La Calabria di un tempo festeggiava “ u San Giuvanni”, il 24 giugno
di Maria Lombardo
In un passato non molto lontano in Calabria il 24 giugno, il giorno “i San Giuvanni” – San Giovanni era molto atteso per i particolari riti che si svolgevano. Oggi di quei riti rimane ben poco! Per poter permettere ai lettori di capirmi partiamo dal detto fari nu San Giuvannu (compare/comare) nasce col battesimo. “U San Giuvanni” era una cosa rispettatissima ovvio che si facesse riferimento al battesimo di Gesù fatto da Giovanni Battista. Rompere il comparaggio destava molto scalpore. Anche le bambine erano soggette al comparaggio tanto è vero che tipica era la filastrocca recitata intrecciando i mignoli che così recitava:” e cummari e San Giuvannu e vattimuni li panni e li panni e li pannizzi a madonna ccu lli trizzi e lli trizzi n’cannulati a madonna m’è sunnatu. Chi vù? pici o panu? Si vu pici simu nimici, si vu panu simi paci.” In quel giorno le bimbe battezzavano le bambole “Cummari di bambuli” io questo rito l’ho vissuto avevamo battezzato i figli della “Famiglia cuore”. Questo rito prevedeva poi la festicciola che fecimo con i biscotti a forma di animali e latte. Ormai questi biscotti seppur industriali non si producono più! Il rito però è molto antico probabilmente arberesche e le famiglie povere costruivano le bambole alle figlie, spesso forme simboliche per alcuni. Un legame indissolubile ed io e Francesca oggi siamo ancora amiche, altri legami sono finiti come neve al sole probabilmente San Giovanni aveva operato davvero. Probabilmente siamo state le ultime a fare questo rito col progresso i giochi femminili da strada sono scomparsi ma a dir il vero individuavano lo status della famiglia, possedevamo le bambole e vere e tutti i “pentolini” da far invidia a molti. Fino alla metà del secolo scorso una bambola in casa era presente esclusivamente nelle famiglie più agiate. Nelle case dei poveri v’erano ben altre prioritarie esigenze.Fino a quel tempo era diffusa la pratica che vedeva bambine grandicelle di umili famiglie dare una mano nelle attività domestiche in famiglie vicine facoltose. In tali casi le bambine diventavano privilegiate comari per via della frequentazione. Le famiglie disagiate non potendo permettersi una bambola diventavano comari di” jiritielli” incrociavano solo il mignolo, dondolando le braccia per la durata della filastrocca d’iniziazione e con la duplice richiesta di panu/paci. I maschietti giocavano a scalasciu con l’ossi di albicocche a volte venivano sgusciati lasciati macerare in acqua e diventavano dopo giorni quasi come le noci.
In un passato non molto lontano in Calabria il 24 giugno, il giorno “i San Giuvanni” – San Giovanni era molto atteso per i particolari riti che si svolgevano. Oggi di quei riti rimane ben poco! Per poter permettere ai lettori di capirmi partiamo dal detto fari nu San Giuvannu (compare/comare) nasce col battesimo. “U San Giuvanni” era una cosa rispettatissima ovvio che si facesse riferimento al battesimo di Gesù fatto da Giovanni Battista. Rompere il comparaggio destava molto scalpore. Anche le bambine erano soggette al comparaggio tanto è vero che tipica era la filastrocca recitata intrecciando i mignoli che così recitava:” e cummari e San Giuvannu e vattimuni li panni e li panni e li pannizzi a madonna ccu lli trizzi e lli trizzi n’cannulati a madonna m’è sunnatu. Chi vù? pici o panu? Si vu pici simu nimici, si vu panu simi paci.” In quel giorno le bimbe battezzavano le bambole “Cummari di bambuli” io questo rito l’ho vissuto avevamo battezzato i figli della “Famiglia cuore”. Questo rito prevedeva poi la festicciola che fecimo con i biscotti a forma di animali e latte. Ormai questi biscotti seppur industriali non si producono più! Il rito però è molto antico probabilmente arberesche e le famiglie povere costruivano le bambole alle figlie, spesso forme simboliche per alcuni. Un legame indissolubile ed io e Francesca oggi siamo ancora amiche, altri legami sono finiti come neve al sole probabilmente San Giovanni aveva operato davvero. Probabilmente siamo state le ultime a fare questo rito col progresso i giochi femminili da strada sono scomparsi ma a dir il vero individuavano lo status della famiglia, possedevamo le bambole e vere e tutti i “pentolini” da far invidia a molti. Fino alla metà del secolo scorso una bambola in casa era presente esclusivamente nelle famiglie più agiate. Nelle case dei poveri v’erano ben altre prioritarie esigenze.Fino a quel tempo era diffusa la pratica che vedeva bambine grandicelle di umili famiglie dare una mano nelle attività domestiche in famiglie vicine facoltose. In tali casi le bambine diventavano privilegiate comari per via della frequentazione. Le famiglie disagiate non potendo permettersi una bambola diventavano comari di” jiritielli” incrociavano solo il mignolo, dondolando le braccia per la durata della filastrocca d’iniziazione e con la duplice richiesta di panu/paci. I maschietti giocavano a scalasciu con l’ossi di albicocche a volte venivano sgusciati lasciati macerare in acqua e diventavano dopo giorni quasi come le noci.
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