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Visualizzazione dei post da maggio, 2019

CESSANITI (VV). LE BOCCHE DEL DIAVOLO: CALABRIA MISTERIOSA.

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di Maria Lombardo Il Vibonese seppur con i suoi immani problemi è un lembo di terra bellissimo e per alcuni tratti”sauvage”.   Nel territorio di Cessaniti si trovano le cosidette “vucche du diavulu”, fori naturali attorno ai quali sono sorte le più disparate leggende. In Calabria quando qualcosa non si spiega con la razionalità si dà sfoga alla fantasia e nascono leggende bellissime. In passato si pensava che all’interno vi fosse il respiro del diavolo o il rifugio di qualche mostro, per cui nessuno osava avvicinarsi. In realtà si tratta solo di interessanti fenomeni geologici! Queste cavità si trovano nelle campagne tra gli uliveti secolari sono dei cerchi perfetti di 40 metri. Da qui nacque l’ulteriore leggenda da questi fori uscirebbe il respiro del diavolo che dorme sottoterra. Per alcuni le bocche nasconderebbero i fajetteji (piccoli folletti vestiti di rosso), altri pensano, invece, che possano essere la dimora della malvagia Lamia, una figura mostruosa che si nutre di

I fratelli Massara di Limbadi e lo zuccherificio di Lamezia Terme.

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di Maria Lombardo E’ facilmente individuabile quello che rimane dell’ex zuccherificio dei fratelli Massara di Limbadi a pochissimi passi dalla stazione di Lamezia Terme. Oggi è un monumento di archeologia industriale in pieno abbandono! Al suo interno ancora sono visibili macchinari ed utensili che fino al ’70 hanno lavorato di gran lena.  La Cissel, Compagnia industrie saccarifica Sant'Eufemia Lamezia, fu voluta da due lungimiranti fratelli di Limbadi che lasciato il paesello agricolo negli anni ’30 e sfruttando l'amicizia personale col Duce si buttarono in questa stupenda e redditizia attività. “ Un milione e duecento mila quintali di bietole lavorate in ogni stagione saccarifera. Ventimila quintali di bietole lavorate al giorno. Seicento operai impiegati all'interno dello stabilimento, più tutto l'indotto esterno. Cento camion al giorno in arrivo nel piazzale per portare via lo zucchero raffinato. Ottocento libri di nafta bruciata ogni giorno per far fu

Le Calabresi nella Grande Guerra: Luigina Ciappi da Rosarno (RC).

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di Maria Lombardo E’una storia che hai giorni nostri è poco conosciuta se non da chi studia la Calabria per vangare storie di spessore e che valorizzino questa terra.   Eppure Luigina Ciappi da Rosarno nel Reggino fu molta famosa al suo tempo! In alcune donne l’entusiasmo per la guerra fu così grande che vollero partecipare ai combattimenti fingendo di essere uomini. In Italia ricordiamo alcune donne, come Gioconda Sirelli di Milano e Luigia Ciappi di Rosarno (Rc), che cercarono di arrivare al fronte vestite da soldato, ma vennero subito identificate e rimandate a casa. Grande clamore fece la storia della maestrina di Rosarno tutti i giornali anche esteri la glorificarono così dicevano di lei:   "Luigina, era una maestra elementare di origini calabresi nativa di Rosarno (Rc) ma residente in Toscana che al momento della dichiarazione di guerra, tentò  infatti di arruolarsi nel 127° Reggimento Fanteria travestita da soldato con indosso la classica divisa grigio-verde. Dop

PECORINO DELLA VALLATA DELLO "STILARO ALLARO" (RC).

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di Maria Lombardo La produzione di questo prodotto  dell’alto jonio Reggino ha origini molto antiche, dopo tutto questa terra è vocata alla pastorizia. E’ un formaggio grasso di media o lunga stagionatura, a pasta dura lavorato con latte di pecora o capra dell’Aspromonte. Stagiona dai 4 ai 10 mesi in ambienti freschi. Tende a essere piccante e salato. Il modo di produrlo è rimasto invariato nei secoli ma le migliorie sono nella produzione! Inoltre il clima gioca un ruolo basico per la sua stagionatura e stati caldo asciutte e da stagioni autunno-invernali miti e piovose. Esse determinano lo sviluppo di una vegetazione spontanea tipica dell'area mediterranea, che costituisce la base pascolativa nel peiodo primaverile estivo e che è particolarmente ricca in graminacee come gramigna e avena, e di leguminose quali ginestrino e trifoglio. Il latte per la lavorazione è di due mungiture mattina e sera, viene filtrato e coagulato con un caglio artigianale in pasta ottenuto solo d

2 settembre 1847: Reggio Calabria si solleva contro il Re Borbone.

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di Maria Lombardo Quello che successo a Reggio Calabria fu il preludio dei moti rivoluzionari del 1848. Attenzione cari lettori nelle settimane scorse in questo blog vi ho parlato dei fatti di Santo Stefano d’Aspromonte che anticipò il moto reggino. Andiamo per gradi, Reggio veniva considerata da tempo città fedele alla Corona ma apparentemente possiamo ribadire. Operava un Comitato composto da Stefano Romeo, Girolamo Arcovito, Domenico Muratori, Antonino Plutino, Domenico Spanò Bolani, Giovanni Carrozza, Antonio Furnari e Cosimo Repaci. Anche a Reggio erano ancorate la censura, gli arresti, le esecuzioni, cresceva anche in tale parte del Regno una forte richiesta di riforme politiche e diritti costituzionali.Il dibattito politico si sviluppava tramite giornali e riviste di argomento scientifico e letterario come  Il Calabrese  di Cosenza e la  Fata Morgana  di Reggio, con le dovute precauzioni per la sempre attiva censura governativa. Fin dal giugno del’ 47 si iniziava a par

Le Terme di Caronte a Lamezia Terme (CZ)

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di Maria Lombardo La Calabria è ricca di acque sulfuree e medicamentose, oggi ci soffermiamo per Viviamo la Calabria a parlare delle Terme di Caronte. Queste antiche terme hanno origini davvero antichissime volute da Bruzi e Normanni, ma sono state utilizzate anche da Greci e Romani  . Erano le "Acquae Angae" degli Itinerari Romani, conosciute fin dal II° secolo d.C..   Sgorgano a  240 m.s.l.m. ad una temperatura di 39°e hanno la rara caratteristica di essere utilizzabili così come arrivano in superfice senza essere diluite, una cosa che pochissime altre terme in Europa hanno. Le proprietà curative di queste acque molteplici tant’è che i monaci del Monastero Basiliano  dei Santi 40 Martiri curavano gli infermi con l'aiuto di questa preziosa fonte e in cui nel corso degli scavi archeologici nella Chiesa dei Santi 40 nelle Terme sono stati ritrovati reperti risalenti fino al II° secolo a. C. Anche Roberto il Guiscardo le apprezzava e permise alle sue truppe di rit

Lo cherry calabrese: rosolio alle ciliegie.

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di Maria Lombardo Quando vi è abbondanza di frutta viene spontaneo trovare il modo di conservare il prodotto oltre le classiche confetture. Oggi infatti optiamo per un rosolio di ciliegie, una bevanda dolce e fruttata ideale dopo cena. Prepararlo è facile! Urgono pochi ingredienti ma andate ad occhio questa ricetta è della mia famiglia: ciliegie mature zucchero acqua alcool puro chiodi di garofano cannella Questo il procedimento: Iniziate a mettere sul fuoco l’acqua e lo zucchero e le spezie cannella e chiodi di garofano. Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire per circa 2 minuti, o fino a quando lo zucchero non sarà sciolto, e lasciate raffreddare. Nel frattempo lavate le ciliegie, che andranno pesate con tutto il nocciolo e il peduncolo, e fatele asciugare su un panno asciutto. Mettete le ciliegie in un contenitore con chiusura ermetica e unite l'alcol e la soluzione di acqua e zucchero, compresi cannella e chiodi di garofano, in modo da ric

A proposito della sepoltura di Gioacchino Murat nella Chiesa Matrice di Pizzo Calabro.

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di Maria Lombardo Tommaso Antonio Masdea canonico decano dell’insigne Collegiata di Pizzo e confessore del morituro Sovrano, nel racconto pubblicato nel libro di G. Romano Ricordi Murattiani afferma «Il cadavere di Gioacchino Murat riposto in un baule foderato di taffetà nera, fu sepolto nella Chiesa Matrice da lui beneficata». Antonino Condoleo, che assistette alla sepoltura, così la descrive nella sua Narrazione pubblicata da E. Capialbi: L’insanguinato cadavere fu subito messo in una rozza cassa di abete e fu portata da dodici soldati nella Chiesa Matrice. Nel deporla a terra, per l’urto ricevuto o perché mal connessa, la cassa si aprì negli spigoli. Oh, visione incancellabile di quel volto pallido, sfigurato da una pallottola che aveva orribilmente solcata la sua gota destra, di quegli occhi spenti, di quella bocca socchiusa, che pareva volesse terminare qualche incominciata parola, di quell’aria guerriera che la stessa morte non aveva potuto cancellare dal suo sembiante!

Arance: Biondo tardivo di Trebisacce (CS), arance di qualità

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di Maria Lombardo Nelle scorse stagioni vi ho parlato delle arance tardive quelle che per noi calabresi sono le arance di San Giuseppe perché fanno capolino nei giardini   nel   periodo di marzo. Questa stagione parleremo dell’arancio di Trebisacce che è possibile mangiarlo fino a fine giugno! Adagiata ai piedi del monte Mostarico, Trebisacce è una graziosa località costiera della provincia di  Cosenza  che si estende tra una dolce pianura intrisa del profumo degli agrumi e le limpide acque del Mar Jonio. Si suddivide in Trebisacce Alta, che custodisce il centro storico cittadino, e Trebisacce Bassa, dove invece si trova la marina. Risalendo le pendici del colle sembra di affacciarsi da un magnifico balcone naturale che regala una vista mozzafiato sull'Arco dello Jonio mentre raggiungendo i Giardini, una delle sue più interessanti attrazioni, lo sguardo spazia su una suggestiva oasi verde in cui sui numerosi appezzamenti, nei quali si producono anche le prelibate arance lo

Oggi in Calabria “ pisci spata a’ghiotta”.

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di Maria Lombardo “U pisci spata a’ ghiotta” è un piatto tradizionale dello Stretto, ossia della cucina calabra e sicula, inoltre è questo il periodo adatto per gustare questo pesce fresco. Questo piatto è un cavallo di battaglia per quest’area sia   per la squisitezza delle carni sia per l’atavico rituale legato alla sua pesca. Inoltre questa ricetta offre il vantaggio di basarsi sulla preparazione di un sughetto che consente di avere, accanto ad un ottimo secondo, anche un gustosissimo primo piatto dal momento che può essere utilizzato per condire la pasta. Questi gli ingredienti: 1 kg di pesce spada a fette 50 gr di cipolla finemente tritata 100 gr di olive verdi (o nere, se preferite) 250 gr di salsa di pomodoro 100 gr di olio d’oliva 30 gr di capperi sotto sale 1 ciuffo di prezzemolo sale e pepe q.b. Andiamo alla preparazione: Iniziamo con un soffritto olio e cipolla, tuffate i capperi dissalati e le olive ma snocciolatele. Ora è il momento della salsa

Il “Castelletto” di San Fili a Stignano (RC)

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di Maria Lombardo Questo bellissimo Castelletto a San Fili nasceva come struttura difensiva nel ‘500 oggi ironia della sorte in stato di enorme abbandono. In principio fungeva da torre d’avvistamento per i saraceni Eppure   fu persino residenza dei signorotti del luogo! Conosciuto anche come castelletto Lamberti è l’ennesima dimora fortificata eretta dai ricchi per salvarsi da briganti e rivolte del popolo affamato. Voluto da Giuseppe Lamberti capitano il quale tre il 1710 ed il’20 su questo ameno promontorio a Stignano lo volle seguendo l’architettura militare . Pregevole il salone ottagonale del piano nobile e il ponte levatoio di accesso trasformato in seguito in muratura. Nei pressi del castello vollero una chiesetta dedicata a Santa Maria del Carmine . Nel 1800 poi tutta la proprietà passò a Ponziano Alvaro di Riace. Attualmente il castelletto e la chiesa rurale sono di proprietà del Comune di  Stignano  in  Calabria . Ora però andiamo a spiegare la residenza, è una c

Pasta con finocchietto selvatico: pranzo in Calabria.

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di Maria Lombardo Un piatto inebriante per il suo profumo intenso è questa fatta con il “finocchiu i timpa”.Il finocchio  i timpa  è diffusissimo nelle campagne e negli orti calabresi, ed è un ingrediente da sempre molto apprezzato utilizzato spesso in cucina come elemento principale di numerosissime ricette oltre che per la realizzazione di un liquore. Attenzione questo rosolio rinfrescante lo spiegherò più in là! La ricetta tradizionale calabrese è semplice ma buonissima. Ecco gli ingredienti: 400 g di pasta lunga 2 mazzetti di finocchietto selvatico 1 cipolla rossa di Tropea 1 peperoncino Pecorino grattugiato q.b. Olio extravergine d’oliva Sale q.b. Il procedimento Iniziate a pulire il finocchietto dalla parte coriacea, lasciando l’erba tenera, lavatelo ben bene e sbollentatelo in acqua e sale. Scolatelo e riservate un po’ di liquido di governo. Tagliate il finocchietto morbido e mettetelo in un tegame con olio e cipolla.   Fate soffriggere e mette

Antichi mestieri: Magare calabresi

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di Maria Lombardo Un   tempo complice la scarsa scolarizzazione erano davvero tante le cose in cui si credeva! Dalle sciocchezze legate al ciclo delle stagioni a malocchio e fatture. Con queste ultime si andava invece sul pesante! Una cosa è certa le magare ci sono sempre state, c ’ è chi ne parla bene o male ma oggi come allora si ricorre spesso. Nell ’ immaginario collettivo erano quelle donne che potevano risolvere tutto, aggiungerei io bontà loro, in realtà conoscevano le erbe curavano gli acciacchi con i loro intrugli e conoscevano l ’ arte delle “ magarie ” . I famosi legami d ’ amore fatti con capelli umani o crine di cavallo creando amore con i nodi “ un nodo per ogni esigenza ” . “ Una particolare fisionomia hanno i riti per far innamorare: pe' 'ttaccari amuri: per far sorgere l'amore in una persona che non vuole corrispondere. Sono i riti della magia di benevolenza: ecco un esempio. «A mezzanotte si va al camposanto e si prende da una fossa, che racch

Bisignano (CS): il rito religioso “ù trivulu”.

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di Maria Lombardo Questa stagione ho deciso di parlare molto dei riti e della devozione calabrese verso San Francesco di Paola. Complice   la celebrazione dei 500   anni dalla sua canonizzazione!   Stavolta vi porto a Bisignano borgo del cosentino calabrese, qui si svolgeva   all’occasione fino a qualche decennio fa un rito molto antico denominato “ù trivulu”. Questo trivulu è una processione di intercessione   per implorare la pioggia durante la siccità che un tempo funestava queste terre proponendo lo spettro della fame. A Bisignano è invocato dai membri delle confraternite del Rosario e dell’Immacolata Concezione in caso di prolungata siccità. Al centro del rito vi è la lamentazione infatti trivulu in bisignanese è piangere ed è così che ci si affida all’Altissimo. Una pratica penitenziale carica di “pathos” della durata di tre giorni.   I bisignanesi si affidano a San Francesco di Paola, durante l’antichissima usanza del trivulu infatti, la statua di San Francesco di Paol

CARMINEDD, ALLA ROSSANESE: l’erba silene

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di Maria Lombardo Quando   c’era davvero poco   o niente da mangiare, quello che si poteva mettere in pentola o in padella andava benissimo. Ma queste pietanze antichissime anche oggi hanno il loro carico di gusto e sapere antico. Il “carminedd” a Rossano Calabro è la Silene vulgaris   prima della fioritura, un’erba di campo che cresce spontanea in campagna, in tutt’Italia. Ma se a Rossano si chiama “carminedd” in Calabria è conosciuta con altri nomi. Ecco cosa serve per preparararlo: 500 grammi di verdura selvatica Uno spicchio d’aglio Un peperoncino 50 grammi di mollica di pane fresco Una spruzzata di aceto Olio extravergine d’oliva q.b. Sale q.b. La Silene si cuoce in abbondante acqua. Una volta cotte, devono stare in acqua fredda un po’ di tempo e cambiare l’acqua. Strizzarle bene per eliminare l’acqua e tuffarle a soffriggere in una padella con olio, aglio e un peperoncino. A metà cottura aggiungere mollica di pane fresco e salare. Prima di term

La Rivolta antiborbonica di Santo Stefano d’Aspromonte: 29 agosto 1847 apre le porte a quella Reggina.

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di Maria Lombardo Il 1847 fu davvero un anno caldo per la Calabria la rivolta contro lo Stato Borbonico interessò la parte meridionale   dell’area Ultra.   Nell'estate del 1847 i Romeo ordirono una congiura in Basilicata, Calabria e Sicilia, a danno dei Borbone.   Il fuoco della rivoluzione divampò prima a Santo d’Aspromonte! Il 29 agosto, durante la festa del Santo Patrono, i rivoltosi guidati da Domenico Romeo, fanno sventolare il tricolore che viene benedetto in chiesa dallo stesso parroco Stefano Chirico . Questo è il sacrificio di Calabresi che hanno dato la vita alla Patria! Ecco come e dove si accese quella scintilla rivoluzionaria che il 2 settembre 1847 ha visto Reggio come scenario della rivolta, annunciata quattro giorni prima, con il Tricolore in mano nella piazza del suo comune natale, Santo Stefano d’Aspromonte, dallo stesso patriota Romeo. Dopo due giorni si sollevano   prima Gerace   e poi Reggio. Torniamo però ai fatti di Santo Stefano che furono la sc

L’antica Bretto forse si trovava nell’area S’Eufemia-Lamezia.

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di Maria Lombardo Bretto sorgeva nelle vicinanze del mare. Nelle monete bruzie, infatti, è raffigurato un granchio marino, ch'è il simbolo delle città marittime e doveva trovarsi quasi alle falde di un vulcano, dal momento che al nome Bretto viene attribuito il significato di "pozzo di fuoco" [V. Padula]. Tale città, forse, si trovava ubicata nell'area ove ora c'è Sant' Eufemia Lamezia, o nel luogo dove sorge il villaggio denominato Sant'Eufemia Vetere. Odorico Vitale, vissuto nel XII secolo, afferma d'aver visto nella Piana lametina i ruderi antique urbis quam Brixiam nominabant. Nell'era cristiana, com'è noto, Bretto venne "battezzata" col nome di Sant' Eufemia. Che adiacente alla Piana di Sant' Eufemia ci sia stato nell'antichità il cratere o il fondo di un vulcano nel golfo, è stato riconosciuto piú volte da geologi insigni e viene anche confermato dalla toponomastica dei luoghi che contornano il golfo e che

Calabria:” u pani cu cuccu”.

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di Maria Lombardo Negli scorsi anni vi ho spiegato in questo ed in altri blog che nei territori calabresi sono usate varie ricette a base di fiori di sambuco, chiamati in Calabria anche ‘u pipi e maju o cuccu, molto aromatici e vagamente piccanti. Essi contengono una buona quantità di elementi importanti per il nostro organismo, altri di meno.Ricordate però che è meglio consumarli cotti e da sconsigliare alle donne in gravidanza e allattamento e ai bambini piccoli, in quanto contengono anche piccole quantità di alcaloidi potenzialmente tossici. Fatto questo piccolo assunto questa stagione dopo la pitta e le frittelle  degli altri anni vi presento un pane antichissimo: INGREDIENTI: 1 kg di farina di semola o anche di granturco 250 ml di acqua tiepida un cubetto di lievito di birra 5 cucchiai d’olio evo sale q.b.  infiorescenze di sambuco un cucchiaino di polvere di peperoncino. PREPARAZIONE: La sera prima lavate   i fiori di sambuco e fateli asciugare per

Quello che i neomeridionalisti non vi diranno mai sul Generale Cialdini.

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di Maria Lombardo Famoso sulla bocca dei neomeridionalisti il Generale Cialdini, appellato dagli stessi il “cannoneggiatore di Gaeta”alcuni invece si danno ad appellativi peggiori . Bontà loro! Basta leggere l’assedio di Gaeta del giornalista francofono   Charles   Garnier per rendersi conto che molte cose non dette sono state volutamente celate. Quello che vi sto per raccontare esce a puntate su “lu Trovatore” tra il ’67 ed ’68 del 1800! Naturalmente tradotta in Napoletano poiché molti giornali del periodo erano solo in lingua Napoletana, Una cosa è chiara Garnier è filo borbonico fu la sua voce che si alzò quando Francesco II salpò da Napoli per Gaeta urlando Viva il Re. Il giornalista infatti si trova a Gaeta fin dal primo giorno   e fin dal primo giorno “lu trovatore”    giornale dichiaratamente filo borbonico aveva in programma di rendere chiaro al popolo le cose che gli altri giornali stampavano in “toscano”. Iniziamo attraverso gli scritti di autori filo borbonici come

L’arte della pesca del tonno a Pizzo Calabro (VV)

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di Maria Lombardo Da maggio a giugno a Pizzo Calabro si praticava l’antica arte della mattanza dei tonni, esistevano delle tonnare fisse fino al 1963. Un rito questo che coinvolgeva tutto il paese e ci si affidava pure ai santi per il buon esito.   Le due tonnare a reti fisse “calcavano le orme” di quelle arabe ed erano posizionate de   visu la costa napitina. Come tutte le arti antiche il rito perì, il progresso portò le nuove tonnare “volanti”   introdotte dai giapponesi che, con imbarcazioni veloci e dotate di apparecchiature modernissime come i sonar, individuano i branchi di pesci prima che arrivino sotto le nostre coste. Le vecchie tonnare   segnalavano i tonni entrati nelle reti con una bandiera   issata sull’albero più alto di una barca . Il convento di San Francesco, per la sua posizione sovrastante, era il primo a scorgere il segnale e suonava le campane a festa,  avvisando tutta la popolazione trepidante all’attesa notizia . Alla mattanza partecipava lavorativament

Finocchietto selvatico di Calabria “Finocchiu i timpa”.

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di Maria Lombardo Pianta originaria dalle regioni mediterranee con terreni ghiaiosi. E’ una pianta perenne dotata di aroma dolce ed intenso! Fin dall’antichità è stata utilizzata come pianta alimentare e medicinale per le sue proprietà digestive, ricostituenti e aromatiche. Le parti   utilizzate sono i nuovi germogli e i semi. I nuovi germogli si usano per la preparazione di minestre; i semi crudi per aromatizzare gli insaccati e i sott’oli in genere e per la preparazione di un liquore stimolante e digestivo. Nei semi, infatti, è contenuta la più alta concentrazione di anetolo, composto aromatico, di cui è ricca tutta la pianta. Pare che nell’antica Roma il finocchio venisse utilizzato per coprire i cattivi odori e sapori di cibi poco freschi e che da questo trucco di cucina sia nato il termine «infinocchiare», cioè ingannare, imbrogliare. Attenzione la pianta era conosciutissima ed apprezzata dai Greci e diffusissima anche in Oriente. Questi popoli antichi la consideravano una

Il Grecanico di Calabria.

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di Maria Lombardo Un tempo questa lingua era parlata in tutta la Calabria meridionale, poi venne soppiantata da una lingua che conservava molti grecismi. Il grecanico però fino all’età Angiona veniva usato nella Valle del Mesima sul Monte Poroe tra Seminara e Taurianova. Durante il periodo fascista poi quando l’uso di questa lingua era ormai ridotta al lumicino le comunità del Greco di Calabria vennero osteggiate. In quegli anni in modo dispregiativo si usava l’espressione  «mi sembri un greco», utilizzata con intenti offensivi. L'uso di altre lingue che non fossero l'italiano, dunque considerate dialetti, era considerato dagli stessi parlanti come simbolo di arretratezza e i maestri punivano quegli alunni che venivano sorpresi a parlare in classe un dialetto anziché l'Italiano. Questi elleno foni vennero dimenticati per molto tempo! Ma grazie a Gerhard Rohlfs filologo tedesco la lingua cominciò ad essere salvaguardata. La sua origine è comunque molto discussa ch

Il castello di Caccuri nel crotonese.

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di Maria Lombardo Il suggestivo borgo di Caccùri è ubicato nel cuore della Calabria tra San Giovanni in Fiore e Cerenzia, tra le alture del Marchesato e della Sila, a confine tra la Calabria Ulteriore e Citeriore. Insomma un paese arroccato di Calabria! Dotato di una bellissima storia che passa da castro bizantino, da borgo murato, da feudo, da baronaggi, di clero, da contadini vessati, da giudecca. Caccuri è stato feudo della famiglia De Riso nel 1292, dei Ruffo al finire del 1300, dei Riario, dei Coppola, dei Borgia nel quattrocento, degli Spinelli 1505, dei Cimino nel 1560, dei Cavalcanti nel 1651, quest’ultimo riedifica il castello. Nel 1830 è acquisito dai Barracco, uno dei tre grandi latifondisti del marchesato insieme ai Berlingeri e i Mazza. Sbirciare il castello appena si arriva a Caccùri è facile è subito visibile la torre merlata che si erge sopra uno spuntone in arenaria su cui è costruito il rivellino e il castello. Certo col tempo il caastello ha subito rimaneggi