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Visualizzazione dei post da febbraio, 2023

GLI ENOTRI ANTICHI POPOLI DI CALABRIA

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 di Maria Lombardo  La parte della odierna Calabria, delimitata a nord dal fiume Lao, ad est dall'altopiano della Sila, a sud dall'istmo di Catanzaro (il punto piu' stretto d'Italia compreso tra i golfi di S. Eufemia e Squillace), ad ovest dal mare Tirreno, nel periodo dall' VIII al IV secolo a.C. e dalla maggior parte degli scrittori del tempo, fu chiamata Enotria. Gli ENOTRI raggiunsero un interessante grado di civiltà prima della cosiddetta “colonizzazione storica” da parte dei Greci. Si può attendibilmente affermare che con il nome di “Enotri” venne chiamato il popolo, già civilizzato ed organizzato, che i Greci, sbarcati nell'VIII secolo avanti Cristo sui lidi ionici in cerca di terre fertili e proficui commerci, trovarono nell'entroterra e con il quale intessero rapporti economici e culturali talmente ricchi e fecondi da produrre uno dei momenti più alti e fulgidi della civiltà occidentale di tutti i tempi, detta dai Romani, con sapiente, avveduta, esa

In Calabria per il 19 marzo si mangia la “Cicerata di San Giuseppe”

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 di Maria Lombardo   Sono ravioli dolci. Vengono preparati per la festa di San Giuseppe, celebrazione che ha dato appunto il nome al piatto stesso, ma anche durante tutto il periodo precedente alla quaresima. La particolarità di questi ravioli dolci calabresi – che li distingue da qualsiasi altro dessert tradizionale di questo tipo – è nella farcia: sono ripieni di una crema realizzata con una purea di ceci e, probabilmente, nascono dalla necessità del passato di usare ingredienti semplici, economici, comuni e onnipresenti nelle dispense di tutte le case. Il motivo per cui ancora oggi, pur avendo a disposizione ingredienti molto più raffinati, si continua a preparare   la “Cicerata di San Giuseppe”, è da ricercare nella bontà e nell’originalità di questo dolce estremamente raffinato, salutare e dalla consistenza morbida e pastosa.   ingredienti per la sfoglia   500 g. di farina 80 g. di zucchero 50 g. di strutto 3 uova Una bustina di vaniglina Vino bianco   q.b.(consigl

A Scigliano (CS) il “quarto mercoledi” di San Giuseppe si offre un cero votivo al Santo

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 di Maria Lombardo A Scigliano, un antico e caratteristico comune alle pendici della Sila, nella vallata del Savuto, completamente immerso nella macchia mediterranea, vivono da secoli, nella mente e nel cuore dei sui cittadini significative e suggestive tradizioni religiose. Tra queste, la più celebrata e sentita da tutti i cittadini, è quella che ogni anno, dal 1783 si rinnova il sacro rito della consegna di un "grosso cero votivo" in onore del Santo Patrono e Protettore, San Giuseppe. Questa sacra manifestazione è celebrata il "quarto mercoledì" dalla festività del 19 marzo, festa di San Giuseppe. Un rito radicatissimo e molto sentito! Scigliano è un comune della provincia di Cosenza, limitrofo a quella di Catanzaro e quindi più vicino al teatro del sisma del 1783. Così su quell’avvenimento, che certamente sconvolse tutti, s’innesca una sua tradizione popolare. Si vuole che mercoledì, 5 febbraio 1783, S. Giuseppe si manifesti a due sacerdoti: D. Luigi Talarico ed

Il mio 8 marzo va a MARIA ELIA DE SETA PIGNATELLI: la Madonna Silana

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 di Maria Lombardo Non nacque calabrese ma amò profondamente la nostra Regione e specialmente la Sila. Nasce a Firenze ma all’età di 25 anni si rifugia nel bosco di Callistro, in Sila,   con un bambino malato in braccio. Quella donna, “bellissima e affascinante”, ritratta nel 1937 dal pittore futurista Gino Severini (c’è anche un ritratto di Guttuso che però non si riesce a scovare), definita da Gabriele D’Annunzio «la Madonna silana» nelle liriche dell’Alcione, ma soprattutto colta, istruita in collegi tedeschi e inglesi, approda, il 1919, nel Gariglione, la secolare “foresta vergine” che piacque a Norman Douglas. Si legge, ed è come sentire la voce suadente della giovane in fuga «dal disfacimento sociale e morale che soffocava l’Italia» e alla disperata ricerca di una “patria” che, all’improvviso, come un destino le si dischiude nella montagna calabrese di cui perdutamente s’innamora. Autrice di un testo fra diario-romanzo (specie i dialoghi con Corrado Alvaro) - saggio, “Introdu

GLI ATLETI DI KROTON (l'antica CROTONE magnogreca)

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 di Maria Lombardo  La città che ebbe una tradizione di olimpionici più radicata fu Crotone, dove la pratica ginnica era molto diffusa ed ampiamente consigliata dalla famosa scuola medica locale quale mezzo da associarsi alla dieta per garantire la salubrità del corpo. Pitagora in persona si interessò all'atletismo e all'agonismo, valori che permeavano la classe aristocratica crotoniate cui il filosofo era legato: basti pensare che, secondo la tradizione, a lui risaliva l'introduzione della dieta a base di carne per gli atleti in allenamento. Un crotoniate, il pugilatore DAIPPOS, fu il primo atleta non peloponnesiaco a vincere alle Olimpiadi del 672 a.C.; dal 588 a.C., per circa un secolo, si susseguirono, in 28 Olimpiadi, 19 vittorie di atleti di Crotone, un numero molto alto se si pensa che Atene e Sparta ottennero 8 successi ciascuna. Tutto questo presuppone una massiccia presenza alle gare: Strabone ricorda il piazzamento ai primi 7 posti in una gara di corsa di soli at

La ricetta delle uova e pomodori alla calabrese: venerdì di Quaresima

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 di Maria Lombardo  Le uova, infatti, non sono mai mancate sulle tavole dei contadini. Anzi, sono sempre state una risorsa fondamentale della cucina povera, anche in sostituzione della carne che spesso – per obbligo o per necessità – non si poteva mangiare. Rispetto alle altre, la ricetta delle uova e pomodori alla calabrese si distingue per tre motivi. Innanzi tutto l’essenzialità degli ingredienti: solo uova, pomodori e cipolla, senza aromi di alcun genere, nemmeno una spolverata di prezzemolo. C’è poi il fatto che i pomodori non sono in salsa, ma quasi crudi: solo tagliuzzati e lasciati dolcemente maturare per poco tempo su poco fuoco. E infine c’è la denominazione di origine garantita dalla presenza del peperoncino. Un ingrediente, quest’ultimo, da usare con moderazione, così da vivacizzare il piatto. Le uova e pomodori alla calabrese che abbiamo cucinato noi, contengono una variazione che vi consigliamo, rispetto alla ricetta riportata qui sotto. Non abbiamo sgusciato le uova di

MONASTERO ITALOGRECO DEI SANTI SERGIO E BACCO (Ruderi di complesso cenobitico – VIII secolo) Drapia (VV).

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 di Maria Lombardo  La storia di Drapia (Trapianè, Τραπειανή in greco antico) è intimamente legata al famoso monastero dei Santi Sergio e Bacco, perché fu appunto attorno a questo che trovarono rifugio e protezione i primi scampati alle incursioni saracene, dando così vita al nucleo abitativo. Il cenobio, eretto dai monaci italogreci agli albori dell’VIII secolo. La tradizione voleva che il luogo per costruire il convento sia stato regalato dagli eredi di una nobile famiglia tropeana, la famiglia di Santa Vergine e Martire Domenica, e perciò i monaci, nella recita dell’ufficio divino commemoravano sempre la Santa. Il cenobio fu luogo di dimora di veri santi asceti, lontano dai rumori del mondo e non visto dal mare, da dove avrebbero potuto irrompere degli infedeli e distruggerlo. Vi era l’orto e il boschetto con una fonte di acqua salubre, la quale scorre ancora ed è detta “Vardaro”. In seguito, con l'avvento dei Normanni, venne imposto sulla regione l'adesione alla liturgia la

Oggi vi parlo del formaggio degli “albanesi” di Cavallerizzo (CS) e dintorni

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 di Maria Lombardo Questo formaggio è prodotto tutto l'anno nei paesi albanesi della Calabria, in particolare è rinomato quello prodotto a Cavallerizzo di Cerzeto (CS). E’ ottenuto da latte vaccino di bestiame alimentato al pascolo estensivo naturale, integrato con mangimi. La forma si presenta cilindrica, con scalzo dritto di altezza 4-8cm; il diametro delle facce va dai 14 ai 22 cm; il peso varia da 1 kg a 3 kg. La crosta si presenta rigata e dura, il colore è giallo intenso con macchie color nocciola, la pasta compatta e scagliosa presenta occhiatura rada a distribuzione irregolare. Il sapore è deciso e il profumo è intenso. La lavorazione è la stessa del Pecorino con la variante che la cagliata subisce ancora una semicottura a 43-44°C, dopo essere stata rotta. Dopo la semicottura la cagliata viene pressata a mano, spurgata e messa a sgrondare il siero residuo per 3-4 giorni. La salatura avviene a secco.La maturazione avviene in 2 mesi in ambiente fresco e buio. La stagionatura

La peste a Reggio Calabria del 1743…uno dei problemi di Carlo III di Borbone

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 di Maria Lombardo   Era da un po' di tempo che intendevo parlarvi della peste a Reggio, argomento approfondito durante la mia carriera accademica. Nella primavera del 1720, una tremenda pestilenza colpì Marsiglia: il contagio, come di consueto, giunse dal mare su un vascello proveniente da Oriente, e si diffuse grazie all'imprudenza di chi cercò di occultarlo e di chi non seppe gestirlo. Quella marsigliese fu una delle ultime grandi epidemie europee di età moderna, ma, per l'appunto, non fu l'ultima. Ecco che l’epidemia colpì le due sponde dello Stretto! Nel marzo del 1743, un mercantile genovese salpato da Levante attraccò a Messina, portando con sé il morbo letale che presto si diffuse nella città dello Stretto. Le autorità reggine presero le dovute precauzioni vietando i contatti con la sponda opposta, ma diversi marinai della Fossa (attuale Villa San Giovanni) non cessarono l'esercizio del contrabbando, attività da sempre fiorente tra la Calabria e Messina ta

Polpette calabresi con ricotta e in brodo

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 di Maria Lombardo    Le polpette di ricotta in brodo sono un primo piatto adatto al periodo invernale. Allora, vediamo un po’ come si fa! Ingredienti: 500 g di carne di manzo 300 g di ricotta di pecora 100 g di mollica di pane 50 g di pecorino grattugiato 2 l di acqua 1 ciuffo di prezzemolo 1 uovo 1 carota 1 costa di sedano 1 cipolla Pepe q.b. Sale q.b. Preparazione : Iniziate con la preparazione del brodo di carne. Lavate sotto l’acqua corrente e asciugate la carota e la costa di sedano. Tagliate a rondelle la carota e a pezzi grandi il sedano, dopo aver eliminato i filamenti. Sbucciate la cipolla e affettatela finemente. Munitevi di una pentola con i bordi alti e versate al suo interno i 2 litri di acqua, aggiungete le verdure e la carne di manzo, quindi condite con un pizzico di sale. Chiudete la pentola con un coperchio e portate il tutto a bollore su fiamma debole per circa 2 ore. Nel frattempo preparate le polpette. Versate in una ciotola mezzo bicchiere di acqua tiepi

Longobucco (CS) rinomata per la pregiata fattura dei suoi tessuti

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 di Maria Lombardo Abilissime, le longobucchesi tessevano i loro proverbiali corredi, con elaborate lavorazioni a rilievo, e disegni originali. “Cuverte chi nun hannu li mercanti, – canta una canzone popolare longobucchese – bellizze chi nun ha mancu lu sulu / haju giratu da Napuli avanti: cuverte cume cchiste un ci nna sunu!”.La bravura di queste tessitrici cominciò a farsi conoscere fuori regione quando, nei primi dieci anni del ‘900, l’etnografo Lamberto Loria iniziò a raccogliere nella sede fiorentina di via Coletta 2 dell’allora Museo di Arti e Tradizioni popolari, manufatti che sarebbero stati inclusi nella prima Esposizione internazionale di Roma del 1911, ebbene si cari lettori nella mia carriera universitaria ho studiato bene quella mostra. Lo stupore suscitato dalla bellezza di quei lavori femminili veniva così descritto dal folklorista di Cetraro Giovanni De Giacomo: “Quando le coperte di Longobucco, nel 1909, furono tratte fuori dalle casse, alla luce del sole, in via Colle

Il Castello dell'Abatemarco o Castello di San Michele a Santa Maria del Cedro (CS)

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 di Maria Lombardo Prende il nome dall'abbazia annessa, nata prima e forse per questo Abatemarco, dal nome di un abate che è testimone del passaggio dell'influenza bizantina al monachesimo benedettino. Probabilmente   di origine normanna, è situato su uno sperone roccioso nei pressi del fiume Abatemarco, nel comune di Santa Maria del Cedro. Il feudo passò sotto dominazione Angioina e Aragonese e diventò proprietà delle più grandi famiglie del tempo: nel 1275 apparteneva al giustiziato di Val di Acri e nel 1305 ne era signore il famoso ammiraglio Ruggiero di Lauria. Nel 1414 il feudo viene acquistato da Arturo Pappacoda di Napoli, siniscalco del re Ladislao, al quale si deve anche la statua in legno d'ulivo di San Michele ritrovata nella chiesetta annessa al Castello. Nel 1511 divenne feudo della casata dei Brancaccio. Dopo numerosi passaggi sotto varie famiglie di feudatari, come i Sanseverino e i Carafa, e soprattutto dopo vari periodi di carestie, il castello passò nel 17

5 febbraio 1783 la Calabria è distrutta dal “gran fragore” Conflenti (CZ) rimase illesa

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 di Maria Lombardo “Il 5 febbraio il sole s’era alzato radioso. Appena alcune nuvole leggere si mostravano lontano nel cielo. La temperatura era fresca e non c’era un alito di vento. Né l’Etna, né il Vesuvio, né lo Stromboli davano segno di attività anormale nei loro crateri. Tutta la natura, all’approssimarsi della primavera, cominciava a rivestire il suo ornamento di feste sotto i raggi d’un sole brillante. Niente avvertiva dell’avvicinarsi del pericolo e l’uomo si lasciava andare alla tranquillità d’una fiducia assoluta”. (Dialetto Conflentese- Tonino Coltellaro) La storia Il 6 febbraio del 1783 in Calabria e in Sicilia ci furono delle forti scosse di terremoto che provocarono morte e distruzione. L’unico paese che non subì danni fu Conflenti. Questo avvenimento portò i conflentesi a pensare di essere stati miracolati dalla Madonna della Quercia di Visora e per questo motivo, decisero di ringraziarla attraverso una processione della statua della Madonna per le vie del paese. Q