Pythagora di Rhegion il più famoso bronzista della Magna Graecia


di Maria Lombardo 


Pythagora di Rhegion il più famoso bronzista della Magna Graecia. « Lo superò Pitagora di Reggio in Italia col Pancratiaste dedicato a Delfi […]. Fece anche Astilo che si vede a Olimpia […]; a Siracusa fece poi uno Zoppo[1] tale che anche a chi lo guarda sembra di sentire il dolore della sua piaga […]; Pitagora fu il primo a riprodurre i tendini e le vene e il primo a trattare i capelli con maggiore diligenza degli altri, suddividendoli con precisione. » (Plinio il Vecchio XXXIV 59) Pitagora di Reggio in greco antico: Πυθαγόρας; nato a Samo allafine del VI secolo a.C. – metà del V secolo a.C. è stato uno scultore bronzista attivo tra la Grecia e la Magna Grecia lasciando molte opere. Dal Peloponneso si portò a Reggio nel 496 a.c, fiorente città Magno Greca e divenne discepolo di Clearco di Reggio (Paus., VI.4.3). Appare nell’elenco dei 5 migliori bronzisti a cui viene attribuiti un bel quarto posto dopo Fidia, Policleto e Mirone; Famoso per la cura minuziosa dei particolari come descrive Plinio in calce effettivamente questo stile severo che era solo suo permise agli studiosi di attribuirgli molte opere. Alcuni studi lo vogliono “padre” anche dei Bronzi di Riace. Ragion per cui creò molte statue di atleti vincitori a Olimpia e Delfi. Non disdegnò di fondere effigi di divinità sicuramente andate perse alcune sue opere però sono state riconosciute su monili e cammei. Pitagora avrebbe realizzato, secondo il resoconto che Pausania fa nel VI libro della sua Descrizione, diverse statue di atleti olimpici: • il lottatore Leontisco di Messina (VI.4.3); • Protolao di Mantinea (VI.6.1); • il pugilatore Eutimo di Locri, per la vittoria conseguita nel 472 a.C. (VI. 6.4);[2] • Dromeo di Stinfale (VI.7.10); • Astilo di Crotone (VI.13.1); • Mnasea di Cirene libico (VI.13.7); • Cratistene di Cirene, vincitore della corsa coi carri (VI.18.1). Ricordato anche per aver scolpito dei marmi anche se i testi antichi ricordano poco questa sua opera, gli sono state attribuite le statue: • l’Auriga di Mozia, forse proveniente da Selinunte[3]; • il Guerriero caduto, dal frontone del tempio di Eracle ad Agrigento[4].
Stimatissimo dagli autori del suo tempo che di lui affermarono Plinio, Naturalis Historia, 59: “Pitagora, Reggino d’Italia, lo (sc. Mirone) superò con un pancraziaste situato a Delfi. Costui per primo realizzò in maniera più accurata i nervi, le vene e i capelli… Con la medesima statua vinse anche il Leontisco”. Pausania, VI, 4, 3: “Fece la statua Pitagora Reggino, bravo nella scultura in bronzo quant’altri mai”. Diogene Laerzio, VIII, 47: “E si dice che vi fu un altro Pitagora, scultore di Reggio, che, a quanto sembra, per primo cercò di realizzare ritmo e simmetria”. Mara di Samosata, Epistula ad Serapionemfilium: “Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dal condannare a morte Socrate, quando la ricompensa per quell’atto furono carestia e pestilenza? Che vantaggio ebbero gli abitanti di Samo nel condannare al rogo Pitagora, quando in un’ora il loro territorio fu completamente ricoperto dalla sabbia? Quali vantaggi ottennero i Giudei dal condannare a morte il loro saggio re quando in quel momento il regno venne loro sottratto? Dio giustamente ha ricompensato la sapienza di questi tre uomini saggi: gli Ateniesi morirono per la fame, quelli di Samo furono sommersi dal mare e non poterono fare alcunché; i Giudei, rovinati e scacciati dalla loro terra, sono dispersi per ogni paese. Ma Socrate non è morto, egli vive negli insegnamenti di Platone. Pitagora non è morto: egli continuò a vivere nella statua di Hera. E neppure il saggio re è morto; egli vive negli insegnamenti che aveva impartito”. Eppure oggi questo illustre personaggio è ricordato e conosciuto poco. Troppo poco! E’ un fantasma evanescente.

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