La Contessa di Castiglione la "femme fatal" del Risorgimento
di Maria Lombardo
OLDOINI, Virginia, detta la contessa di Castiglione,nacque a
Firenze il 22 marzo1837 dal marchese Filippo, diplomatico di origini spezzine,
e da Isabella Lamporecchi, figlia del giureconsulto fiorentino Ranieri. Fu
battezzata il giorno successivo presso l’oratorio di S. Giovanni, nel quartiere
di S. Lorenzo, con i nomi Virginia, Elisabetta, Luisa, Carlotta, Antonietta,
Teresa, Maria. Come molte fanciulle del suo rango sociale, studiò privatamente
e ricevette un’istruzione disordinata, ma che le assicurò, tuttavia, un’ottima
conoscenza del francese e dell’inglese. Fu molto ammirata per la sua bellezza
fin da giovanissima. A 16 anni fu sedotta da uno dei suoi corteggiatori – primo
di una lunga serie di innamorati e di amanti – e i genitori, preoccupati,
ritennero giunto il momento di trovarle un marito. Fu allora che si presentò a
chiederne la mano il conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d’Asti e di
Castiglione Tinella: facoltoso e già vedovo, di dodici anni più grande, Verasis
si era infatuato della ragazza sulla scorta delle voci circolanti sulla sua
avvenenza e aveva voluto conoscerla.La giovane Oldoini non lo amava, ma,
rassegnata al volere della famiglia, lo sposò, chiarendogli che non provava
sentimenti per lui, mentre il conte sperava di farla innamorare di sé. Con
quell’unione Virginia acquisì un nuovo titolo e da allora fu nota come contessa
di Castiglione; poté inoltre godere del vasto patrimonio del marito,
arrendevole alla sue richieste al punto di concederle – negli accordi
prematrimoniali – la libertà di muoversi in società a suo piacimento. Il
matrimonio fu celebrato il 9 gennaio 1854 nella chiesa di S. Maria del Fiore in
Firenze. I coniugi si stabilirono a Torino, dove il 9 marzo 1855 nacque il loro
unico figlio, Giorgio, che morirà ventiquattrennne di vaiolo a Madrid.In quegli
anni, Camillo Benso di Cavour, presidente del Consiglio del Regno di Sardegna,
stava compiendo complesse manovre diplomatiche per assicurarsi l’aiuto della
Francia in una prossima guerra contro l’Austria. Cugino di Francesco Verasis,
decise di coinvolgere anche Virginia, affinché intercedesse in favore
dell’Italia presso Napoleone III, notoriamente sensibile al fascino femminile,
in concomitanza con l’imminente congresso che avrebbe riunito a Parigi i
rappresentanti delle grandi potenze dopo la guerra di Crimea. Nel novembre 1855
– con l’assenso del re Vittorio Emanuele II, ma all’insaputa del marito –
Cavour le propose di trasferirsi in Francia per sedurre l’imperatore. La Oldoini,
annoiata dalla vita di corte a Torino, accettò l’incarico con entusiasmo:
Parigi, all’epoca capitale del bel mondo e della vita elegante, esercitava su
di lei un fascino irresistibile. Il 25 dicembre 1855 giunse nella capitale
francese con marito e figlio e, una volta ammessa a corte nei primi mesi del
1856, si vide circondata in egual misura da sentimenti di ammirazione e di
avversione; la principessa di Metternich rimase colpita dalla sua grazia,
mentre l’imperatrice Eugenia, da fervente cattolica, giudicava molto
negativamente e non sopportava la sua libertà e giocosità di azione. A maggio
il conte Verasis, offeso per il continuo
e smodato comportamento mondano della moglie, decise di tornare con il figlio a
Torino e l’anno successivo si separò defitivamente da lei, riprendendo le sue
mansioni di gentiluomo di palazzo presso la corte piemontese. Nel novembre
1856, dopo schermaglie amorose, durate qualche mese, nelle quali era maestra,
Oldoini – ospite dei festeggiamenti nel castello di Compiègne, cui partecipava
la migliore società parigina – cedette al corteggiamento dell’imperatore,
divenendone l’amante. Il ruolo di ‘favorita’ la pose al centro dell’attenzione
generale, ma il suo momento di protagonismo fu di breve durata. Il 2 aprile
1857, nottetempo, mentre usciva da casa della contessa, Napoleone III fu fatto
oggetto di un attentato prontamente sventato dalla sua guardia del corpo, il
corso Giacomo Griscelli; la polizia avviò subito un’inchiesta per scoprire
tutti i congiurati, che si rivelarono essere italiani. I sospetti caddero, in
quanto cittadina del Regno di Sardegna, anche sulla contessa di Castiglione
che, pur non avendo alcun rapporto con gli attentatori di matrice mazziniana,
per evitare di essere espulsa, non si oppose alle pressioni esercitate congiuntamente
dal ministero dell’Interno e da quello degli Affari esteri affinché lasciasse
la Francia e partì di sua volontà, seppure a malincuore, per Londra.
L’imperatore lasciò fare, oramai deciso a liberarsi di lei: la loro relazione
si interruppe definitivamente nell’autunno 1857 dopo un ultimo incontro a
Compiègne. Ebbe così termine anche la missione diplomatica, della quale,
comunque, Oldoini si gloriò per il resto della sua vita. Abbandonata la
Francia, dopo una lunga serie di viaggi, si stabilì, infine, in Italia,
dividendosi fra La Spezia e Torino, dove fu l’amante di Vittorio Emanuele II,
ma senza riuscire a soppiantare Rosa Vercellana nel cuore del re. Delusa, nel
1861 giunse a confortarla il permesso, lungamente agognato, di fare ritorno a
Parigi, dove, tuttavia, non riuscì a riconquistare una posizione di primo piano
a corte. Si consolò comparendo nei tableaux vivants, allora di
moda, e facendosi immortalare in dipinti ma, soprattutto, in una serie
fotografie performative, alla cui concezione partecipava lei stessa nel quadro
di una cura spasmodica per la propria immagine e di una predilezione per la
provocazione visuale che la trasformarono, fin dal primo periodo parigino, in
un’autentica icona del suo tempo anche grazie alla ribalta di palcoscenici come
quello dell’Esposizione universale di Parigi del 1867. Il 30 maggio 1867, a
Stupinigi, il marito morì per una caduta da cavallo e il figlio tornò a vivere
con lei. Nel 1870, per timore dei disordini scoppiati a Parigi dopo la
sconfitta di Sedan, si rifugiò in Italia, da dove, tramite le conoscenze che
ancora vantava nell’ambiente diplomatico, cercò – invano – di aiutare la nuova
Repubblica francese a ottenere condizioni meno dure nelle trattative di pace
con la Prussia. Sentendosi ormai più transalpina che italiana, nel giugno 1873
fece definitivo ritorno in Francia. Carezzò il sogno di una restaurazione
monarchica, nella quale vagheggiava per sé un ruolo di regina, e cercò di
conquistare uno dei pretendenti al trono, Henri d’Orléans, ultimo duca d’Aumale
e figlio del ‘re borghese’ Luigi Filippo, che tuttavia non cedette al suo
fascino, al contrario del diplomatico Costantino Nigra che fin dal 1856 aveva
allacciato con lei una relazione sentimentale libera e non esclusiva, oltre che
di amicizia che continuò a lungo fin dentro gli anni Settanta.Si chiuse,
infine, in un volontario isolamento, aggravato dalla morte tragica del figlio
nel 1879 e rotto soltanto nei primi anni Novanta da un’ultima ‘campagna’ di
pose fotografiche, attraverso la quale da interprete esperta giocò ancora una
volta con il suo corpo e con la sua identità. In vecchiaia, fece circolare la
voce – a lungo accreditata per vera – di essere nata nel 1840 o addirittura nel
1843.Morì a Parigi il 28 novembre 1899.Nei foglietti del taccuino, rinvenuto
dopo la sua sepoltura al cimitero del Père-Lachaise, che funsero da testamento,
la contessa diseredò tutti i parenti, indicandoli uno per uno, ma dimenticò di
citare i Tribone di Genova, discendenti di una sorella del nonno materno, che divennero
così i suoi eredi universali.
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