GLI ENOTRI ANTICHI POPOLI DI CALABRIA


 di Maria Lombardo 


La parte della odierna Calabria, delimitata a nord dal fiume Lao, ad est dall'altopiano della Sila, a sud dall'istmo di Catanzaro (il punto piu' stretto d'Italia compreso tra i golfi di S. Eufemia e Squillace), ad ovest dal mare Tirreno, nel periodo dall' VIII al IV secolo a.C. e dalla maggior parte degli scrittori del tempo, fu chiamata Enotria. Gli ENOTRI raggiunsero un interessante grado di civiltà prima della cosiddetta “colonizzazione storica” da parte dei Greci. Si può attendibilmente affermare che con il nome di “Enotri” venne chiamato il popolo, già civilizzato ed organizzato, che i Greci, sbarcati nell'VIII secolo avanti Cristo sui lidi ionici in cerca di terre fertili e proficui commerci, trovarono nell'entroterra e con il quale intessero rapporti economici e culturali talmente ricchi e fecondi da produrre uno dei momenti più alti e fulgidi della civiltà occidentale di tutti i tempi, detta dai Romani, con sapiente, avveduta, esatta scelta del termine “Magna Grecia”. L'organizzazione politica degli Enotri fu prevalentemente di tipo oligarchico – monarchico e, soprattutto federativo. Il capo assumeva il comando militare e disponeva della vita e della morte dei suoi sudditi in tempo di guerra; in tempo di pace attendeva al governo della comunità con “paterna” cura, amministrando la giustizia e organizzando le attività cittadine. Un Consiglio, oltre che ad esprimere nel suo seno il capo, divenuto “primus inter pares”, collaborava con questi nel governo ordinario, attenuandone notevolmente il potere individuale. “L' Assemblea dei cittadini liberi” non aveva altra funzione o diritto che apprendere le decisioni del Capo e del Consiglio per eseguirne i deliberati. Più città, probabilmente dodici, come in Arcadia e come più tardi nella stessa Enotria diventata, o ridiventata, Bruzio, erano “federate” tra di loro, individuando un popolo, riconosciuto e caratterizzato da uniformità di costumi, religione, interessi, ambiente, idioma, guidato da un “sommo capo”, anch'egli primus inter pares, fra i dodici capi delle singole città. Veniva chiamato in momenti di pace “MEDDIX TUTICUS”, cioè giudice supremo, e amministrava la giustizia, le attività economiche e gli interscambi tra le diverse città, nonché i fatti più importanti che potevano interessare una singola città. Veniva assistito e collaborato dal Consiglio dei dodici rappresentanti delle città federate. Assumeva ogni potere, diventando RE e condottiero nei momenti di guerra o di gravissima crisi interna. I Principi avevano la responsabilità del governo all'interno delle singole città; davano conto del loro operato all' Assemblea dei cittadini, la rappresentavano nel Consiglio di federazione, trasmettevano alla propria città le decisioni del Consiglio federale e del capo supremo. La classe sacerdotale, quando e se non si immedesimava con quella dominante, esercitava il ruolo fondamentale di mediazione del potere del Capo nei confronti del popolo, che grazie ad essa, accettava, subiva, manteneva e salvaguardava il potere istituito. Gelosa depositaria dei “segreti” della scienza, dell'economia e della cultura, costituiva il riferimento costante del potere civile stesso e di ogni importante decisione. Incerta è la figura del “cittadino enotrio” . In tempo di democrazia, assumeva a rotazione le cariche locali, partecipava alle assemblee, eleggeva il consiglio locale all'interno del quale veniva individuato il “lucumone”. In tempo di oligarchia, attendeva alle pubbliche funzioni secondo gli ordini e le decisioni del “principe” e del suo apparato burocratico. Ecateo da Mileto li descrive come un popolo di montanari, dedito alla pastorizia, che rese abitata ogni contrada della fertile terra di Ausonia. Polibio li dice un popolo in possesso di “ogni virtù, per onestà di costumi, benignità della natura, ospitalità verso tutti, e diverso dagli altri greci per colpe e crudeltà; notevole per religioso rispetto verso gli dei”. Virgilio declama l'Enotria “terra antica, potente in armi e feconda, gli Enotri la coltivarono”. Per esercitare la pastorizia, disboscarono le colline e le lussureggianti e strette valli che, unitamente alle gole profonde ed alle aspre montagne, costituivano originariamente, in un tutt'uno, un'uniforme distesa boschiva. Il disboscamento e l'acquisizione dei “misteri” della fecondazione della terra, in un ambiente naturale quanto mai propizio, crearono le premesse per un'agricoltura ricca di messi e di frutti. La fecondità di questi luoghi di Ausonia, “terra che ogni cosa aumenta”, che moltiplica i semi ed i frutti, ben presto li attirò all'agricoltura e, quindi, all'artigianato, agevolato quest'ultimo dalla ricchezza e dalla qualità delle cave di argilla, dai primi scambi e baratti, dalle prime leggi comportamentali, dagli ordinamenti articolati di una cultura che si faceva sempre più tipicamente urbana. Sono descritti pacifici e operosi, a volte forti e bellicosi, tal altre austeri e magnanimi, sempre, però, ospitali come nessun altro, certamente seppero essere gli uni e gli altri a seconda delle diverse circostanze politiche. Omero, che li conobbe in uno stadio di civiltà avanzato, quando già il re Italo li aveva convertiti all'agricoltura ed i traffici tra Asia, Africa ed Europa li avevano collocati nel pieno centro di un turbinio di ricchezze e di idee, discorrendo del popolo dei Feaci, popolo che si ritiene idealizzazione poetica degli Enotri, li descrisse quanto mai felici, soprattutto perché vicini al regno degli dei.L'Enotria fu ricca di sorgenti e di fiumi. La possibilità di attingervi facilmente e continuativamente determinò la capacità di alcuni luoghi di assurgere a elevati livelli di insediamento. I fiumi, che rendevano fertili i campi, disponibile un copioso pescato, percorribile il territorio da monte a valle, costituivano una forte attrazione per livelli organizzativi sempre più alti e forti. Il punto di confluenza di alcuni di essi rendeva il luogo strategico, costituiva elemento determinante di scelte insediative di sicuro prestigio.


Commenti

Post popolari in questo blog

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

La Riganella è un dolce del rituale pasquale, tipico delle comunità d'origine albanese

” U SACCHIETTU” di Longobucco (CS)anticipiamo il Capodanno Calabrese!