Il Butirro, quando il formaggio in Calabria diventa arte

di Maria Lombardo
E’ una piccola scamorza, un piccolo caciocavallo silano ma con un cuore tenero e burroso, anzi di burro! Prodotto particolarmente pregiato quello calabrese proprio della zona dell’altopiano Silano, nella zona del Pollino e nella piana di Sibari, per la presenza di pascoli ricchi di essenza odorosa. Antichissime le sue origini è composto da uno butirrostrato esterno di provola e un cuore di burro. Insomma la provola era ed è il contenitore per il butirro la parola dialettale per burro! Il prodotto di nicchia calabrese si consuma dopo una piccola stagionatura da 7 giorni ad un mese. I butirri sono poi legati a coppie e posti a cavallo di pertiche in legno dove si lasciano a stagionare per un breve periodo. Effettivamente primavera ed estate è il periodo in cui si produce ho deciso per questo di parlarne ora. Lungo i percorsi della transumanza la gente usava acquistare il prodotto scambiandolo con altri beni. La sua forma è a pera con testina; la pasta è a doppia struttura, esterna di pasta filata elastica, giallo paglierino e l’interna cremosa di colore più o meno giallo a seconda della stagione; la crosta è sottile e lucida di colore giallo; il sapore è dolce. Per mangiarlo basta tagliare delle fette che comprendono l’involucro di pasta filata e il burro. Quest’ultimo è ottimo spalmato sulla squisita “fedda rossa”, tipico pane tostato. Predilige un vino bianco o un rosato frizzante. La produzione tradizionale del butirro è diminuita notevolmente sia a causa delle normative che richiedono investimenti troppo alti per i produttori locali, sia a causa delle politiche europee sulle quote latte. La vacca podolica, che necessita di grandi spazi aperti, è quasi scomparsa dai pascoli calabresi.
Se venite in Calabria, PROVATELO !!! Ci auguriamo così che questi articoli rinvigoriscano la conoscenza e l’uso dei nostri gioielli gastronomici.

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