informazioni che hai dato, molto utili per capire tali avvenimenti. Sto indagando sull'abbandono di un bimbo che potrebbe rivelarsi molto interessante.
RispondiEliminasono felicissima di fornire notizie utili.
RispondiEliminaAvrei bisogno di sapere dove era la ruota degli esposti a Reggio Calabria nel 1870
RispondiEliminaEn Siderno Marina habia una
RispondiEliminaSalve Maria. Molto interessante l 'articolo . Sto indagando su di una persona nata nel 1885 a Cosenza sui cui documenti per esempio la sua Lista di Leva ed l Atto di nascita non compaiono i.nomi dei genitori.
RispondiEliminaMi viene il dubbio che possa essere un esposto.