La fabbrica di liquirizia Amarelli unica nel suo genere

di Maria Lombardo
Esempio unico di impresa famigliare su questo aspetto c’è davvero poco o nulla da aggiungere. L’Amarelli, fabbrica di liquirizia, probabilmente è la più nota e importante d’Italia con una rilevante fama internazionale. In Calabria la fabbrica di Rossano Calabro rappresenta una testimonianza indelebile di archeologia industriale, condotta da una famiglia presente e produttiva da 300 anni sullo stesso territorio, la Calabria, con la lavorazione dello stesso genere, la liquirizia. Sono ormai 35 secoli che si conosce e si lavora questa radice che nasce spontaneamente in Calabria, la nostra Regione era disseminata di conci poiché la radice era ed è spontanea e copiosa. La Calabria vanta una tradizione storica nella coltivazione di liquirizia, concentrandosi, in questa regione, circa l’80 per cento della produzione nazionale, in particolar modo tra Rossano e Corigliano Calabro. Pochi però ne conoscono le origini: è stata introdotta in Italia intorno al mille dai Frati Benedettini come pianta medicinale. Nei secoli successivi raggiunse la fama e nel 1700 era nota e gustata in tutta Europa. Ebbe un calo notevole verso la fine del 1800 quando l’industria calabrese dovette affrontare la concorrenza americana, ma grazie alle perfette condizioni climatiche locali, riprese ben presto il suo sviluppo. E’ noto che i Baroni Amarelli lavorassero il prodotto fin dal ‘500 in forma strettamente familiare, tuttavia il concio ossia l’area della fabbrica attuale è del 1731 quando la fabbrica si trasformò nella realtà che conosciamo. La raccolta di queste radici consentiva ai Baroni Amarelli di salvaguardare il loro patrimonio terriero traendo un sostegno economico dalla terra nell’anno di riposo della rotazione agricola.L’attività dell’opificio Amarelli incrementò proprio nell’800 grazie a privilegi ed agevolazioni che il Borbone concedeva a queste industrie tipiche pari ad unicum. Tutta la produzione e tutti i documenti inviati ai Baroni Amarelli firmati da Ferdinando II, fanno oggi bella vista di sé nelle sale espositive del Museo. Nel 1840 Domenico commerciava il prodotto calabrese con la corte stessa ed iniziò un lungo iter di ammodernamento con l’acquisto di caldaie per estrarre succo e produrre la pasta rigorosamente nera come la pece. Situata nei territori del Barone dove fin dal 1400 edificò un palazzo difensivo e da un nucleo di case che venivano concesse ai lavoratori. La ciminiera della caldaia porta la data 1907 ed è museo di se stessa, considerata all’epoca impianto modernissimo. Dai documenti presenti nel Museo è possibile dedurre che in epoche diverse una macina in pietra triturava la radice prima della lavorazione. Già dagli scritti di Saint-Non è chiaro che gli Amarelli utilizzavano norme igienico- sanitarie di tutto punto, rendendo il prodotto allettantissimo. Proprio durante l’800 per mantenere le norme igieniche si passò dagli stampi di bronzo a quelli di porcellana insomma un passaggio epocale. Inoltre l’industria Amarelli riesce a produrre ogni prodotto che è possibile ricavare dalla radice.Si passa perciò dal prodotto puro alle caramellee, ai liquori ed infine ai biscotti. La storia dell’opificio è comunque attestata nelle sale del Museo dove si conservano dai cimeli di famiglia documenti, libri, stampe d’epoca e molte macchine della lavorazione. Effettivamente in duecento anni di impresa dai documenti considerati di valore storico si attesta il dinamismo di questa impresa. Impresa forte e sana lo attestano i numerosi premi e riconoscimenti di alto valore.

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