Il Tesoretto rubato di Chiaravalle (Cz)
di Maria Lombardo
Il fatto accadde circa
320 anni fa e anche se molto serio, per alcuni aspetti rasentava quasi il
ridicolo. A quel tempo,infatti,anche la Chiesa della Terra di Chiaravalle, non
era tenuta a pagare le Gabelle, cioè le tasse, né di fare la Rivela dei beni
posseduti, ossia la dichiarazione dei redditi poiché, almeno ufficialmente, era
considerata un ente caritativo, non a scopo di lucro e, quindi, non dedita al
commercio attivo. A prova ,per tali esenzioni, la Comuneria dei Preti accampava
la ragione che non poteva lasciare eredità ai singoli in quanto vi era la
continuità del servizio in comune. In realtà le cose stavano un tantino diversamente.
In effetti, percependo bei soldoni dai censi delle terre concesse in fitto,
dagli interessi posti sui prestiti di denaro, dai lasciti dei parrocchiani, dai
patronati dei signori, dai pesi di messe, matrimoni e funerali, ed altre
redditizie attività come la vendita di immobili non utili, incassava,
annualmente, un bel gruzzolo. Di gran parte di esso doveva però rendere conto
all’apposita Deputazione del Tesoro della Curia Diocesana, che avvertiva
tempestivamente il Vescovo. L’Arciprete, anche a nome della citata Comuneria
dei Preti, dichiarò un introito di 400 Scudi…Un piccolo tesoro per quei tempi
duri per una popolazione che, allora, era di circa 700 anime, in maggioranza
molto povere. Il Vescovo di allora, al quale i briganti avevano da poco rubato
100 scudi dalla Cassa del Deposito, appena appurò della consistente somma,
ordinò che la cassetta contenente i 400 scudi fosse subito trasferita a
Squillace nel Monastero di Tutti i Santi dove sarebbe stata al sicuro, ben
custodita dalle monache che là vivevano. E, così, lesta, una carrozza, cercando
di non destare troppi sospetti, trasportò il prezioso carico nella città
diocesana, nel luogo indicato dal vescovo. Il Tesoretto della curata
chiaravallese venne accuratamente nascosto in una delle stanze più interne del
Monastero. Ma il provvedimento non servì a granché… Poche ore dopo i ladri si
portarono via la cassetta col suo contenuto e con di più il frutto del furto
già perpetrato si ritrovarono con 500 scudi. Bel colpo! Pur ammettendo che
fossero almeno in tre, erano circa 167 scudi per ognuno…Una bella sommetta per
quei tempi! Le suore clarisse del Monastero, certo ricevettero un severo
rimprovero dal Vescovo per essere state disattente nella custodia del prezioso
tesoretto; ma forse esse non ne avevano colpa poiché, probabilmente, il furto
avvenne di notte e di sicuro in conseguenza della soffiata di qualcuno bene
informato dell’arrivo al monastero della carrozza carica di soldi. Ed i
sacerdoti chiaravallesi per qualche tempo si videro costretti ad accumulare
solo tesori celesti. Ma, anche se rimasti poveri in canna, onorarono comunque i
loro doveri morali. Dissero gratis le messe per le anime del purgatorio già
pagate dai fedeli e nulla pretesero da affittuari o debitori prima delle
scadenze usuali. E per diversi mesi vissero di elemosine di amici e parenti e
di offerte da chi poteva. E se, come sacerdoti ciò era una cosa normale, viene
da pensare che più di uno d’essi, compreso pure l’arciprete, in cuor suo se la
prendeva col vescovo che l’aveva privato delle sue spettanze. Supponendo che ci
fossero nella comuneria otto preti una cinquantina di scudi per ognuno
avrebbero fatto certamente comodo.Altro che briganti
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