Le “saline” di Spinello Belvedere (KR)
Siamo in quello che fu il Marchesato di Crotone a Spinello Belvedere dove le miniere di salgemma hanno rappresentato una fonte inesauribile di guadagno. Sfruttate fin dal medioevo nel 1115 come finanziamento di famose abbazie del comprensorio Altilia-Belvedere. Il sale era una risorsa strategica, e il controllo regio fermo e continuo nei secoli. Persino l’estrazione qui era soggetta a segreto di Stato! Chi gestiva tutte le cose era il maestro del sale, che dopo l’estrazione si impegnava in prima persona a farlo giungere al porto di Crotone dove vi era il fondaco del sale. Le miniere sopravvissero fino all’epoca borbonica (1826), quando furono chiuse perché ritenute poco controllabili e non più necessarie per il fabbisogno del Regno. Dal periodo borbonico il lavoro in miniera riprende nel 1967 la Montedipe, ottiene la concessione per la coltivazione di un giacimento di salgemma in località Timpa del Salto. Nel ’70 però iniziano i problemi si usa la tecnica ad estrazione del doppio pozzo che con l’acqua frantuma il minerale.Man mano si forma una caverna sempre più grande che si riempie di acqua salata e detriti insolubili. La melma che si forma nel primo pozzo (la salamoia, più propriamente detta) viene pompata in superficie e fuoriesce dal secondo pozzo direttamente collegato al primo. La salamoia è quindi era convogliata verso uno stabilimento a Cirò Marina sulla costa ionica (a circa 20 km da Belvedere) dove avviene il processo di raffinazione, e dove il prezioso minerale è separato dai fanghi inutilizzabili. Il sale di Belvedere era classificato ultra puro (99,96% di purezza), ed è quindi adatto per l’impiego in campo elettrolitico. Utilizzato il ciclo del cloro e perciò ha alimentato l’impianto cloro-soda di Porto Marghera di proprietà della stessa Montedipe (poi Enichem). Il cloro-soda di Marghera non ha accesso a una propria salina, come è invece il caso dell’ analogo impianto di Assemini in Sardegna, e deve quindi necessariamente rifornirsi di sale. Ai Belvederesi però dii questo sale non rimaneva nulla rimaneeva solo la paura di crolli per l’evisceramento della terra. Immense caverne si formarono nelle campagne a valle dell’abitato, e si riempirono di acqua e di fango. Per una decina d’anni le cose rimasero sotto controllo. Fino alla notte del 25 aprile 1984 quando scoppiò l’inferno. I primi fenomeni allarmanti di subsidenza si verificarono nel ‘ 72; tra l’ 80 e l’ 83 fuoriescono fiumi di salamoia e si formano ampie voragini a imbuto, veri e propri laghi profondi 30-40 metri; e nell’ 84 il disastro. Sprofondano seicentomila metri cubi di terreno, si verifica una vera e propria eruzione di un milione di metri cubi di salamoia che sommerge con un’ onda alta due metri 120 ettari di terreno coltivato, salinizzandolo e desertificandolo, interrompendo la strada provinciale, inquinando le falde acquifere e il fiume Neto fino alla foce. Non ci furono morti per un puro caso: erano le cinque del mattino del 25 aprile e non c’ era gente in giro. Su La Repubblica nel 1988, ben quattro anni dopo i fatti. Dopo quel periodo l’attività riprese non curandosi del pericolo e la desertificazione del territorio agricolo. A fermare l’attività di miniera, o almeno a modificare il metodo estrattivo, non c’era riuscita neanche una commissione costituita dal dipartimento per la protezione civile che nel 1987 concludeva: «la persistenza delle attività estrattive determina condizioni di rischi tali da costituire pericoli incombenti per la pubblica incolumità». La Enichemm sposta il suo raggio d’azione dalla vecchia miniera e cambiato metodo a pozzo singolo. Questa miniera vive poco quando Porto Marghera chiude l’Eni non sa che farsene delle miniere di Spinello e cerca di venderle, alla Gita Holding. Di nuovo il sale calabrese potrebbe diventare importante perché la Gita è interessata anche, e soprattutto, all’impianto di Marghera. Si cerca di riconvertire Cirò Marina in impianto di essiccamento del sale, e cercaro di chiudere i fanghi prodotti nel 2003. Per fare questo è previsto lo scarico della salamoia ” per poter proseguire le attività di manutenzione e monitoraggio dei pozzi della miniera. Dunque, mentre la salamoia ancora presente in miniera (per stabilizzare i pozzi) dovrebbe essere estratta, il materiale di risulta del processo di raffinazione del sale dovrebbe tornare in miniera a fare da tappabuchi.Il salgemma è una risorsa non rinnovabile, e il suo sfruttamento deve essere compatibile con la tutela del territorio e della disponibilità di acqua potabile per la comunità. La Calabria è piena di zone morte.
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