La via del Marrani: Storia del ghetto di Piscopio (VV)
di Maria Lombardo
E’ con il nome di una via che collega Piscopio a Vibo Valentia che intendo iniziare il mio lavoro. La strada che un tempo collegava (e collega ancora) Vibo Valentia (già Hipponion e poi Monteleone) con Piscopio, era denominata “via dei marrani”, come si rileva da alcune carte storiche risalenti al Seicento. Sono stata sempre al corrente che nella nostra Regione l’ebreo ha trovato accoglienza rifugio e che essi furono introdotti in alcune aree come Nicotera, Tropea , Reggio, Catanzaro e via discorrendo per incrementare l’economia di questi luoghi. Oggi però mi soffermerò sul ghetto di Piscopio piccolo centro del Vibonese. Per la Calabria, l’importanza della dimora ebraica non sfuggì soprattutto e certamente allo storico Vito Capialbi di Monteleone( appartenente a famiglia marranizzata), le sue ricerche purtroppo non furono pubblicate ed è anche probabile che gran parte del materiale raccolto sia andato perduto o distrutto; un materiale che sicuramente riguardava anche Piscopio; la famiglia Capialbi per lungo tempo ha avuto dimora anche in Piscopio. E’ chiaro che molte notizie storiche siano andate volutamente perse, poiché la Chiesa distruggeva o celava le notizie sugli ebrei delle Giudecche. Senza andare a ricercare le epoche più risalenti, questo piccolo centro, ancor prima dell’ anno mille, ebbe a costituire quello che tra il cinquecento e seicento verrà poi ad essere chiamato e additato come “ghetto ebraico”. E’ ancora viva la presenza se non fisica nei nomi, nei nomignoli ed addirittura nella toponomastica del borgo vibonese. La presenza notevolissima di cognomi ebraici, come Zaccaria, Lazzaro, Piperno, La Rocca, D’Angelo, Fuduli, Fiorillo, Soriano, Felice, Topia, Morelli,Greco, Mercadante, La Bella, Carulli, con tanti e tanti altri ancora, quasi tutti si può dire, compresi Capialbi, Scalfari, Musso, Citanna ecc. Tuttavia a cavallo tra 600 e 700 vennero affidate terre della chiesa in concessione agli ebrei. Molti ebrei marranizzati andavano a riempire le fila della borghesia terriera un po’ ovunque nella nostra Regione e Piscopio docet!. Tuttavia è dall’archivio vescovile di Mileto che apprendo qualcosa di serio sulla vita nel ghetto di Piscopio:” Nel corso del seicento, in questo piccolo centro, si tennero ben tre sinodi diocesani, dottrinali e pedagogici, ammonitivi (specie, chiaramente, verso gli ebrei resistenti alla conversione), al fine di atterrire, spingendo e forzando per la marranizzazione, la conversione al cristianesimo cattolico”. (A.S.D.M.).Il termine Piscopio infatti secondo il Rollfs vuol indicare luogo di amministrazione vescovile. Le comunità ebraiche venivano indicate singolarmente con il termine universitas, grosso modo ciò che oggi si chiama comune. Piscopio certamente costituì universitas ebraica. Nel settecento, con l’instaurarsi del laicismo illuministico, si ebbe poi a formare la classe sociale dei piccoli proprietari e possidenti, all’interno del latifondismo nobiliare così le terre di Piscopio furono affidate ai marrani i quali erano costretti a storpiare anche i loro nomi. A Piscopio, per lunghissimo tempo, forse per secoli nell’età medievale e in quella moderna, era ampiamente praticato l’allevamento del baco da seta, tanto che persino negli orti venivano coltivati i gelsi, la canapa e il lino, che le donne lavoratrici al telaio trasformavano in pregiati tessuti. Il tussah (qualità di seta di colore scuro, considerata poco fine) e il bisso (seta di filatura candida), prodotti dalle donne di Piscopio, trovavano commercio nel mercato di Monteleone, la cui grida (prezzo stabilito per la vendita) era fissata per il ventidue di luglio, festa della Maddalena, da una commissione al servizio del duca della città. La storia di Piscopio è legata però alla presenza di note famiglie nobiliari tra cui spiccavano i Capialbi. I Capialbi erano attaccatissimi al loro paese di Piscopio, ove avevano le dimore abituali e le terre ben condotte e coltivate dai fedelissimi contadini. Il conte Nicola Capialbi, in punto di morte, espresse il vivo desiderio di essere seppellito nel suo fondo ma ai familiari non fu concesso il privilegio. Chiaramente la presenza dell’ebreo a Piscopio fu causa di problemi nell’andamento della vita quotidiana! Con il ‘600 si erano intensificati gli atti di marranizzazione e Piscopio, divenne un luogo di protezione per questa gente. Ma era anche il posto scelto dalle famiglie privilegiate quelle rabbiniche che fecero di Piscopio un centro di cultura ebraica. Proprio in Piscopio nel ghetto trovarono vita personaggi illustri. Artale Rascaglia (Piscopio 1540-1614), fu medico di fama e letterato: a lui si deve la notorietà del centro di Piscopio, ai suoi tempi. In sostanza, si è trattato di un luogo di rifugio, un vero e proprio ghetto ebraico (così venivano chiamati i luoghi di tal genere, fin dal Medioevo), come tanti altri anche nella nostra Calabria e nel nostro Meridione d’Italia, divenute zone territoriali per così dire “franche”, dove la chiesa tollerava la presenza delle genti semitiche provenienti dai flussi migratori del Mediterraneo, dopo i secoli oscuri del primo Medioevo. Nei luoghi come Piscopio, agli ebrei ivi presenti veniva ancora concesso il permesso di condurre e fare produrre le terre episcopali della Chiesa, ma, con l’inquisizione sopravvenuta, sul presupposto della conversione. Ed è proprio in terre come Piscopio affossate quasi sperdute che gli ebrei crebbero e proliferarono. La Chiesa infatti per concludere l’atto di marranizzazione affidò agli ebrei molte terre anche negli anni a seguire il 700. Il borgo di Piscopio ancorato alle sue usanze mantenne molti nomi ebraici, alcuni non riuscirono a farsi marranizzare. I Piscopisani possedevano una sinagoga ossia la casa per lo studio tenuta segreta e spostata sempre, e chissà quanti patimenti, quante tragedie, quanti morti, come in tutti i ghetti ebraici d’Italia e d’Europa. Le famiglie marranizzate che si fecero proteggere dalle ali della chiesa arricchitisi a Piscopio si spostarono poi nella vicina Monteleone. Alcuni divennero addirittura nobili, col titolo di baroni e conti: ma a Piscopio, e nelle più dirette vicinanze, rimasero i loro giardini, le loro terre, e poi i palazzotti, continuando a dimorarvi. Il territorio compreso tra Soriano e Piscopio, con tutti gli agglomerati vicini, era particolarmente carico di ebraismo; un ebraismo alquanto radicato ed estremamente resistente alla marranizzazione; la chiesa ha speso notevoli e forti energie in tale processo di cristianizzazione (cattolica), se solo si osservano le grandi (enormi) dimensioni del complesso conventuale domenicano edificato a Soriano.
Gli Ebrei della Città Stato di Vibo Valentia chiamavano la Chiesa di Santa Ruba il Tempio della Lucerna di Dio, e la consideravano la loro Sinagoga.
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