Post

Visualizzazione dei post da settembre, 2021

Il Pecorello bianco è una rarissima varietà di uva coltivata solo in Calabria.

Immagine
  di Maria Lombardo    Tra le province di Catanzaro e Cosenza, sul versante tirrenico viene coltivato questo vitigno conosciuto dai Magno Graeci. E’ una varietà capace di generare vini dai sentori fruttati, pieni e morbidi al gusto. Proprio perché considerato un vitigno minore intendo parlarne ed invitare all’assaggio! Cultivar a bacca bianca presente soprattutto nella provincia di Cosenza e noto localmente a partire dalla fine del 1800. Tra i suoi sinonimi c’è anche “Pecorino“, ma questo non deve far pensare a parentele col vitigno Pecorino conosciuto in centro Italia, essendo una varietà completamente diversa. Il Pecorello è quindi un vitigno calabrese a tutti gli effetti, riconducibile con tutta probabilità al Greco della zona di Rogliano, in provincia di Cosenza. Il Pecorello viene descritto per la prima volta in Calabria a fine Ottocento, anche la sua presenza in zona forse è più datata.Il grappolo è medio, cilindrico o conico, semplice o alato, da spargolo a leggermente compatto.

TOTO’ ED I “CORONEI” ARBERESHE DI CALABRIA.

Immagine
  di Maria Lombardo  Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, abbreviato in Antonio de’ Curtis, in arte conosciuto come Totò (1898-1967), dovette scontrarsi con una famigli di “coronei” calabresi! E sì, perché il “principe della risata”, vantava titoli principeschi su territori balcanici compresi la Dardania, il Peloponneso (antica Morea), conte di Cipro e d’Epiro nonché conte e duca di Drivasto/Drisht e Durazzo! Qualche anno dopo il riconoscimento legale dei titoli nobiliari, il nostro Totò dovette subire processi per “abuso di titoli nobiliari” intentati da altri nobili, compresa una famiglia calabrese“coronea”! Totò, che in fondo era una brava persona, lasciò perdere tutto ma se avesse voluto, i suoi avvocati avrebbero scoperto che la presunta nobiltà “coronea” di questa famiglia risaliva ai tempi di re Carlo III di Borbone e che quindi era fasulla perchè creata ad hoc da un notaio della zona compiacente! Questi nobili “coronei”

Calabria: vi ricordate “a pezzara”?

Immagine
  di Maria Lombardo  La mia bisnonna era molto agile nel confezionarla tanto è vero che c’era in tutti i corredi delle figlie e nuore. Arte delle vecchie “majistre” oramai dimenticata! Donne queste che erano totalmente analfabete ma capaci di rammentare e tramandare sequenze molto difficili per far passare duemila fili nei licci del telaio, donne capaci di fare necessità virtù non buttando nulla. Così nasceva “ a pezzara”! Era ed è un’esplosione di colori e nasceva dal recupero di vecchie stoffe che anziché essere buttate venivano ridotte   a striscioline e lavorate al telaio. Usata poi come tappeto come copriletto pesante o si faceva tovagliame quotidiano. Ebbene cari lettori non dimentichiamo da dove proveniamo quelle donne dal nulla producevano grandi capolavori e contribuivano a loro insaputa a salvaguardare il pianeta.

Caffeotto: il caffè al Bergamotto prodotto a Vibo Valentia una vera delizia!

Immagine
  di Maria Lombardo  Ha partecipato alle più grandi esposizioni per il settore enogastronomico e alberghiero a livello mondiale. Tra i prodotti alimentari presentati dai diversi paesi del mondo ha riscontrato enorme successo un prodotto proveniente dalla Calabria e precisamente da Vibo: caffeotto, il caffè al bergamotto. A produrlo è la Marago Caffè è una piccola torrefazione artigianale di Vibo Marina che ha inventato l’innovativo prodotto calabrese al 100%: un caffè al bergamotto denominato appunto “Caffeotto“.Caffeotto nasce grazie all’idea di due aziende calabresi: la Màrago Caffè e la Phytocal. Questa ultima ha sede a Potenzoni (VV) ed è specializzata in piante autoctone coltivate in Calabria. Si tratta di una miscela arabica al 20% e robusta all’80%, un aroma forte e agrumato.   Non mancate di provarlo vi stupirà.

Confettura di giuggiole: Delizia dell’autunno calabrese

Immagine
  di Maria Lombardo  La confettura di giuggiole è un composto spalmabile molto dolce e gustoso, adatto per consumare colazioni ricche di vitamine e frutta. E' inoltre l'ingrediente ideale per farcire crostate e altri dolci secchi. Si abbina perfettamente anche a formaggi freschi o poco stagionati. Ingredienti 1 kg di giuggiole mature 1/2 bicchiere d'acqua 500 gr di zucchero semolato o usarne di meno se desiderate. una scorzetta di limone Preparazione Versare in una casseruola le giuggiole precedentemente snocciolate insieme a una mela renetta tagliata a pezzettini e mezzo bicchiere di acqua.   Cuocere a fuoco vivo la frutta aggiungendo lo zucchero semolato ed la scorzetta di limone. Raggiunta la consistenza desiderata, togliere dal fuoco e versare la marmellata bollente in recipienti di vetro precedentemente fatti bollire in acqua; chiuderli ermeticamente con tappi sterilizzati e capovolgerli per cinque minuti, poi rigirare i vasi e coprirli con panni per comp

Antico villaggio minerario in località "Chiesa Vecchia" della Ferdinandea, Stilo (RC).

Immagine
  di Maria Lombardo  Si presume che il villaggio sia sorto nel periodo aragonese, intorno al 1300. La prima attestazione documentata di questo villaggio risale al 1602. Esistono i ruderi di una fornace di fusione, di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista del 1700 con cripta e costruita su una precedente chiesa di legno, ed infine, un palazzo amministrativo del 1600, rimaneggiato nel 1700, che era a due piani. Il piano superiore era riservato all'amministratore, i vani di sotto erano adibiti a magazzino per il ferro dolce, carcere e zona per l'artiglieria. Per giungere sul posto, adiacente alla Ferdinandea, si percorre il bosco di Stilo con alberi maestosi dove è possibile scorgere, come è capitato a noi di Viviamo la Calabria, qualche lepre che saltella, qualche falco che volteggia, il tutto avvolto da un silenzio interrotto solamente dai rumori del bosco.

FRANCESCO DE LUCA DA CARDINALE (CZ): L’UNITà D’ITALIA VOLUTA DAI CALABRESI

Immagine
  di Maria Lombardo  Francesco De Luca, è nato a Cardinale nel 1811 da Martino farmacista e da Maria Carello e morto a Napoli nel 1875. Studiò in primis a Catanzaro poi nel ’32 partì per Napoli dove si laureò sia in Scienze fisiche e nel 1835 quella in Diritto civile. Fu avvocato del Ministero delle Finanze presso la Gran Corte civile delle Calabrie e poi Decurione al comune di Catanzaro. Tornato a Napoli si specializzò in questioni economico-finanziarie e patrocinatore presso la Corte di Cassazione. Amico fedele di   Camillo De Meis, Carlo Poerio, Luigi Settembrini e Francesco De Sanctis “condividendone la passione per la libertà e l’amor di patria”. Allo scoppio dei moti del ’48 saggiò le carceri borboniche col fratello Vincenzo! La sua cattura però fu una conseguenza dei suoi scritti e di una pubblicazione intitolata “Della educazione politica de’ popoli del regno di Napoli”, in cui condannava la la monarchia assoluta e auspicava un governo di uomini onesti e preparati. Nel 1852 tor

Dalle Langhe piemontesi alle colline della Calabria: si chiama tartufo bianco

Immagine
(fonte foto:  www.calabriamagnifica.it )   di Maria Lombardo  E’ la nuova "star" dell'offerta enogastronomica calabrese. Non molti lo sanno, ma il tartufo bianco, quello che è ritenuto il "re" dei gustosi tuberi conosciuti e apprezzati sin dall'antichità, cresce in abbondanza anche sui rilievi calabresi. Non solo, ma i tartufi di Calabria hanno davvero poco da invidiare ai più celebrati fratelli subalpini. Oltre al bianco, il sottosuolo della regione ne cela ben otto specie di cui finora se ne ignorava, quasi completamente, l'esistenza. Apprezzato solo dai rari intenditori che lo conoscevano e custodito come un segreto, di quelli che si tramandano di padre in figlio, dai pochi cercatori che erano al corrente della sua esistenza, il tartufo di Calabria potrebbe vivere adesso una sua fortunata stagione. Gli chef della nostra Regione hanno da un paio di stagioni autunnali creato piatti luculliani con l’aglio dei ricchi e rispettando i cibi del territorio, i

Il castagnaccio alla Calabrese

Immagine
  di Maria Lombardo    Di solito abbiniamo il castagnaccio alla Pianura Padana, in realtà è un piatto comune, con delle varianti, a tanti paesi della catena appenninica, dalla Liguria alla Calabria. E' un piatto semplice, ma sostanzioso, in grado di riempire lo stomaco in breve tempo; un piatto che tutti potevano preparare in quanto l'ingrediente principale, ossia la castagna, era facilmente reperibile per la cucina montanara. Certamente in principio non conteneva la frutta secca, che arrivò con l'inizio del boom economico. Ebbene cari lettori le tradizioni in tutta la Calabria sono vivissime   la cui cucina è montanara. La castagna è declinata in ogni versione dal dolce al salato! Un tempo la nostra regione era tra le maggiori produttrici di castagne, però negli ultimi anni c'è stato un calo notevole. E adesso andiamo alla ricetta del castagnaccio calabrese Ingredienti 250 gr di farina di castagne, 50 gr di pinoli, 50 gr di uva passa, 50 gr di scorza d'aranci

Sapete che anche a Taverna (CZ) nel 1573 sapevano che i Romani erano andati in America.

Immagine
  di Maria Lombardo  Il geografo di Taverna Giovanni Lorenzo d'Anania nel suo trattato del 1573 L'Universale fabbrica del Mondo, ovvero Cosmografia, una descrizione della terra a quel tempo, parla del fatto che i Romani frequentassero l’America. A pag. 366 dell'edizione veneziana del 1582   è scritto: “ivi si perde' Panfilo Narbaes con la sua armata, e Panuco ch'è un proprio governo: quantunque conosca tal volta superiore la cancellaria di Messico: dove si narra esservi stato ritrovato nel tempo ch'era viceré di Messico Don Antonio Mendozza, un sepolcro con un huomo in arme all'antica Romana, e alcune medaglie d'oro con la descritione di Giulio Cesare perpetuo dittatore: onde si può congetturare esservi trascorsi i Romani, mentre fuggivano le discordie civili, e non che vi fussero andati a soggiogare questo paese, non essendo veduto altro della loro antica grandezza, e potenza".Dunque Gian Lorenzo D’Anania afferma di aver raccolto le relazioni dei v

Trippiceddi di pesce stocco alla Calabrese.

Immagine
  di Maria Lombardo Piatto dal sapore mediterraneo considerato una prelibatezza  ma dal   gusto forte ed inimitabile. Può piacere come non può piacere! INGREDIENTI 1 kg di trippiceddi di pesce stocco 300 g di pangrattato 50 g di pecorino 1 spicchio d’aglio 40g di capperi 1 cipolla rossa 750ml di passata di pomodoro olio extravergine d’oliva q.b. prezzemolo q.b. sale PREPARAZIONE Ammollate i trippiceddi in acqua per un paio di giorni cambiando continuamente l'acqua. Una volta ammollati Immergeteli in acqua calda e puliteli accuratamente, rimuovendo parti ancora dure. In una ciotola preparate mollica, pecorino, capperi, aglio a pezzetti, sale, e prezzemolo tritato, l’olio e qualche goccia di acqua, sufficiente per inumidire la mollica. Riempite i trippiceddi con questo composto e legateli con spago da cucina. Friggete i trippiceddi, e metteteli da parte. Preparate il sugo in una pentola capiente versate l’olio, la cipolla tritata finemente e fate rosolare pe

Bruno Vinci viene eletto Deputato in due legislazioni la IX e la X e si batte per il porto di Santa Venere oggi Vibo Marina

Immagine
  di Maria Lombardo  Il neo eletto Deputato Bruno Vinci presta giuramento nella tornata del 24 gennaio 1866. Con lui prestano giuramento i parlamentari Molinari, Raeli, Bon-Compagni, Mongenet. Risultano nelle documentazioni a suo nome contenute nei verbali redatti un mese di congedo accordato per problemi familiari. L’anno successivo, Vinci venne rieletto nella circoscrizione di Tropea e presta giuramento col Deputato Cadolini. In questa sessione il Deputato Vinci viene nominato Commissario in una sessione di scrutatori tramite sorteggio, siede nella Commissione di vigilanza sulla Cassa militare, i commissari scelti sono gli onorevoli Di Roccaforte, Vinci, Ricci Giovanni, Mazzarella, Lo Monaco e Viacava. Era il 25 aprile 1867. Sempre in questa legislatura Vinci si batte per lo stanziamento di fondi per il porto di Santa Venere oggi Vibo Marina. Effettivamente vennero stanziati 100.000 nel bilancio del’68 poiché vennero sospesi per deficienza di mezzi. Vinci in quell’occasione lamentava

LA SFIDA A DIO: Gennaro Placco volontario nella Rivoluzione Calabra subì le angherie della dittatura borbonica

Immagine
  di Maria Lombardo  Gennaro Placco (Civita, 1826-1896) un valoroso albanofono di Calabria combattente delle battaglie del Risorgimento. Partecipò come volontario nella Rivoluzione Calabra e nella battaglia di Monte S. Angelo (Passo di Campotenese), 30 giugno 1848, perse il dito della mano destra. Catturato fu gettato nell'orribile prigione del castello di Cosenza. Processato nel 1850 fu condannato a morte, la pena fu commutata poi in ergastolo e poi a 12 anni di carcere duro da scontare nella famigerata isola di Santo Stefano. Il regime borbonico metteva insieme delinquenti comuni e condannati politici affinchè i primi fiaccassero con vessazioni ed omicidi i secondi! Il Placco, che era di costituzione robusta, non si lasciò intimorire! Durante il trasferimento verso l'isola si scatenò una tempesta, il vapore borbonico rischiava di affondare ed allora con le catene che gli stringevano i polsi e sfidando le onde ed il vento, il Placco si erse in piedi e con i pugni rivolti al ci

Quando il grande giardino di palazzo Gagliardi a Vibo Valentia era cenacolo di arte e cultura

Immagine
  di Maria Lombardo  Dove oggi regna il più assoluto degrado un tempo era luogo di arte e cultura, viottoli e fontane facevano da sfondo ad un posto meraviglioso. Era il luogo del cuore della marchesa Gagliardi, moglie di Enrico che aveva sposato in seconde nozze e con la dispensa papale (era il fratello della madre) il 18 aprile 1860. Erano anni terribili per Monteleone di Calabria carestia, crisi ma la sagacia della donna spinse il marito ad edificare un grande palazzo con giardino sul retro che diede lavoro a 300 operai. Il giardino però cominciò a nascere nel 1783, quando il marchese acquistò pregiate piante da vivai di Champvert a pochi chilometri da Lione, in Francia. Caterina Gagliardi amava passeggiare e conversare con gli ospiti, tra queste la scrittrice Matilde Serao. Era una donna molto bella Caterina Gagliardi che in famiglia chiamavano Titina. Colta, generosa, altruista, fece parte delle pie istituzioni di Monteleone. Grazie a lei il palazzo e la villa erano divenuti il cu

CAPICODDHO AZZE ANCA GRECANICO

Immagine
Crediti foto:  www.calabriagourmet.com   di Maria Lombardo  Il capicollo grecanico! Viene ricavato dai suini allo stato semibrado proprio dall’anca dove la carne stagionata assume un colore rosato ed un profumo delicato. Si sposa con l’aroma del finocchietto, del pepe nero e del peperoncino rosso essiccato con cui viene arricchito. I suini vengono nutriti bene vietate farine di origine animale, insilati e OGM. Come detto in calce si ricava dall’anca mentre il tradizionale capocollo si ricava dalla coppa! L’anca tagliata e disossata assume forma cilindrica e viene lavorato da novembre a marzo, dopo essere stata tagliata e suddivisa in varie parti, viene salata a mano con sale marino e viene fatta riposare per circa 70 ore, durante le quali viene di tanto in tanto manipolata. Trascorso questo tempo, il capocollo viene ripulito e avvolto in veli di grasso piuttosto sottili, che gli garantiscono il caratteristico colore rosato e la consistenza tenera. Infine, all’insaccato si aggiungono gl

Oggi Badia di Nicotera (VV)

Immagine
  di Maria Lombardo  Piccola località nella collina Piraino, in provincia di Vibo Valentia e frazione sia del comune di Nicotera che di Limbadi. Conosciuto nell'antichità “ Casale d'Abbazia ", perché, tra i secoli IX e XIII, questa zona fu la sede di una comunità di monaci basiliani, seguaci di San Basilio (IV secolo), emigrati dall'Oriente, che costruì molti monasteri , principalmente nella zona di Poro, così come in altri centri della Calabria. Quasi sicuramente sono stati costruiti due monasteri nella zona di Badia: uno per uomini dedicato a San Nicola di Cassimadi o Muzzumadi e uno per donne, S. Maria di Muzzumadi. Anche in Badia, come in tutta la Calabria, gli effetti del terremoto del 1783 sono stati devastanti. Badia, all'epoca contava 320 abitanti rimasti senza casa e la chiesa stessa ha subito gravi danni. Il paese, oggi, è disputato da due comuni, infatti un piccolo ponte divide le comunità, che, nonostante tutto, convivono molto bene.