Paglietta calabrese ecco come i napoletani si beffavano degli studenti calabresi durante il Carnevale.



 di Maria Lombardo 

«Paglietta Calabrese» la parodia dell’uomo di legge alquanto imbranato. Durante il Carnevale era permesso sfottere i propri rivali o di altri ceti, gruppi culturali; come in questo caso, si deridevano gli studenti calabresi che frequentavano l’Università di legge a Napoli. Questa maschera andava in processione con il corteo dei farinari dove recitava una scenetta, immedesimandosi nel classico provincialotto sbalordito dalla grande città. Presenza fissa del Carnevale Napoletano dal XVII secolo. Sul suo capo il tricorno, il cappello a tre punte, decorato da un nastro nero con fiocchetti a ciascuna delle punte, che posa su di una parrucca di stoppa; indossa l’occhialino o gli occhiali tondi ricavati da una buccia d’arancia; la camicia conta il colletto a vela, smisuratamente grande e appuntito, di carta; veste ancora una giamberga arabescata, un panciotto fiorato, i pantaloni al ginocchio, a calice, secondo l’uso settecentesco, le scarpe a borchia. Quando passeggia si fa precedere da un servitore in divisa con l’ombrello e la sacca da viaggio. Si ferma dinanzi le botteghe, saluta i commercianti con lunghe rime a tiritera, cacciando dal taschino uno scartafaccio, aprendolo, e cominciando a leggere… filastrocche carnevalesche. Il ruolo sociale che interpreta è quello dell’avvocato o notaio, mentre i suoi attori appartengono invece alla plebe. Sua funzione pare fosse anche quella di provocare le maschere seriose dei ceti medi che a in sera tarda camminavano per le strade recandosi nelle case. Nel corso del XIX secolo questa maschera si carica di umori polemici e di spunti di critica sociale, superando i limiti della parodia giocosa dell’uomo di legge, e sconfinando in una sorta di satira. Tipica dell’epoca era infatti la satira nei confronti dei provinciali: nelle canzoni del Carnevale delle Corporazioni si prendeva di mira il misero pasto degli studenti calabresi che frequentavano l’Università di Napoli. Il calabrese veniva definito “paglietta”, cioè avvocaticchio, e considerato un provinciale tonto che, spinto dalla fame, chiedeva ai farenari napoletani di poter partecipare al carnevalesco “saccheggio del pane”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

La Riganella è un dolce del rituale pasquale, tipico delle comunità d'origine albanese

” U SACCHIETTU” di Longobucco (CS)anticipiamo il Capodanno Calabrese!