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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Correva l’anno 1983 a Limbadi (VV) viene eletto Sindaco da latitante Don Ciccio Mancuso.

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  di Maria Lombardo  Era latitante Don Ciccio Mancuso lui il “Re” di Limbadi risulta essere il primo degli eletti. Nato in una numerosa famiglia di pastori-contadini, pastore egli stesso prima di diventare piccolo e poi grande imprenditore agricolo, entrò giovanissimo nel Pci e nella Federterra. Fuori dal partito comunista nel 1973, fece la campagna elettorale del 1980 per la Dc. Compagno comunista i tra gli anni ‘70 e ’80 prima di divenire un mafioso di tutto punto. Aveva un sogno però diventare sindaco di Limbadi perché la politica prima dell’incontro con la malavita blasonata sapeva farla. Era carismatico e quel carisma lo riversò nella ‘ndrangheta. Torniamo alla storia il paesino di Limbadi nel novembre del 1983 è chiamato ad eleggere il suo Sindaco, Don Ciccio era candidato ma fu lui l’ispiratore di una lista civica “Ramoscello d’olivo”. Sbancava ai seggi delle comunali di novembre. Una tornata elettorale che lo aveva visto il più votato. Uno scandalo visto che si trattava di un n

"La ricorrenza” del 5 febbraio ad Aprigliano nella frazione Vico (CS).

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  di Maria Lombardo  Si svolge nella frazione Vico il 5 febbraio di ogni anno una processione penitenziale, rito che affonda le radici al lontano 1783 se non addirittura ancora più indietro nel tempo per capire meglio perché la popolazione di Vico ha ereditato questa usanza che si tramanda da padre a figlio. Al tempo che vi sto narrando Vecio “ fu anch’esso sconvolto dal terremoto del 5 febbraio 1783 ma miracolosamente il villaggio Vecio ,attuale Vico ,fu risparmiato dalla distruzione. In un precedente sisma - avvenuto il sabato delle Palme del 27 marzo 1638 - che distrusse molte città e paesi del sud Italia come ci ricorda F. Bernaudo nel Il tremuto di Calabria, Napoli 1639. Vecio venne collocato a destra del Crati arroccato sulle pendici collinari presilane, era stato ricostruito dopo il terribile terremoto. Ebbene rimase indenne la Chiesa di Santa Maria delle Grazie costruita da frati Agostiniani Riformati intorno al 1400 con annesso convento e chiosco-oggi praticamente inesistenti-

“A frittata e carnelevaru Petramalise” di Cleto (CS) per martedì grasso

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  di Maria Lombardo  La frittata spaghetti ricotta e salsiccia si fa a Cleto   un piccolo borgo calabrese qua tra tutte le pietanze ricorrenti nel periodo di carnevale, spicca la frittata di spaghetti. In ogni paese la frittata si fa in modo diverso! Gli ingredienti in genere sono sempre ricorrenti e cioè spaghetti, uova, salsiccia calabrese il più delle volte di produzione propria e fatta in casa. La frittata spaghetti è bello mangiarla in compagnia di amici o in famiglia, essendo una pietanza ricca fa da piatto unico, l’abbinamento a un buon vino di produzione locale rende la giornata particolarmente gioviale. Frittata spaghetti ricotta e salsiccia – Ricetta calabrese. La differenza di questa frittata spaghetti è che deve essere sottile e bella croccantina fuori e ben cotta all’interno, la ricotta può essere sostituita con il pecorino fresco “primo sale” o ”tuma”. Ingredienti : - 500 gr di spaghetti / spaghettini; - 8 uova; - 250 gr di ricotta di pecora; - 150/200 gr di salsiccia da

Paglietta calabrese ecco come i napoletani si beffavano degli studenti calabresi durante il Carnevale.

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 di Maria Lombardo  «Paglietta Calabrese» la parodia dell’uomo di legge alquanto imbranato. Durante il Carnevale era permesso sfottere i propri rivali o di altri ceti, gruppi culturali; come in questo caso, si deridevano gli studenti calabresi che frequentavano l’Università di legge a Napoli. Questa maschera andava in processione con il corteo dei farinari dove recitava una scenetta, immedesimandosi nel classico provincialotto sbalordito dalla grande città. Presenza fissa del Carnevale Napoletano dal XVII secolo. Sul suo capo il tricorno, il cappello a tre punte, decorato da un nastro nero con fiocchetti a ciascuna delle punte, che posa su di una parrucca di stoppa; indossa l’occhialino o gli occhiali tondi ricavati da una buccia d’arancia; la camicia conta il colletto a vela, smisuratamente grande e appuntito, di carta; veste ancora una giamberga arabescata, un panciotto fiorato, i pantaloni al ginocchio, a calice, secondo l’uso settecentesco, le scarpe a borchia. Quando passeggia si

Il cacioricotta calabrese anticamente detto Pane degli Angeli

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  di Maria Lombardo    Il Cacioricotta calabrese è un classico formaggio grasso, fresco o di media stagionatura, a pasta semidura, tipico delle province di Reggio Calabria e Cosenza, prodotto con latte di capra di diverse razze. Si narra che la Ricotta venne scoperta da un pastore che dimenticò di svuotare la caldaia dal siero. Quando se ne accorse, notò dei fiocchi bianchi e soffici dal sapore dolce galleggiare sul siero dimenticato. Il nome Ricotta deriva appunto dal latino recoctus, cioè ricottura. Con l’avvento della moderna tecnica casearia, invece, si è capito che riscaldando il latte a temperature vicine ai 90° le proteine del siero potevano essere coagulate con il raffreddamento assieme alle caseine che compongono normalmente il formaggio. Il Cacioricotta calabrese viene prodotto portando il latte crudo alla temperatura di 85-90°, poi raffreddato a circa 36-37°, inoculato con sieroinnesto e addizionato con caglio di capretto. La cagliata viene poi rotta alle dimensioni di un

I Taralli dolci di San Biagio: 3 febbraio in Calabria

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 di Maria Lombardo      Anche San Biagio è una ricorrenza molto sentita in Calabria! Se volete approfondire un rito molto particolare c’è quello praticato a Serra San Bruno di cui vi ho parlato nelle scorse stagioni.  Eccovi una ricetta per onorare anche questa festa pre-quaresimale: •         500 gr di farina; •         1 pizzico di sale; •         1 uovo; •         130 gr di zucchero; •         15 gr di lievito di birra; •          250 gr di latte; •         1 cucchiaio di semi di anice; •         60 gr d’olio di semi di girasole; •         latte qb da spennellare sopra.   Preparazione della ricetta Taralli dolci di San Biagio 1.  In una ciotola mescolare la farina, il sale, l’olio, lo zucchero e l’uovo. 2.    Sciogliere il lievito di birra nel latte tiepido e versarlo nel composto precedente. 3.   Mescolare il tutto e lasciare riposare nella ciotola coperta con un canovaccio per 2 ore. 4.   Dopo la lievitazione, formare con l’impasto i taralli, coprir

Il rito del funerale di “zu Nikolla” e i diavoli nel mercoledì delle ceneri in Arberia Calabra.

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Crediti foto: Gazzetta del Sud   di Maria Lombardo  Nel calendario delle festività arbëreshe, occupa un posto di rilievo il Kalevari. Una cosa è certa la Chiesa ha faticato molto per reprimere anche duramente i riti pagani utilizzando ogni stratagemma. Il mercoledì delle Ceneri, durante il carnevale albanofono, viene svolto il funerale di "zu Nikolla", un vecchio vestito di stracci. Quello che succede il martedì grasso è la premess del pianto di Zù Nicola, della morte del Carnevale, fondamentale rito di purificazione, attimo di riflessione profonda e di contrasto con la sfrenatezza del martedì e dei diavoli.Nel rito del pianto di Zù Nicola, un corteo funebre, con tanto di cassa da morto, moglie addolorata e numerose amanti al seguito, "Si piange Zu Nicola" (Qahet Cu Nikolla), scoppiato per aver ingurgitato troppo cibo, per aver troppo bevuto, per l'eccessiva sfrenatezza.Un finto prete accompagna il corteo e la vedova, confortata dalle amanti, non perde occasione

Vi porto alla Villa romana del Naniglio di Gioiosa Jonica (RC)

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Crediti foto: https://www.lentelocale.it/home/   di Maria Lombardo  Fuori dal centro storico di Gioiosa Jonica si trova la Villa romana del Naniglio, edificata verso la fine del I sec. a.C. e che raggiunse il massimo splendore intorno al III sec. d.C., per poi subire un lento e progressivo abbandono nei secoli successivi. Probabilmente si trattava di un podere di grandi dimensioni legato ad una famiglia di proprietari terrieri e data la sua posizione, nella valle del fiume Torbido, era uno snodo essenziale per il traffico dallo Jonio al Tirreno. Il nome “Naniglio” deriva dal greco e significa “Tempio del Sole” (Naòs tu ìliu) e ciò ha fatto ipotizzare che questa zone fosse in realtà un luogo sacro dedicato a Mitra, come attesta il ritrovamento di un busto marmoreo raffigurante un Genio Mitriaco, oggi conservato nel Castello dei Pellicano di Gioiosa Ionica. La pianta è organizzata secondo un corpo principale di forma allungata, con annessi alle estremità due corpi più piccoli. L’elemento

“Pitta china” con broccoli di rapa e salsiccia: una luculliana versione invernale

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di Maria Lombardo  Tipica della provincia di Vibo Valentia, è la versione calabrese della pizza napoletana con i friarielli – i broccoli di rapa, che vengono saltati in padella assieme alle salsicce – ed è composta da due sfoglie di pasta da pane che racchiudono il saporito ripieno. A differenza di quella partenopea, però, la focaccia di Calabria è resa piccante dalla ’nduia, il salame spalmabile originario del borgo di Spilinga, che si ottiene dalle parti povere del maiale (milza, stomaco, intestino, polmoni, cuore) aromatizzate con abbondante peperoncino. Attenzione lettori nel blog ho già parlato di questo manicaretto proveniente dalla tradizione magno greca ma nella versione estiva. Ingredienti : - 500-600 g di farina - 2-4 cucchiai di strutto - 1 bicchiere di latte - 2 uova - 15 g di lievito - sale - 200 g di broccoli di rape - 100 g di salsiccia piccante fresca Preparate la pasta con la farina, il latte, il lievito, le uova e un pizzico di sale: impastate gli ingredienti fino a

Sapete che a Luzzi (CS) si pratica la strenna carnevalesca: “ a supprissatara”

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Crediti foto: https://prolocoluzzi.wordpress.com/   di Maria Lombardo  La “supprissatara” è una strenna ben augurante tipicamente luzzese. Ed è un unicum ossia si svolge solo nel borgo di Luzzi, per il resto vi ho già spiegato in questo blog che vi sono altri canti augurali ma solo per il Natale. Gruppi di amici composti da cantori e strumentisti, si ritrovano nella piazza del paese verso le ore 23,00 e da lì iniziano il percorso canoro verso le case di amici. Gli strumenti utilizzati per l’esecuzione sono: le fisarmoniche, le chitarre, un tamburello e “u murtali”. Chi riceveva nel cuore della notte la strenna, si poteva considerare beneficiato da un rituale di buon auspicio. A completamento del canto, i musicisti venivano accolti in casa di fronte ad una tavola bandita di ogni bene. Dopo essersi ristorati, si salutava eseguendo la strofa finale, per poi continuare il percorso canoro recandosi da altri amici. I riti radicati non scompaiono lo si sa bene ma mutano oggi giorno complice i

La processione di “nannuzzu carnelivari” di Luzzi (CS)

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  di Maria Lombardo  La festa di Carnevale in Calabria, ha quindi origine da diverse tradizioni che si vennero incorporando nel profondo tessuto etnico locale. I rituali dell’incoronazione, del processo, del testamento, della morte, del bruciamento di Carnevale - che variavano da zona a zona, da paese a paese - riconducono ad antichi riti agro-pastorali di inizio anno, di rinascita della natura, di passaggio da una stagione all’altra, in cui centrale era il rapporto con i morti e con le divinità sotterrane. Ancora oggi a Luzzi, in provincia di Cosenza, rimane la processione di “nannuzzu carnulivaru”, l’antico rito funebre che celebra la morte di Carnevale. Il fantoccio, che impersona tutto quello che è vecchio e che rappresenta il male che è successo nell’anno trascorso, viene bruciato sulla pubblica piazza a tarda sera. I partecipanti alla singolare processione si vestono con delle tuniche bianche e con un copricapo di forma appuntita dello stesso colore, e piangono la morte di “nan

A pitta fritta cu' mustu cuotto! (miele di fichi o vino cotto)

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  di Maria Lombardo  Quanti di voi la conoscono? Penso che siamo in tantissimi ad averla mangiata, questa invernale   e la temperatura è il periodo giusto per farla come facevano le nostre mamme semplicemente con acqua farina e sale, la pitta fritta a volte risolveva la cena di tutta la famiglia e a volte diventava un   dolce   prelibato, inondato di miele di fichi cotte o di vino cotto che delizia. Questa pitta fritta è un altro piatto dei ricordi ed è una dolcezza tutta calabrese.  Ingredienti : - 380 grammi di farina tipo “00”; - 420 ml di acqua; - miele di Fichi; - sale; - olio di oliva calabrese. Mescolate la farina con l’acqua aggiustando il sale, fino ad ottenere un impasto della stessa consistenza di quello realizzato per la pastella delle frittelle, stando attenti a non far formare grumi. Successivamente, mettete a friggere dell’olio di oliva in una padella, e quando sarà a temperatura versate l’impasto nella padella (realizzando una pitta fritta per volta), lascia

“A savuzizza sutt’u grassu” antica conserva invernale calabrese

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Crediti foto: https://lemamagazine.it/   di Maria Lombardo  Salsiccia conservata nello strutto del maiale è questa una conserva per conservare le salsicce dopo un periodo di stagionatura. Nelle famiglie calabresi ci si dedicava in questo periodo, come da tradizione, alla produzione dello strutto che altro non è che la fusione del grasso sottocutaneo del suino. Nel blog troverete l’antica ricetta per ricavare la saimi. E con questo usiamo conservare la salsiccia e le braciole di carne e di cotiche. Ecco come fare! Quando la salsiccia è semi stagionata viene pulita (dalla patina che si crea durante la stagionatura) con un canovaccio di cotone. Va sistemata nei vasetti di vetro. A parte bisogna sciogliere in una pentola il grasso del maiale e versato nei vasetti. Vanno lasciati aperti e tappati il mattino seguente quando lo strutto sarà addensato. La salsiccia si manterrà integra anche per qualche anno. In ambiente fresco ovviamente, altrimenti d’estate col caldo può andare a male. Vi ass