Il Mosè della Calabria: San Fantino di Taureana

– di Maria Lombardo-
San Fantino, detto il Vecchio, per distinguerlo da un suo omonimo,ovviamente più giovane, è il Santo calabrese più antico. Nacque a Taureana di Palmi (Rc) nel 294 d.C., dove morì nel 336. Nel “Bios” che porta il suo nome, cioè una specie di biografia agiografica dell’ VIII° secolo, il suo biografo, il Vescovo occidentale Pietro, lo presentava sotto un profilo di santità affascinante. Non si sa chi lo condusse a Cristo; forse qualcuno dei poveri che egli, con discrezione, frequentava assiduamente. Ma una cosa e certa: che una volta che l’ebbe conosciuto, dedicò la sua vita a Lui. Sempre da quello scritto greco si apprendeva che egli era un cavallaro ,ovvero guardiano di cavalli, a servizio di un nobile pagano di Taureana di nome Balsamio. Il giovane servo, molto dedito alle orazioni era, come detto, amico dei poveri e pieno di misericordia nei loro confronti in conformità all’ invito evangelico di essere misericordiosi, come il Padre celeste. Questa sua fedeltà fu premiata con il particolare carisma di compiere portentosi miracoli. E ne fece una ventina. Tra gli altri c’è nè uno per il quale potrebbe ben considerarsi il Mosè della Calabria. Sempre in quello scritto greco si narrava, infatti, che al tempo della mietitura ,Fantino aiutava i poveri contadini facendo trebbiare i loro covoni con le cavalle del suo padrone; di notte, affinchè quegli non si insospettisse. Ma Balsamio, avvisato da gente malvagia, una volta, scoperse Fantino e, preso dall’ira, voleva ucciderlo. Ma il Santo riuscì a scappare e si diresse verso il fiume Metauro, oggi Petrace, con l’intenzione di passare al di là, per sfuggire alla terribile minaccia. Ma il fiume era molto gonfio e non lo poteva attraversare senza correre il pericolo di essere risucchiato dai gorghi. Fantino allora, dopo una breve ma intensa preghiera, alzò e stese il frustino che si trovava in mano sulla rumoreggiante fiumara; e subito le acque si aprirono ed egli lo attraversò, quasi all’asciutto, come Mosè fece col Mare dei Giunchi. Balsamio vedendo quel prodigio, chiese perdono a Fantino e riuscì anche lui ad attraversare il fiume, raggiungendolo. Da quel momento in poi non considerò Fantino come un oggetto di sua proprietà, ma un servitore amico. E, ben presto, si convertì e divenne anch’egli un buon cristiano. Alla sua morte, avvenuta secondo la tradizione il 24 luglio, il Santo venne sepolto nella Villa di Balsamio, la cui Cripta esiste tutt’ora.

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