Sotto i Borbone in Calabria spopolava l’artigianato: il Corallo di Pizzo
di Maria Lombardo
Da anni studio con meticolosità ed interesse la storia del mio comprensorio per poi allargare il mio raggio d’azione a tutta la Calabria. Sono riuscita in anni di lavoro a scoperchiare quel vaso di Pandora sulla storiografia Borbonica Calabrese, ed attribuirgli una giusta collocazione sul piano storico. “L’industria” del corallo a Pizzo Calabro si praticava comunque dalla notte dei tempi. Chiaramente questo comparto è collegato alla pesca e lavorazione del corallo di Torre del Greco, non a caso anche le leggende del Napitino sono intrise di pescatori Torresi che scendevano a Pizzo per comprare il corallo rosso. E dopo feroci tempeste marine salvati miracolosamente fondarono sull’arenile una chiesetta. Le notizie storiche che racconto sono tratte dalla Istoria Apologetica dell’Antica Napizia, oggi detta il Pizzo del Canonico Ilario Tranquillo – NAPOLI 1725, che illustrò per i posteri studiosi l’attività economica che girava intorno a Pizzo. Chiaramente al Pizzo era l’arte e la pesca del corallo una vera copiosità sia nei segnali per trovarli che nella lavorazione. Don Ilario Tranquillo così annota nella sua opera:”Nel Mar presso al Pizzo, si fa grande, e deliziosa presura di Coralli; ond’essendovi Scogli, assai carichi di cotali gemme; si palesano qui molti segni, per ritrovarli”. Non a caso questa arte citata anche dal Matthiol nel capitolo 97 al foglio 880 dice: servono alla cura di più di venticinque infermità: e per diversi ornamenti di sagri Templi, Altari, e varie cose sagre, ed altresì di Gallerie di Reggi, e di Principi”. Non essendo la Calabria, una terra dove è difficile trovare negli archivi le notizie trovo una chiara testimonianza del passato latino né parla Giulio Cesare Recupito della Compagnia di Gesù dove nell’opera Terremoti di Calabria loda così il bel corallo di Pizzo:”Pitii usque ad Lametia finum, propescolupos, rubra duascuntur arbustula”. Palesemente il corallo del Pizzo ha avuto veramente grande utilità ed è così copiosa che sembra davvero incredibile. Le notizie storiche di Tranquillo mi portano al 1715 a Pizzo vi è stata una gran pesca che in poco tempo:” toccò i 30 cantara”. Ancora il Tranquillo racconta:” In fatti nel mar del Pizzo pescansi scogli intieri di finissimi coralli”. La nobilissima e redditizia pianta è decantata da Padre Fiore e dal Marafioti che nella sua opera Croniche di Calabria (lib a.f.a.84) asserisce che la fama del corallo di Pizzo la conoscono anco i forestieri. Tuttavia per amor di verità storica la pesca del corallo si svolgeva in tutto il Golfo di S’ Eufemia ma specialmente a Pizzo si praticava la pescagione “miracolosa”. Don Ilario aggiunge al mio discorso storico altra nozione a cui uno storico rigoroso non può esimersi di darne nota la riporto per intero:”Presso a Scogli del Pizzo, ne’ passati tempi era in uso la bella, e curiosa pescagione delle Margherite, da noi nomate perle, gemine preziosissime, stimate molto dal Mondo, delle cui virtù scrive diffusamente Matthioli, a cui mi rimetto. Era cotal nobil pesca dilettevole, e curiosa, per vari motivi, ma specialmente per l’industrie, che nel pescarsi le madraperle s’usavano”. Oggi l’attività e dimenticata ed è un vero peccato abbandonare questo artigianato redditizzio.
Non è una lavorazione abbandonata perché non ci sono stati "proseliti" per continuarla! È VIETATA LA PESCA DEL CORALLO ... quindi manca la materia prima.
RispondiEliminal'articolo è ad ambito storico, questa lavorazione è viva e nel Corso di Tropea c'è una bellissima bottega.
RispondiEliminaQuindi, considerato che le notizie storiche sono tratte dalla "Istoria Apologetica dell’Antica Napizia, oggi detta il Pizzo del Canonico Ilario Tranquillo", pubblicata a Napoli nel 1725, e considerato che Carlo III di Borbone divenne re di Napoli nel 1734, si può affermate che a Pizzo il corallo veniva lavorato prima dell'avvento dei Borbone sul trono di Napoli.
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