Antichi mestieri: ‘A mammina







di Maria Lombardo 
Nel web mi sono imbattuta in un pezzo riferitosi a questo antico mestiere, ovvero la levatrice, dove si affermava:
” Secondo una stima approssimativa, la mammina ha fatto nascere la bellezza di 70 mila bambini”, riferendosi ad Anna Mazzitelli. Presumo che chi ha scritto il pezzo in questione non abbia tenuto in conto la demografia del comprensorio di cui parliamo, ovvero la cittadina di Nicotera (VV), nè che la mammina Mazzitelli che fece nascere mia mamma  non era un robot. La vita delle mammine era scandita dai ritmi che citerò nel pezzo, non c’era il tempo materiale per far nascere 70.000 bambini e nè il comprensorio poteva avere questo esercito invisibile di nuovi nati. Perdonatemi l’ironia, non sia passato Erode falcidiando gli infanti o chi si occupa di pubblicare il Quotidiano in questione non osserva cosa si scrive al suo interno la corrispondente. Dovrebbe iniziare a farlo! Eppure abbiamo una testimonianza, al Festival di Sanremo, quest’ anno, quando Maria Pollacci, 92 anni, emiliana di nascita ma residente da moltissimi anni a Feltre, in provincia di Belluno, considerata la decana delle ostetriche italiane: nella sua lunga carriera ha fatto nascere infatti ben 7.642 bambini, l’ultimo dei quali nel 2009. Pregherei accurata riflessione. E’ un lavoro ormai perso i parti avvengono solo in ospedale, la possibilità del progresso ha permesso agli antichi mestieri di essere immolati sull’altare del benessere. Fino agli anni ’60 e ’70 i bambini nascevano in casa poi questa gioiosa consuetudine rimase solo nei piccoli centri , fino a scomparire del tutto. Non si partoriva più in casa e “ a mammina” finì di correre ad assistere le puerpere. L’arrivo dell’ostetrica condotta era un vero rito di preparazione, non bastavano i vestitini dell’infante detto corredino ma per tempo si doveva preparare l’occorrente per la mamma grandi panni di lino e di cotone ed asciugamani candidi destinati proprio alle esigenze del parto casalingo. Ed erano le madri a fornire le figlie di tutto l’occorrente, tutto compreso nella dote. Il Medico lo si chiamava solo in presenza di qualche problema ed in ospedale si andava solo in casi gravi. “ A mammina” c’era in ogni paese in alcuni casi in ogni rione e si prediligeva quella di fiducia magari la stessa che aveva fatto nascere la puerpera. Tutti nascevano tramite il suo provvidenziale aiuto poveri e ricchi. Vi erano casi che le “mammine” dovevano venire da fuori e scattava la diffidenza. Eppure erano donne che avevano il titolo di levatrice ed urgeva frequentare un corso e poi si univa l’esperienza. Arrivava con la sua “’ntrusciata” un fagotto dove custodiva i ferri del mestiere. Prendeva subito in mano la situazione ordinando alle donne di casa, acqua bollita, panni ed asciugamani ed un tavolo per stendervi sopra la partoriente, e poi alcool e cotone per il taglio del cordone ombelicale. Le parenti e le vicine sempre presenti una sorta di mutuo soccorso solo se sposate, le nubili si tenevano a debita distanza. Dopo il parto seguivano la puerpera per almeno una settimana qui le neo mamme più vanitose si vestivano con le camicie da notte del corredo. Era ancora compito della “mammina” fare il primo bagnetto, medicare l’ ombelico, e rifare le fasciature. Erano gli anni in cui i bambini si fasciavano come fagotti col tempo questa tecnica scomodissima si perse. Ricordiamo che la nascita specie di un figlio maschio era una benedizione e si salutava con dolci e leccornie.

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