Mestieri scomparsi: U 'MBASTARU.


 di Maria Lombardo

Nel dialetto calabrese si usavano tutte e due i terrmini "a varda" o "u 'mbastu". Era un artigiano che si occupava esclusivamente della produzione di basti per le bestie da soma. La loro bottega era " nto catoiu", una stanzetta di modeste dimensioni tra una accozzaglia di basti rotti, paglia, pelle raggrinzita e tela, u ‘mbastaru era intento rattoppare, a riempire di paglia o incastrare e sagomare a forma di semicerchio il durissimo legno di faggio per i basti nuovi che uscivano dalle sue mani, veri e propri capolavori dell'artigianato locale, resistentissimi tanto che qualcuno anche se mal ridotto si vede ancora in un angolo abbandonato dei pagliai.    L'operazione era laboriosa e delicata, prima di tutto posizionava  i due “circhj” di ferro portanti, già precedentemente preparate dal fabbro di diverse misure visto che gli asini da bardare erano di corporatura diversa, incastrandoli sui due semicerchi di legno formava l'ossatura del basto impedendo che lo strofinio dei carichi usurasse il legno.Dopo di che passava alla preparazione del fustu: piccoli mazzetti di paglia legati l'uno all'altro in serie e poi ricoperti con pelle di maiale o di ovini.Allestito il fustu, veniva fissato ai circhj per mezzo di spago o corda sottile  passante attraverso i dieci fori praticati in ciascun cerchio di legno.Sulle facce laterali dei due circhj veniva, poi, inchiodato 'u mazzolu, corda di paglia strettamente legata col filo.A questo punto, da un mazzolu all'altro veniva fissata una robustissima tela per imballaggi che, a mo' di materasso, veniva riempita di paglia, per evitare che la parte legnosa del basto fosse in diretto contatto con la groppa dell'asino.Inutile dire che quelli erano anni difficili !Per cui il lavoro riusciva a malapena ad assicurare la sopravvivenza, insomma per dirla in parole povere l'artigiano che lavorava dall'alba al tramonto veniva rimunerato "cu na iunta i granu" un tozzo di pane da mettere sul desco della propria famiglia.


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